Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31402 del 16/07/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 31402 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI PAOLO ANTONIO N. IL 04/05/1981
CARFORA ANTONIO N. IL 03/11/1961
avverso l’ordinanza n. 1104/2015 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
03/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 16/07/2015

DI PAOLO Antonio e CARFORA Antonio, indagati per la violazione
degli artt. 110, 81 cpv., 644 cod. pen. e art. 7 1. 203/1991 (Fatti commessi in San Felice a Cancello dall’aprile del 2005 fino al 2009) ricorrono per Cassazione avverso l’ordinanza 3.3.2015 con la quale il Tribunale del riesame di Napoli ha parzialmente annullato l’ordinanza
cautelare 4.2.2015 del Giudice delle Indagini preliminari che ha disposto la misura cautelare della custodia in Carcere degli indagati.
La difesa dei ricorrenti chiede l’annullamento della decisione impugnata per i seguenti motivi così riassunti ex art. 173 disp. att. cod.
proc. pen.
§1.) Violazione dell’articolo 7 1. 203/1991 e vizio di motivazione. La
difesa denuncia la contraddittorietà della motivazione nel punto in cui
il Tribunale ricollega la esistenza dell’aggravante al contesto socioambientale di criminali che induce la persona offesa ad accettare un
prestito a condizioni particolarmente gravose.
§2.) Violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., perchè nella scelta della misura cautelare il Tribunale non ha spiegato le ragioni di particolare e concreta pericolosità di reiterazione della condotta criminosa, alla luce di un comportamento ricollegato ad una vicenda di usura
(di modesto importo) che si è conclusa nell’anno 2009 e che allo stato
presenta il carattere della unicità. La difesa mette inevidenza che il riferimento del Tribunale espresso nei termini di “….fatto emergere un
giro di affari, assolutamente notevole….” racchiude in sè una mera
formula di stile con la quale non si tiene conto che l’oggettivo rilevate
volume di affari si giustifica con la attività imprenditoriale di vendita
di abbigliamento da sposa, accertato dalla stessa Guardia di Finanza.
La difesa denuncia inoltre la insufficienza della motivazione in ordine
alle ragioni per le quali è stata ritenuta applicabile in via esclusiva la
misura della custodia in carcere ai fini della tutela delle esigenze cautelari.

RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e va accolto per le seguenti ragioni.
Dalla lettura del provvedimento impugnato e del ricorso, emerge che
nei confronti degli indagati residua una accusa di violazione degli artt.
110, 644 cp che ha avuto sviluppo e conclusione nel periodo 2005 2009 e che è stata emessa nei loro confronti una misura cautelare restrittiva della liberta (con il carcere) adotta il 4.2.2015, cioè circa sei
anni dopo la consumazione del reato.
Il reato risulta essere aggravato ai sensi dell’art. 7 1. 203/1991 perchè
gli indagati avrebbero agito avvalendosi del c.d. “metodo mafioso”.
Il Tribunale del riesame [v. pag. 16 della motivazione dell’ordinanza]
ha affermato sul punto che ” ….nè una implicita minaccia la si può desumere dalla caratura criminale del creditore, ovvero di CARFORA

MOTIVI DELLA DECISIONE

Antonio, quale appartenente al gruppo CARFORA descritto dai cdg,
come vicino al clan DI PAOLO, egemone sul territorio di San Felice
Cancello, laddove è lo stesso debitore a dichiarare di non subire alcuna pressione quando è in ritardo nei pagamenti e di non avere ricevuto mai alcuna cacciata da TONIFUR”viceversa detta condizione
soggettiva del creditore è idonea ad integrare l’aggravante di cui
all’art. 7 1. 203/1991 contestata sotto il profilo oggettivo del metodo
mafioso: e’ ovvio infatti che nel caso di specie è proprio il particolare
contesto socio ambientale di criminalità organizzato, ben noto alla
persona offesa, in cui matura la vicenda usuraria de qua che spinge il
SIRIGNANO ad accettare il prestito richiesto alle condizioni particolarmente gravose impostegli.”
La motivazione è carente ed manifestamente illogica. Viene in primo
luogo in evidenza che dalla esposizione dei fatti e dalla lettura del capo di imputazione non emerge che alla persona offesa sia stato imposto di accettare comunque le condizioni del patto usurario di poi realizzato, sicché rimane inspiegabile l’affermazione che la persona offesa abbia accettato le condizioni usurarie per il solo fatto dell’esistenza
di un contesto socio ambientale di criminalità organizzata. La persona
offesa ha accettato, come poteva anche rifiutare di sottostare al patto
usurario non richiedendo la somma a mutuo. Sicché la motivazione,
sotto questo profilo appare manifestamente illogica. La stessa motivazione è inoltre carente perchè la circostanza aggravante oggettiva del
c.d. “metodo mafioso” implica la rilevazione e descrizione di comportamenti positivi dell’autore del reato idonei ad integrare i fatti di cui
all’art. 416 bis cp: compimento di atti di intimidazione derivanti dalla
esistenza di un vincolo associativo, nonchè forme di prevaricazione
idonee a determinare condizioni di assoggettamento ed omertà, sicchè
non appare sufficiente a giustificare l’esistenza dell’aggravante contestata il semplice e generico richiamo ad ambienti criminali di appartenenza (più o meno lata) dell’autore del reato o la circostanza che la
persona offesa abbia comunque accettato le condizioni correlate al
patto usurario.
Occorre, sotto il profilo della motivazione che venga dato conto dello
specifico comportamento o della specifica condotta che (riferibile
all’autore del reato), per il suo modo di porsi e di atteggiarsi dimostri
l’uso di un “metodo mafioso” e che deve tradursi nel compimento di
atti tipici riconducibili alla descrizione di condotte come tipizzate
nell’art. 416 bis cod. pen..
Il vizio di motivazione (carenza e manifesta illogicità) è desumibile
dalla lettura del provvedimento impugnato ed ha carattere di rilevanza
riguardando un punto essenziale, sicchè, per tale aspetto l’ordinanza
impugnata deve essere annullata.
Con riguardo al secondo motivo di ricorso, va osservato che il Tribunale del riesame non ha indicato le ragioni concrete del pericolo di
reiterazione della condotta criminosa, soprattutto alla luce delle considerazioni svolte dalla difesa che ha messo in evidenza la unicità del
reato (stando alla rubrica della imputazione), la mancanza di contesta-

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per
nuovo esame, dispone la trasmissione integrale degli atti. Manda alla
cancelleria per le comunicazioni di cui all’art. 94 disp. at. cod. proc.
pen.
Così deciso in Roma il 16.7.2015

zioni di condotte recidive e la risalenza del reato nel tempo. Va inoltre
osservato che il Tribunale non ha fornito specifica ragione dell’attualità persistente delle esigenze cautelari, alla luce del tempo ormai trascorso e delle ragioni per le quali le dette esigenze non siano concretamente tutelabili con la misura meno affiittiva degli arresti domiciliari. Va infine osservato che con riferimento al c.d. “giro di affari” riferibile all’attività degli indagati il Tribunale non ha fornito indicazioni
specifiche e concrete dalle quali poter desumere se il “notevole giro di
affari” abbia una origine illecita o non giustificata, così da costituire
eventuale indizio di attualità delle esigenze cautelari.
Sotto questo profilo l’ordinanza impugnata è viziata da carenza di motivazione, rilevabile dalla lettura del provvedimento impugnato, e relativa ad un punto essenziale della decisione.
Per le suddette ragioni l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio
al Tribunale di Napoli per un nuovo esame, disponendosi la trasmissione integrale degli atti e mandando alla cancelleria per le comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen.

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