Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31247 del 02/07/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 31247 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Leo Dario n. il 29/7/1991
avverso la sentenza n. 13497/2014 pronunciata dalla Corte d’appello di
Roma il 4/12/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 2/7/2015 la relazione fatta dal Cons. dott.
Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni, che ha
concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata sul
punto relativo alla comparazione tra le circostanze.

Data Udienza: 02/07/2015

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza resa in data 4/12/2014, la corte d’appello di Roma ha

confermato la pronuncia in data 27/3/2014 con la quale il tribunale di Velletri, tra le
restanti statuizioni, ha condannato Dario Leo alla pena di due anni e otto mesi di
reclusione ed euro 4.800,00 di multa in relazione ai reati di detenzione e porto
abusivo di armi, ricettazione, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali; reati
tutti commessi in Nettuno, il 5/7/2013.

Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione

l’imputato, sulla base di tre motivi di impugnazione.

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per
violazione di legge, avendo la corte territoriale erroneamente ritenuto di non poter
riconoscere la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva
contestata, in ragione della preclusione imposta dall’art. 69 c.p., atteso che la
recidiva contestata e ritenuta a carico dell’imputato non era quella ‘reiterata’ (di cui
all’art. 99, co. 4, c.p.), bensì quella specifica e infraquinquennale (di cui all’art. 99,
co. 2, c.p.), di per sé pienamente idonea a prevalere (diversamente dalla prima)
sulle circostanze attenuanti riconosciute.

2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione di legge in cui
sarebbe incorsa la corte territoriale in relazione alla violazione del principio di
corrispondenza tra imputazione e sentenza, avendo il giudice d’appello
erroneamente riconosciuto a carico dell’imputato la sussistenza di una recidiva
reiterata in contrasto con i termini della formale contestazione sollevata a
carico dell’imputato, al quale era stata originariamente addebitata una sola recidiva
specifica infraquinquennale.

2.3. Con il terzo motivo, l’imputato censura la sentenza impugnata per vizio di
motivazione, nella forma del travisamento della prova, avendo la corte territoriale
erroneamente ritenuto sussistente una pluralità di precedenti a carico dell’imputato,
in contrasto con le risultanze documentali del certificato penale allegato al ricorso,
dal quale era emersa la sussistenza di un unico precedente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
Osserva il collegio come, diversamente da quanto ritenuto dall’odierno
ricorrente, nei diversi passaggi della sentenza impugnata non risulti mai
formalmente attestato, in termini espliciti, il riconoscimento, a carico dell’imputato,
di un’ipotesi di recidiva reiterata

(ex art. 99, co. 4, c.p.), avendo la corte
2

2.

d’appello giustificato la valutazione di equivalenza tra le circostanze, non solo
richiamando (erroneamente) la preclusione fissata dall’art. 69 c.p., bensì anche
valorizzando i cosiddetti “precedenti” dell’imputato: espressione, quest’ultima, non
necessariamente da intendere – in ragione dell’insufficiente univocità del termine quale allusione a una ipotetica pluralità di precedenti condanne subite dall’imputato
(con la conseguente esclusione del travisamento documentale denunciato in questa
sede), quanto invece alla stregua di un generico richiamo alla storia anteatta del
reo, di per sé idonea (secondo il logico e congruo apprezzamento della corte

comparazione tra la recidiva contestata (specifica e infraquiquennale) e le
attenuanti generiche, tenuto altresì conto della ritenuta (dalla corte d’appello) “fin
troppo benevola” concessione di queste ultime.
Sulla base di tali permesse, devono ritenersi prive di fondamento le restanti
censure sollevate dall’imputato, circa la pretesa erronea ascrizione al Leo di una
supposta recidiva reiterata (mai formalmente contestata e non risultante dalla
documentazione acquisita al processo), non avendo la corte territoriale in nessun
caso espressamente riconosciuto, a carico dell’imputato, la sussistenza di tale
forma di recidiva, e avendo in ogni caso giustificato per altra via (rispetto
all’erroneo richiamo dell’art. 69 c.p.) il giudizio di equivalenza tra la recidiva
contestata (a prescindere dalla relativa qualificazione) e le circostanze attenuanti
generiche allo stesso concesse.
Tali considerazioni valgono inoltre a escludere il ricorso di alcuna violazione del
principio di correlazione tra decisione e imputazione, dovendo valutarsi, il
riferimento della corte d’appello alla preclusione dell’art. 69 c.p., alla stregua di
un’erronea svista del giudicante rivelatasi del tutto irrilevante rispetto al tenore
della decisione definitivamente assunta.

4. All’accertamento dell’infondatezza di tutti i motivi di ricorso segue il rigetto
di quest’ultimo e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
la Corte Suprema di cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2/7/2015.

territoriale) a giustificare il giudizio di equivalenza formalmente espresso nella

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