Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3132 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3132 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da: PARISI Silvana
avverso la Sentenza n. 376 del 2012 emessa dalla Corte di appello di Palermo, del
28 febbraio 2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA GENTILI;
sentite le conclusioni del PG Dott. Aldo POLICASTRO il quale ha concluso chiedendo
la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza depositata in data 11 marzo 2013, la Corte di appello di
Palermo, in parziale riforma della sentenza emessa il precedente 30 maggio 2011
dal Tribunale di Palermo, riconosciuta la penale responsabilità di Parisi Silvana in
ordine ai reati di cui agli artt. 6 e 20, lettera b), della legge n. 47 del 1985, ora
recepiti dagli artt. 29 e 44, lettera b), del dPR n. 380 del 2001; agli artt. 2 e 13,
primo comma, della legge n. 1086 del 1971, ora recepiti dagli artt. 64, commi 2 e
3, del dPR n. 380 del 2001; agli artt. 4 e 14 della legge n. 1086 del 1971, ora
recepiti dagli artt. 65 e 72 del dPR n. 380 del 2001; agli artt. 3, 17, 18 e 20 della
legge n. 64 del 1974, la condannava, riducendo la pena irrogata in primo grado, a
mesi cinque di arresto e di euro 17.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Parisi, tramite il
proprio difensore, deducendo, quale unico motivo di impugnazione, la omessa o
manifesta illogicità della motivazione sotto il profilo del travisamento della prova.
Ha sostenuto parte ricorrente, riprendendo un motivo di appello, che la
affermazione contenuta nella sentenza d’appello secondo la quale, essendo la
Parisi comodataria del fondo ove erano state realizzate le opera abusive, ella era
l’unica persona che le avrebbe potute fare eseguire costituirebbe una mera
petizione di principio; infatti, la circostanza che ella rivestisse la predetta posizione
non permetterebbe di affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che il manufatto
abusivo sia stato realizzato dalla medesima.
Ciò tanto più in quanto non era stato accertata né l’epoca della sua
costruzione – dato rilevante in quanto il comodato in favore della Parisi risaliva a
pochi mesi prima dell’avvenuto rilevamento delle opere abusive -, né chi l’avesse
commissionato, né, infine, chi fosse il proprietario del fondo; solo quest’ultimo,

Data Udienza: 03/12/2013

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d’altra parte, avrebbe avuto interesse ad affrontare le ingenti spese per la
edificazione del manufatto abusivo.
In presenza di tale elementi, tali da ingenerare il dubbio sulla penale
responsabilità, la Corte d’appello, secondo l’avviso della ricorrente, avrebbe
dovuto assolvere l’imputata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Essendo il motivo di impugnazione formulato dalla Parisi manifestamente
infondato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La ricorrente censura la sentenza impugnata in quanto con essa sarebbe stata
affermata la sua penale responsabilità sulla base della sola circostanza, ritenuta
non idonea a fondare il giudizio di colpevolezza, che, essendo comodataria del
fondo ove era in corso di realizzazione il manufatto abusivo, l’unica persona che
avrebbe potuto fare eseguire le relative opere era lei.
Ritiene, viceversa, questa Corte che la motivazione data dalla Corte di
appello, conforme sul punto alla decisione assunta dal giudice di prime cure, sia
immune da vizi logici o giuridici.
Premesso, infatti, che non vi è dubbio che l’opera fosse ancora in corso di
realizzazione all’atto del sopralluogo operato dagli agenti della Polizia municipale
di Palermo e che la stessa fosse priva dei titoli abilitativi, correttamente i giudici di
merito hanno ricollegato la sua realizzazione al soggetto che, al momento in cui è
stato riscontrato l’illecito, aveva la disponibilità del bene in questione, essendo
dato di comune esperienza che chi dispone di un bene ha in fatto la possibilità di
intervenire sulla sua consistenza.
D’altra parte, se, nel caso di specie, così non fosse stato, stante la piena
plausibilità della ipotesi ricostruttiva fatta propria dai giudici del merito, sarebbe
stato onere di parte ricorrente o mettere in luce, se esistenti, le insanabili aporie
logiche di tale ricostruzione fattuale o, quanto meno, rappresentare, non in
termini del tutto astratti ma concreti e verificabili, una possibile diversa
ricostruzione che, attribuendo ad altri la responsabilità dell’opera in corso di
edificazione, potesse porre in dubbio quella ritenuta nei precedenti gradi di
giudizio.
Viceversa, la generica ed indeterminata contestazione di quanto osservato
dalla Corte di appello non vale a mettere in dubbio la validità della decisione
presa, determinando, invece, la manifesta infondatezza del motivo stesso.
Alla derivante dichiarazione di inammissibilità del ricorso, consegue, secondo
quanto previsto dall’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della Parisi alla rifusione
delle spese processuali ed al pagamento della somma di euro a favore della cassa
delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2013
Il PZe
Il Consiglier es nsor

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