Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31360 del 01/07/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 31360 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

Data Udienza: 01/07/2015

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di Penna Pasquale, nato ad Andria il 4-11-73, avverso
l’ordinanza in data 1-4-15 del Tribunale di Bari, sezione 3 0 penale;
visti gli atti, l’ordinanza ed il procedimento;
udita la relazione fatta dal consigliere, dott. Vincenzo Rotundo;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, dott. Roberto Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
FATTO E DIRITTO

1. Penna Pasquale ha proposto, tramite il suo difensore, ricorso per cassazione
avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale, in data 1-4-15, il Tribunale di Bari,
adito ex art. 309 c.p.p., previa esclusione della aggravante di cui all’art. 7 Legge
203/1991, ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere a lui applicata in
data 12-3-15 dal GIP di Bari per il reato di cui all’art. 74 DPR 309/1990, per avere preso
parte ad una associazione dedita al narcotraffico.
Nel ricorso si deduce:
1.

Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico, in quanto a suo
carico sarebbero risultate unicamente le due chiamate in correità di Piarulli
Riccardo e Cafieri Giuseppe, chiamate che sarebbero prive di idonei riscontri
e per giunta de relato, affette da circolarità ovvero frutto di fraudolento
accordo, e oltre tutto intrinsecamente inattendibili.

2.

Stessi vizi in riferimento alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e
segnatamente del pericolo di recdivazione.

2. Il ricorso è inammissibile per genericità e per manifesta infondatezza.
Il Tribunale di Bari ha già esaminato e respinto, con motivazione ineccepibile, i rilievi
svolti dal ricorrente, indicando dettagliatamente gli elementi in base ai quali poteva
ritenersi accertata la partecipazione del Penna ad una associazione dedita allo spaccio di
sostanze stupefacenti, operante in Andria e Bisceglie e organizzata e diretta inizialmente
da Piarulli Riccardo, Griner Filippo e Zingaro Riccardo,e successivamente da Cafieri
Giuseppe. In particolare, nel provvedimento impugnato si è spiegato che carico di Penna
Pasquale risultavano le dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese da Piarulli Riccardo e

ve

Cafieri Giuseppe, divenuti collaboratori di giustizia, dichiarazioni che avevano trovato
conferma, anche se non specificamente in riferimento alla posizione del Penna, in quelle
di Montaldo Mariangela, compagna del Piarulli, e di Piarulli Riccardina, moglie del Cafieri,
oltre che nelle intercettazioni telefoniche, nei servizi di osservazione, nei sequestri
effettuati e nelle propalazioni di Scancelli Paolo.
A fronte di queste coerenti conclusioni, il ricorrente, come si è visto, si é
sostanzialmente limitato a ribadire argomenti già esaminati nell’ordinanza censurata,
trincerandosi dietro affermazioni generiche ed apodittiche e abbandonandosi a
considerazioni in punto di fatto, che non possono trovare ingresso nel giudizio di

dalla Legge n. 46 del 2006. Infatti la omissione della motivazione può essere dedotta là
dove il giudice di merito abbia ingiustificatamente negato l’ingresso nella giustificazione
della sua decisione ad un elemento di segno contrario pacificamente risultante dagli atti
processuali e dotato di efficacia “scardinante” dell’impianto motivazionale, non già quando
ne abbia dato, coerentemente ed esaustivamente, una valutazione difforme rispetto alla
prospettazione del ricorrente. Allo stesso modo la illogicità manifesta e la contraddittorietà
sussistono quando “gli altri atti del processo”, specificamente indicati nel gravame,
inficino in modo radicale dal punto di vista logico l’intero apparato motivazionale, e non
quando siano stati coerentemente ed adeguatamente valutati nel provvedimento di merito
in modo diverso rispetto alla tesi propugnata in ricorso.
Nel caso di specie, la adeguatezza, nel senso sopra specificato, della motivazione
dell’ordinanza del Tribunale di Bari non è stata minimamente censurata dal ricorrente, che
si é, invece, limitato esclusivamente ad apportare le sue critiche sulla valutazione data dal
Giudice di merito ad una serie di elementi sottoposto al suo esame nella valutazione della
sussistenza della piattaforma indiziaria, proponendone una diversa lettura. In definitiva, il
tessuto motivazionale dell’ordinanza censurata non presenta affatto quella carenza,
contraddittorietà o macroscopica illogicità del ragionamento del giudice di merito che, alla
stregua dei principi affermati da questa Corte, può indurre a ritenere sussistente il vizio di
cui alla lettera e) dell’art. 606 c.p.p. (anche nella sua nuova formulazione), nel quale
sostanzialmente si risolvono tutte le censure.
3 .-. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa
delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro
1.000,00 (mille), non ravvisandosi ragioni per escludere la colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art.
94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla
Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p.
Roma, 1-7-2015.

legittimità, neppure in virtù delle modifiche alla lettera e) dell’art. 606 c.p.p., apportate

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