Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31374 del 14/01/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 31374 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI NARDO BRUNO N. IL 04/08/1954
avverso la sentenza n. 2356/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
29/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/01/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. /4, ej:Ijcsu\—R—v-»cz
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
A v<2-eq... C Uditi difensor Avv. Data Udienza: 14/01/2015 RITENUTO IN FATTO 1.1 Con sentenza del 29 gennaio 2013 la Corte di Appello di Napoli, decidendo sull'appello proposto dal Procuratore Generale e dalla parte civile avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi in data 20 agosto 2011 nei confronti - per quanto qui di interesse - di DI NARDO Bruno, imputato del delitto di falso in atto pubblico (art. 479 cod. pen. - reato commesso il 27 novembre 2003) con la quale il medesimo era stato assolto dalla reato, dichiarava non doversi procedere in ordine al detto reato perché estinto per prescrizione, ritenendo tuttavia la responsabilità del DI NARDO ai soli effetti civili e condannandolo al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita. 1.2 Ricorre avverso la detta sentenza l'imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia deducendo tre specifici motivi: a) erronea applicazione della legge penale in punto di ritenuta sussistenza del reato di falso in atto pubblico; b) vizio di motivazione per sua carenza e/o contraddittorietà in riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento materiale del reato di falso ideologico; c) vizio di motivazione per sua carenza e/o contraddittorietà in riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato suddetto. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Nell'ambito di una complessa vicenda giudiziaria afferente ad alcuni abusi edilizi che vedeva originariamente imputati oltre all'odierno ricorrente, anche tali VASSALLO Elio, PICO Rosamaria e DRAGONETTI Giovanni imputati del reato di cui all'art. 481 cod. pen., risoltasi in primo grado con l'assoluzione di tutti gli imputati dai reati loro rispettivamente ascritti perché il fatto non costituisce reato, il DI NARDO, imputato - nella sua qualità di responsabile del procedimento presso l'Ufficio Tecnico Comunale di Montella - di avere attestato nel corso di una verifica di attività edilizia fatti non corrispondenti al vero, omettendo in particolare di indicare l'esistenza di un corpo di fabbrica interrato ubicato lungo il confine della proprietà BRUNI, nonchè la presenza di due muri adiacenti alle relative entrate ai corpi avanzati nei quali si trovavano ubicate le autorimesse e di due vuoti-finestra nella parete della costruzione antistante alla strada, è stato prosciolto dalla Corte di Appello di Napoli, investita del gravame della parte civile e del Procuratore Generale, per intervenuta prescrizione e dichiarato comunque responsabile del detto reato ai soli effetti civili con contestuale condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile appellante. 1.1 La Corte territoriale, nell'esaminare le specifiche censure sollevate tanto dalla parte civile quanto dal Procuratore Generale avverso l'assoluzione nel merito da parte del Tribunale I predetta imputazione ai sensi dell'art. 530 cpv. cod. proc. pen. perché il fatto non costituisce aveva rilevato, in riferimento alla posizione del DI NARDO, non solo la certa sussistenza dell'elemento materiale del reato (in conseguenza della falsa attestazione di fatti non confronti al vero comprovata da una successiva relazione redatta dal DI NARDO su sollecitazione del Dirigente dell'ufficio tecnico del Comune interessato in cui veniva riportata l'esatta situazione dei luoghi), ma anche dell'elemento psicologico, non ponendosi attribuire a mera superficialità o negligenza l'operato del DI NARDO pienamente consapevole della situazione dei luoghi e, ciò nonostante, determinatosi ad attestare una situazione non corrispondente al vero. sussistenza del reato di falsità ideologica in atti pubblici sotto il profilo materiale, sia sotto l'aspetto della erronea applicazione della legge penale in tema di falso innocuo, sia sotto il profilo del difetto di motivazione per carenza e/o contraddittorietà: sostiene, in particolare, la difesa che il reato di falso non sarebbe configurabile in quanto le omissioni delle indicazioni di determinati manufatti si sarebbero rivelate del tutto irrilevanti nell'economia della vicenda, così come affermato nella sentenza di appello. Il ricorrente richiama quel consolidato orientamento giurisprudenziale relativo alla irrilevanza penale del falso cd. "innocuo". 1.3 Sotto altro profilo la difesa rileva la contraddittorietà della decisione là dove la Corte, muovendo dalla premessa di una modesta consistenza dei manufatti la cui indicazione era stata omessa nell'atto di verifica tecnica, sorprendentemente conclude per la configurabilità del reato dal punto di vista materiale senza peraltro fornire una adeguata spiegazione in proposito. 1.4 In ultimo il ricorrente censura la decisione impugnata per avere la Corte, sempre in modo del tutto contraddittorio, affermato, da un canto, la sostanziale irrilevanza delle omissioni e, dall'altro, escluso che potesse versarsi in una ipotesi di mera negligenza nella redazione dell'atto conseguente proprio alla irrilevanza delle omissioni. 2. Nessuno di tali argomenti appare fondato: non certamente quello inerente alla inconfigurabilità materiale del falso ideologico, in quanto la mancata indicazione, seppur parziale, di alcuni manufatti integra la materialità del reato, senza che possa assumere incidenza risolutiva in favore dell'imputato la circostanza che l'esistenza di tali manufatti sarebbe stata ricavabile dai rilievi fotografici allegati alla relazione. Non solo la motivazione resa sul punto dalla Corte è pienamente convincente in relazione alle incertezze ingenerate e/o ingenerabili dalle fotografie in atti circa il riferimento di tali foto a tutti i manufatti o solo ad alcuni di essi, ma laddove si versi in una ipotesi di attestazione parziale o incompleta la giurisprudenza di questa Suprema Corte è conforme nel ritenere integrato il reato de quo, precisando che la falsità in atto pubblico integra il falso per omissione quando l'attestazione incompleta, in quanto priva dell'informazione su un determinato fatto, attribuisce al tenore dell'atto un significato diverso, di guisa che quanto descritto nell'atto venga ad assumere nel suo complesso un significato contrario al vero (in termini Sez. 5^ 23.4.2013 n. 45118, Di fatta e altri, Rv. 257549; idem, 4.11.2014 n. 48755, P.M. in proc. Kosara, Rv. 261295). In altri termini, solo una mancata indicazione di determinati fatti da qualificarsi come irrilevante e tale 1.2 Nel proprio ricorso la difesa censura anzitutto, con i primi due motivi, la affermata da non incidere sul senso dell'atto può escludere il reato: ma quando - come è accaduto nel caso in esame - la mancata indicazione modifica il contenuto ed il significato dell'atto tanto da costituire il presupposto per il rilascio di una autorizzazione edilizia in realtà non ottenibile per violazione delle regole sulle distanze tra fabbricati, non può di certo affermarsi che quell'omissione sia priva di valore o comunque tale da non alterare il senso dell'atto. 2.1 E di ciò la Corte ha dato ampia e convincente giustificazione persino sul piano fattuale, citando come circostanza comprovante l'esistenza del falso, la intervenuta redazione di una errore percettivo, ma su sollecitazione del Dirigente tecnico del Comune insoddisfatto della precedente relazione ritenuta incompleta. 3. Quanto, poi, al profilo attinente al cd. "falso innocuo" è stato sempre affermato che detta ipotesi ricorre soltanto nei casi in cui l'infedele attestazione sia del tutto irrilevante ai fini del significato dell'atto e non esplichi alcun effetto sulla sua funzione documentale, in quanto l'innocuità non va riguardata in riferimento all'uso che dell'atto falso venga fatto, ma con riguardo all'idoneità dell'atto medesimo ad ingannare comunque la fede pubblica. (in termini Sez. 5^ 17.10.2013 n. 2809, Ventriglia, Rv. 258946; idem 26.5.2014 n. 47601, Lamberti, Rv. 261812). 3.1 Wel caso in esame la motivazione resa dalla Corte di Appello non parla affatto di irrilevanza delle omissioni (circostanza dedotta unicamente dal ricorrente), né di modesta consistenza (affermazione fatta, invece, dal Tribunale ma non condivisa dalla Corte di merito che ha riformato la sentenza in punto di responsabilità, seppure addivenendo ad un proscioglimento per la ricordata causa estintiva), ma ha anzi sottolineato, coerentemente con il dato della mancata indicazione di tutti i manufatti, la piena consapevolezza da parte del DI NARDO, della falsità delle attestazioni per omissione, desumendola dalla condotta precedente consistita nel richiedere l'integrazione della planimetria ai sensi dell'art. 10 comma 3° del R.E. del Comune di Montella (v. pag. 6 della sentenza impugnata). 4. E, a proposito del dolo necessario per l'integrazione della fattispecie in esame, la Corte ha correttamente indicato l'esigenza del dolo generico inteso quale consapevolezza e volontarietà di immutare il vero, senza che possa assumere rilievo né Vanímus nocendí, né Vanímus decípiendí (Sez. 5^ 9.7.2014 n. 41172, Dell'Orto, Rv. 260683). 5. In ultimo rileva il Collegio che le considerazioni sopra esposte impediscono di rilevare una insussistenza del fatto in termini di evidenza sicchè va comunque escluso che potesse pervenirsi ad un proscioglimento nel merito come sollecitato dalla difesa del ricorrente, dovendo prevalere su tale formula la improcedibilità per prescrizione (v. da ultimo Sez. 6^ 22.1.2014 n. 10284, Culicchia, Rv. 259445; Sez. 1^ 24.9.2013 n. 43853, Giuffrida, Rv. 258441; S.U. 28.5.2009 n. 33490, Tettamanti, Rv. 244273). 3 seconda relazione compilata dal DI NARDO, non già motu proprio perché avvedutosi di un 6. In conclusione il ricorso va rigettato: segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile Rocco BRUNI da liquidarsi in C 3.000,00 oltre spese generali ed accessori di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile Rocco BRUNI che liquida in C Così deciso in Roma il 14 gennaio 2015 Il Co i.liertensore Il Presidente 3.000,00 oltre spese generali ed accessori di legge.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA