Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3127 del 28/11/2013
Penale Sent. Sez. 3 Num. 3127 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI
SENTENZA
sul ricorso proposto da
VENTILIA Mihaela, nata in Romania il 8/12/1984
avverso la sentenza del 9/5/2012 del Giudice di
Pace di Roma che ha
condannato l’odierna ricorrente alla pena di 400,00 euro di ammenda per il reato
previsto dall’art.726, comma 1, cod. pen., commesso il giorno11/10/2009;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.
Con sentenza del 9/5/2012 il Giudice di Pace di Roma ha condannato
l’odierna ricorrente, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche,
alla pena di 400,00 euro di ammenda per il reato previsto dall’art.726, comma 1,
cod. pen., commesso il giorno 11/10/2009.
2. Avverso tale decisione la sig.ra Vintilia propone ricorso in sintesi
lamentando:
errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere il giudice con
Data Udienza: 28/11/2013
formula di stile e senza offrire alcuna effettiva motivazione ritenuto provato che
la ricorrente indossasse un abbigliamento in sé integrante reato, posto che
nessun’altra condotta le viene addebitate, e ritenuto che sia sul punto sufficiente
la valutazione che della condotta ha dato il verbalizzante.
Il ricorso, inizialmente assegnato alla Sezione Settima Penale è stato
restituito dal Collegio alla competenza di questa Sezione con ordinanza del
5/4/2013.
1.
Il ricorso merita accoglimento e la sentenza deve essere annullata con
rinvio al giudice di merito.
2. Emerge dal testo della sentenza che il reato risulterebbe integrato dalle
sole caratteristiche dell’abbigliamento, non accompagnate da altri elementi che
possano dirsi rilevanti. A fronte di quest’unico elemento la motivazione della
decisione appare del tutto tautologica, limitandosi ad affermare che la
responsabilità delle imputate Dinchev e Ventina “risulta pienamente provata …
avendo le stesse compiuto atti contrari alla pubblica decenza in luogo pubblico”.
Nessun esame il giudicante ha compiuto del concetto di pubblica decenza e
nessuna indicazione è stata fornita sulle ragioni per cui ritiene che
l’abbigliamento delle imputate recasse una concreta offesa al bene protetto dalla
norma.
3. Si versa, dunque, in ipotesi di carenza di motivazione rilevante ai sensi
dell’art.606, lett.e), cod. proc. pen.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata
deve essere annullata con rinvio al giudice di merito ai sensi dell’art.623 cod.
proc. pen. affinché questi, tenendo conto dei principi fissati con la presente
decisione, provveda a un nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Roma.
Così deciso il 28/11/2013
CONSIDERATO IN DIRITTO