Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31386 del 26/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31386 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Balestriere Ivano, quale legale rappresentante della Balga s.r.l.
avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli del 18 luglio 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Aldo
Policastro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 26/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1. — Con ordinanza del 18 luglio 2014, il Tribunale di Napoli ha confermato il
decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale dello stesso Tribunale il
10 luglio 2014, avente ad oggetto un’area adibita a centro raccolta rifiuti, con
autocompattatore, roulotte, altri manufatti, cassoni contenenti rifiuti, in relazione ai
reati di cui agli artt. 137 del d.lgs. n. 152 del 2006, 734 cod. pen.
2.

— Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il legale

motivo di doglianza, l’erronea applicazione dell’art. 324 cod. proc. pen., nonché la
mancanza della motivazione in relazione agli indizi dei reati contestati. Si sostiene, in
particolare, che sarebbero configurabili al più violazioni in materia di rifiuti, non punite
dall’art. 137 del d.lgs. n. 152 del 2006; né vi sarebbe alcun deturpamento delle
bellezze naturali, trattandosi di un centro di raccolta comunale in area del tutto priva
di valore estetico. Non si sarebbe considerato, inoltre, che la parte asfaltata dell’area è
attrezzata per scongiurare pregiudizi sull’ambiente, con la presenza di griglie e vasche
per la raccolta delle soluzioni acquose.
In secondo luogo, si rileva l’erronea applicazione dell’art. 324, comma 5, cod.
proc. pen, sotto il diverso profilo dell’omessa pronuncia sulle richieste difensive
inerenti la mancanza del fumus commissi delicti e del periceklum in mora. Non si
sarebbe considerato, in particolare, che l’area era, quantomeno in parte, «idonea a
non ledere il bene giuridico tutelato dalla norma».
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è infondato.
3.1. — Con una prima doglianza si contesta sostanzialmente la mancanza di
motivazione circa la configurabilità di indizi dei reati per i quali si procede (art. 137 del
d.lgs. n. 152 del 2006 e art. 734 cod. pen.). In relazione entrambe tali reati, però, la
motivazione del provvedimento impugnato non può dirsi carente. Dalla sintetica
esposizione contenuta nell’ordinanza — la quale richiama il decreto di sequestro del
Gip

— emerge che vi è stata una contaminazione del terreno con percolati

direttamente provenienti dai rifiuti raccolti e con acque di dilavamento intrise di oli e
grassi, in conseguenza della mancata adozione di prescrizioni imprese ad impedire tali
eventi. Si tratta di profili che, in punto di fatto, non sono stati contestati neanche con
il ricorso per cassazione, con il quale ci si è limitati ad invocare l’applicabilità della
disciplina dei rifiuti in luogo di quella degli scarichi e ad affermare che non vi sarebbe
alcun deturpamento delle bellezze naturali; profili che dovranno comunque essere
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rappresentante della società esercente la gestione dell’area, deducendo, con un primo

oggetto di ulteriore valutazione in sede di merito. Solo in tale sede, all’esito della
definitiva formulazione dell’imputazione e degli accertamenti dibattimentali, si potrà
accertare, infatti, se e in che misura i comportamenti di danno all’ambiente posti in
essere nell’area gestita dalla società ricorrente possano essere ricondotti alle
disposizioni incriminatrici richiamate nell’imputazione provvisoria, ovvero alle
discipline sanzionatorie in materia di rifiuti. Deve del resto ricordarsi che la fase delle
indagini preliminari è caratterizzata dalla “fluidità” dell’imputazione

(ex plurimis, sez.

verifica giudiziale non è quella dell’affermazione della colpevolezza dell’imputato, cui
deve giungersi solo nel giudizio di cognizione, all’esito di un complessivo accertamento
finalizzato all’affermazione della responsabilità.
3.2. — Del tutto generico è il secondo motivo di doglianza, perché con esso ci si
limita a sostenere che i rilievi svolti dalla difesa di fronte al Tribunale non sarebbero
stati presi in considerazione. Non si richiamano, però, tali rilievi, né si precisano le
ragioni della loro decisività in relazione a ciò che la stessa difesa definisce, senza
fornire ulteriori specificazioni, «idoneità quanto meno di una parte dell’area a non
ledere il bene giuridico tutelato dalla norma».
4. – Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2015.

3, 17 maggio 2012, n. 24561) e che, nella presente fase cautelare, la finalità della

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