Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31410 del 03/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31410 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da BARONE Giuseppe, nato a Delia il 02/01/1961,
avverso la sentenza emessa in data 20/05/2014 dalla Corte di appello di
Caltanissetta.
Visti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Mario Pinelli, che ha concluso chiedendo la declaratoria d’inammissibilità, in
subordine il rigetto del ricorso
udito l’avvocato Vincenzo ferrigno per il ricorrente, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.

1

Data Udienza: 03/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1.

Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di Caltanissetta

confermava la sentenza in data 26 novembre 2013 del Tribunale di Caltanissetta,
che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato Giuseppe BARONE alla
pena di tre anni di reclusione e 1.200,00 euro di multa per i reati, unificati dalla
continuazione e ritenuta la recidiva specifica e infraquinquennale, di cui agli artt.
23, commi 1 e 3, I. 18 aprile 1975, n. 110 (capo A); 648 cod. pen. (capo B); e 2
I. 2 ottobre 1967, n. 895 (capo C), in relazione all’acquisto e alla detenzione di

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il BARONE con atto a firma
del difensore avvocato Vincenzo FERRIGNO, denunziando vizi di motivazione:
2.1. in relazione all’affermazione di responsabilità, negata dal ricorrente,
affermata dai giudici di merito con motivazione incongrua e sulla base di sole
congetture, tra l’altro in contrasto con l’ambiguità del luogo ove l’arma era
nascosta, sull’erroneo presupposto che il ricorrente coinvolto in fatti intimidatori
ai quali era estraneo; senza accogliere la richiesta di perizia dattiloscopica
sull’arma e sull’involucro in cui era contenuta; senza considerare, in relazione
all’art. 23 I. 110 del 1975, la giurisprudenza di legittimità che avrebbe portato ad
escludere la responsabilità del ricorrente per la detenzione dell’arma con
matricola cancellata oggetto di contestazione.
2.2. in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche,
dell’attenuante dell’art. 5 I. 2 ottobre 1967, n. 895, non adeguatamente
giustificato sulla base dei soli precedenti penali;
2.3. in relazione alla determinazione della pena, totalmente mancante di
motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato limitatamente alla
imputazione elevata ai sensi dell’art. 23 I. n. 110 del 1975 in riferimento all’arma
da guerra oggetto di contestazione.
La condotta di detenzione di arma clandestina può avere, infatti, ad oggetto
soltanto armi comuni da sparo, che sono le sole immatricolate ed alle quali
vengono imposti dal Banco di prova i numeri ed i segni indicati dall’art. 11 della
I. n. 110 del 1975 (v., tra molte, Sez. 1, n. 24052 del 19/05/2009, Letizia, Rv.
243982.
Ne consegue che per tale reato deve dichiararsi che il fatto non sussiste.
2. Per il resto il ricorso è sotto ogni aspetto inammissibile.
2.1. Le censure in punto di responsabilità per gli altri delitti contestati
ripetono deduzioni in fatto, alle quali la Corte di appello ha già dato risposte
esaurienti, prive di vizi logici, richiamando le modalità e le peculiarità del luogo

2

una pistola cal 7,65 con matricola cancellata, accertati il 23 ottobre 2013.

dell’occultamento e la assoluta inverosimiglianza della tesi difensiva (pagine 2 e
3 sentenza impugnata), e specificamente argomentando sulla non necessità,
oltre che sulla impossibilità, di procedere a perizia dattiloscopica (pag. 4
sentenza impugnata). Potendosi solo aggiungere, al proposito, che l’imputato
aveva richiesto il giudizio abbreviato, di talché non può evocare la lesione del
diritto alla prova al quale ha in tal modo rinunciato.
Le doglianze sono dunque oltre che afferenti a valutazioni riservate ai giudici
del merito, che nel caso in esame risultano adeguatamente giustificate, anche
generiche, perché non si misurano con l’effettivo contesto della motivazione della
2.2. Afferenti anch’esse a valutazioni di merito, oltre che generiche e
manifestamente infondate sono quindi le censure con cui si assume che il diniego
delle attenuanti sarebbe sorretto da motivazione carente perché riferita ai soli
precedenti e la entità della pena non sarebbe stata giustificata.
Ineccepibilmente, difatti, la sentenza impugnata ha fatto riferimento alla
natura dell’arma, al fatto che era corredata dalle relative munizioni, alle modalità
dell’occultamento, ai precedenti penali e alla precedente condanna per fatto
assolutamente analogo, ed ha osservato che la pena per il reato ritenuto più
grave, la ricettazione, pari a tre anni, era più prossima al minimo che al
massimo, che assolutamente modesti erano l’aumento di sei mesi (ridotti per il
rito) per gli altri reati, che la pena complessiva inflitta era assolutamente
adeguata alla gravità dei fatti.
3. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata
limitatamente al delitto di cui all’art. 23 I. n. 110 del 1975, perché il fatto non
sussiste. E l’annullamento può essere disposto senza rinvio perché alla
eliminazione della relativa porzione di pena, pari a mesi quattro di reclusione e
200 euro di multa, può procedere direttamente questa Corte.
Il ricorso va dichiarato per il resto inammissibile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui
all’art. 23 I. n. 110 del 1975, perché il fatto non sussiste, ed elimina la relativa
pena di mesi quattro di reclusione e 200 euro di multa. Dichiara inammissibile il
nel resto il ricorso.
Così deciso il 3 giugno 2015
Il consiglier

stensore

Il Presidente

sentenza impugnata.

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