Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31244 del 02/07/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 31244 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Meschiari Marina n. il 18/12/1950
avverso la sentenza n. 1965/2011 pronunciata dalla Corte d’appello di
Bologna il 22/11/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 2/7/2015 la relazione fatta dal Cons. dott.
Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni, che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso;
udito, per l’imputato, l’avv.to L. Scaglione del foro di Modena che ha
concluso per l’accoglimento del relativo ricorso.

Data Udienza: 02/07/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 22/11/2013, la corte d’appello di Bologna ha
confermato la pronuncia in data 12/6/2008 con la quale il tribunale di Modena ha
condannato Marina Meschiari alla pena di sei mesi di reclusione, oltre al
risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, in relazione al reato
di omicidio colposo commesso in Modena, il 21/11/2005.
All’imputata era stata originariamente contestata la violazione dei
tradizionali parametri della colpa generica per avere omesso di valutare

ginecologia del policlinico di Modena, i dati del tracciato cardiotocografico relativo
alla paziente Sabrina Guerzoni, così omettendo di richiedere tempestivamente
l’intervento del personale medico al fine di procedere con urgenza al parto
cesareo, contestualmente disponendo la diminuzione della somministrazione di
ossitocina.
Per effetto di tale condotta, all’imputata era stata ascritta la causazione del
decesso del figlio della Guerzoni, Alessandro Barbieri (nato 1’8/11/2001), che, a
seguito delle lesioni riportate alla nascita (consistite in encefalopatia ipossicoschemica neonatale conseguente ad asfissia perinatale), era deceduto in data
21/11/2005 (all’età di quattro anni) per insufficienza respiratoria riconducibile
alla suddetta patologia perinatale.

2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputata sulla base di quattro motivi di impugnazione.

2.1. Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per
violazione di legge, avendo la corte territoriale erroneamente interpretato le
norme giuridiche richiamate a fondamento della pretesa posizione di garanzia
dell’imputata (segnatamente l’art. 4 del d.p.r. n. 163/75 che delinea il profilo
professionale dell’ostetrica, e le linee guida dettate dalla commissione consultiva
tecnico-scientifica del policlinico di Modena), atteso che in caso di parto
formalmente definibile “a rischio” (come qualificabile quello di specie, in ragione
dell’induzione dell’espulsione del feto mediante somministrazione di ossitocina,
successivamente ricontrollata e ridotta dal medico di guardia, a seguito di un
primo episodio di decelerazione del battito cardiaco fetale), la responsabilità del
costante monitoraggio delle condizioni di salute della partoriente e del feto deve
ritenersi riferibile in via esclusiva al personale medico, con la conseguente
esclusione di alcuna specifica posizione di garanzia in capo all’ostetrica, siccome
non più operante in regime di autonomia professionale.

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correttamente, in qualità di ostetrica in servizio presso il reparto di ostetricia e

2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente si duole della violazione di legge e
del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, per avere
proceduto in modo erroneo alla valutazione della rilevanza causale della condotta
omissiva contestata all’imputata.
In particolare, la ricorrente evidenzia come, quand’anche la Meschiari
avesse tempestivamente provveduto ad allertare il medico di guardia (dottoressa
Lucchi) circa le condizioni di sofferenza fetale relativa al parto della Guerzoni, la
stessa non sarebbe in ogni caso intervenuta tempestivamente, come comprovato

criticità delle condizioni della Guerzoni, alla stessa rivolto dal medico dott.
Paganelli (medico specializzando in tirocinio presso la struttura ospedaliera de
qua).
Nell’occasione, infatti, la dottoressa Lucchi, pur sollecitata dal collega
Paganelli, aveva ingiustificatamente differito il controllo della Guerzoni,
intervenendo successivamente in tempo ormai non più utile per l’eventuale
adozione di misure operative efficaci al fine di scongiurare le irreversibili
conseguenze patologiche della sofferenza fetale.
Ciò posto, del tutto immotivatamente la corte territoriale ha ritenuto che,
laddove la Lucchi fosse stata tempestivamente allertata dall’imputata, la stessa
si sarebbe tempestivamente attivata per intervenire sul parto della Guerzoni,
implausibilmente confermando la sussistenza di un rilevabile nesso di causalità
tra l’omissione contestata alla Meschiari e l’evento lesivo sofferto dalla vittima.
Sotto altro profilo, la ricorrente si duole della contraddittorietà della
sentenza impugnata laddove, dopo aver evidenziato come nel lasso temporale
tra le 17.30/17.40 e le 18.10 le alterazioni del tracciato cardiotocografico
potevano essere osservate con atteggiamento di prudente attesa, ha
successivamente ricondotto alle ore 17.30/17.40 la necessità di intervenire sulla
paziente.
D’altro canto, del tutto arbitrariamente la corte territoriale ha escluso la
correttezza dell’affidamento riposto dall’imputata sulle competenze del dottor
Paganelli (tempestivamente avvertito delle irregolarità del tracciato
cardiotocografico della Guerzoni), trattandosi in ogni caso di un medico (benché
non specializzato) al quale il primario aveva affidato la gestione del reparto dalle
ore 18.15 in poi.

2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per
violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale
erroneamente ascritto all’imputata la violazione dell’obbligo di
tempestiva segnalazione delle condizioni della paziente al medico di guardia

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dalla condotta in concreto osservata dalla Lucchi a seguito dell’avviso, circa la

muovendo da un’acritica e preconcetta valutazione dell’attendibilità delle
dichiarazioni rese dal dottor Paganelli (là dove ebbe a dichiarare di aver ricevuto
la richiesta di intervento dell’imputata solo a ridosso delle 19.00), siccome
ritenuto privo di alcuna responsabilità nella vicenda; e ciò a dispetto delle
indicazioni normative di cui all’articolo 63 del d.p.r. n. 761/79 – che sancisce la
responsabilità del medico strutturato per gli ammalati a lui affidati (oltre alle
personali responsabilità dei casi di urgenza) – nonché in contrasto con
la circostanza consistita dall’avere il dottor Paganelli accettato le consegne

premesse per la configurazione di una specifica colpa ‘per assunzione’ allo stesso
direttamente riferibile.
Ciò posto, del tutto erroneamente la corte ha ascritto una decisiva rilevanza
alla presunta irresponsabilità del Paganelli nella vicenda de qua, al fine di
attestarne l’elevato grado di attendibilità riconosciuto alle relative dichiarazioni
testimoniali.

2.4. Con il quarto motivo, la ricorrente si duole del vizio di motivazione in
cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, per avere la corte territoriale
contraddittoriamente evidenziato la negligente trascuratezza dell’imputata nel
seguire le condizioni della Guerzoni, pur dopo aver riportato le testimonianze dei
parenti della paziente, secondo cui l’odierna imputata sarebbe rimasta dalle ore
17.40 alle 19.00 nella sala travaglio della Guerzoni facendo “dentro e fuori con
fare agitato”: circostanza, quest’ultima, evidentemente espressiva della
riconducibilità al solo personale medico presente nell’unità operativa della scelta
di non intervenire con la dovuta tempestività sulla Guerzoni.

3. Con memoria depositata in data 16/6/2015, il difensore della ricorrente,
nell’approfondire talune delle argomentazioni già sollevate con l’impugnazione,
ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Dev’essere preliminarmente disatteso il primo motivo di ricorso illustrato
dall’imputata con riguardo alla pretesa insussistenza di alcuna specifica posizione
di garanzia in capo all’ostetrica in relazione ai casi di parto formalmente
definibile ‘a rischio’ (come quello di specie) sul presupposto dell’asserita
scomparsa della relativa operatività in regime di autonomia professionale.
Sul punto, vale evidenziare come la corte territoriale – con motivazione
logicamente argomentata e congruamente elaborata sul piano interpretativo abbia correttamente attestato come, anche nell’ambito di un travaglio di parto

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dell’unità operativa da parte del medico di guardia, così determinando le

definibile ‘a rischio’, siano da ritenere persistenti i profili di responsabilità
connessi agli obblighi gravanti sull’ostetrica, siccome in ogni caso legati alla
prestazione di un’assistenza continuativa e adeguata alla paziente nella fase del
travaglio pur coordinato dalla figura del medico di guardia; prestazione
implicante la pronta rilevazione di ogni situazione di potenziale sofferenza per la
madre e per il nascituro, con l’obbligo della relativa immediata segnalazione al
medico competente (cfr. pag. 19 della sentenza impugnata).
Sotto tale profilo – secondo il corretto ragionamento della corte territoriale –

attentamente le condizioni della paziente, tanto più alla luce dei segnali di
sofferenza fetale già registrati alle ore le 16.40, allorché fu la stessa imputata a
richiamare l’attenzione del medico di guardia (dottoressa Lucchi), richiedendone
l’intervento.
All’adempimento di tale obbligo l’imputata venne certamente meno,
trascurando di garantire alla paziente la necessaria continuità dell’assistenza e
del controllo del monitoraggio cardiotocografico, e omettendo di allertare
tempestivamente i medici di guardia, limitandosi a una semplice consultazione
con il medico specializzando: consultazione peraltro tardiva, in quanto
intervenuta solo in prossimità delle ore 19.00.
La stessa corte territoriale ha opportunamente evidenziato come la
professionalità specifica dell’imputata ben consentisse alla stessa di comprendere
i segnali di sofferenza patologica del tracciato cardiotocografico, come peraltro
attestato dalla stessa circostanza che la stessa, in precedenza, alle ore le 16:40,
ebbe ad avvertire il medico di guardia dei segnali di sofferenza del tracciato
‘sospetto’.

5. Del pari prive di fondamento devono ritenersi le articolazioni critiche
elaborate dalla ricorrente con il secondo motivo di ricorso, con particolare
riguardo alla valutazione della rilevanza causale della condotta omissiva
contestata all’imputata rispetto all’evento lesivo oggetto di giudizio.
Sul punto, la corte territoriale ha adeguatamente accertato come l’odierna
imputata ebbe a trascurare il controllo del tracciato della paziente sin dalle 17:45
e, conseguentemente, di avvertire i medici dei segnali inequivoci di sofferenza
fetale a partire da tale orario, prima ancora che il medico di guardia (dottoressa
Lucchi) entrasse in sala operatoria per un altro intervento.
Tale specifica omissione ebbe a proseguire fino alle ore 19:00, avendo
l’imputata trascurato di avvertire della gravità della situazione entrambi i medici
di guardia impegnati in una sala operatoria attigua, limitando ad affidarsi

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doveva ritenersi permanente, in capo all’ostetrica, il dovere di sorvegliare

(peraltro tardivamente) al consulto di uno specializzando non sufficientemente
esperto (cfr. pag. 22 della sentenza impugnata).
Del tutto plausibilmente la corte territoriale ha quindi evidenziato come, ove
il medico di guardia fosse stato tempestivamente allertato (già a partire dalle
17.30/40) personalmente dall’imputata, quest’ultima sarebbe stata in grado (in
quanto ostetrica professionale dotata dell’esperienza derivante anche dalla
collaborazione diretta in reparto) di rappresentare più efficacemente al medico i
segnali di criticità del tracciato, propiziandone in termini più concreti l’intervento

di quanto non avrebbe potuto attendersi dall’inesperto medico specializzando (in
ipotesi capace solo di riferire timidamente di una sua perplessità sul tracciato); e
ciò, proprio perché nessuna segnalazione era pervenuta al medico di guardia
dall’ostetrica, ossia dal soggetto certamente dotato della maggiore esperienza
pratica e istituzionalmente deputato ad avvisare il medico di ogni situazione
potenzialmente patologica rilevata o rilevabile (cfr. pag. 26 della sentenza
impugnata).

5.1. Quanto alla valutazione della rilevanza causale della condotta omissiva
contestata all’imputata (nella specie revocata in dubbio dalla ricorrente, sul
presupposto della prevedibilità della condotta negligente che sarebbe stata
seguita in ogni caso dalla dottoressa Lucchi, ove fosse stata tempestivamente
allertata), osserva il collegio come, con riguardo al tema dedotto (riconducibile al
quadro teorico della c.d. causalità della colpa), varrà richiamare i principi
generalmente condivisi, tanto nella giurisprudenza pratica quanto nella
riflessione della letteratura giuridica, in tema di colpa c.d. ‘relazionale’, ossia là
dove la ricostruzione del comportamento alternativo lecito sia condotta (non già
in un contesto monosoggettivo, bensì) nella prospettiva dell’interazione (e
dunque della ‘relazione’) tra due o più soggetti.
Le esemplificazioni di scuola alludono, al riguardo, a tutte quelle situazioni in
cui il comportamento alternativo lecito avrebbe dovuto tradursi nella
sollecitazione, nella segnalazione o, comunque, nel coinvolgimento di ulteriori
soggetti, che a loro volta avrebbero dovuto attivarsi, in base a doveri “divisi” o
“comuni” (quindi operando in via autonoma ovvero interagendo con altri)
secondo le prescrizioni di ulteriori regole cautelari (si pensi alla cooperazione
colposa, al concorso di cause colpose indipendenti, alla delega di funzioni, al
principio di affidamento e ai relativi limiti nei settori della circolazione stradale,
dell’attività medico-chirurgica in équipe, etc.).
In tali casi, l’ipotetico comportamento alternativo lecito non incide (per
definizione) in maniera diretta su fattori biologici, meccanici, o comunque

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impeditivo dell’asfissia prenatale del nascituro e certamente in modo più incisivo

naturali (innescando immediatamente – sia pure in via congetturale – un decorso
causale

stricto sensu

inteso, diverso da quello realmente verificatosi),

proiettandosi in una duplice dinamica ipotetica, destinata a tener conto, sia delle
(ipotetiche) reazioni comportamentali dei soggetti che avrebbero dovuto
interagire, sia degli (ipotetici) effetti concreti delle condotte che quei medesimi
soggetti avrebbero dovuto realizzare.
In tali casi, l’ascrizione normativa dell’evento colposo, in quanto
concretamente evitabile, non poggerà sulla prospettazione ipotetica di decorsi

spiegare come si sarebbero comportati altri soggetti, chiamati ad interagire nel
caso concreto), bensì assumendo che il soggetto che sarebbe stato attivato dal
comportamento alternativo lecito avrebbe agito correttamente.
Tale valutazione dovrà quindi essere condotta secondo parametri
standardizzati (e quindi evocando più l’agente “modello”, che l’agente “in carne
ed ossa” destinato in ipotesi controfattuale a fornire il proprio apporto), con la
conseguente sostanziale irrilevanza del possibile dubbio (in questa sede
infondatamente prospettato) circa l’inutilità o addirittura la dannosità in concreto
del (negligente) apporto altrui.

5.2. Parimenti infondata deve ritenersi la doglianza avanzata dalla ricorrente
circa la presunta contraddittorietà della sentenza impugnata laddove, dopo aver
evidenziato come nel lasso temporale tra le 17.30/17.40 e le 18.10 le alterazioni
del tracciato cardiotocografico potevano essere osservate con atteggiamento di
prudente attesa, ha successivamente ricondotto alle ore 17.30/17.40 la
necessità di intervenire sulla paziente.
Sul punto, infatti, la corte territoriale ha espressamente riportato le
indicazioni del consulente tecnico, dottor Pilu, il quale ha confermato come il
tracciato fosse diventato francamente patologico dalle 17.30/40 e drammatico
dalle ore 18.15, sottolineando come la valutazione circa l’eventuale dovere di
osservare con atteggiamento di prudente attesa le alterazioni del tracciato (tra le
17.40 e le 18.10) spettassero al personale medico, e non già all’ostetrica, che
avrebbe in ogni caso avuto l’obbligo di avvertire immediatamente il medico delle
anomalie rilevate dal tracciato.
Quanto alla questione della pretesa arbitraria esclusione, da parte della
corte territoriale, della correttezza dell’affidamento riposto dall’imputata sulle
competenze del dottor Paganelli (avvertito delle irregolarità del tracciato
cardiotocografico della Guerzoni) (trattandosi in ogni caso di un medico, benché
non specializzato, al quale il primario aveva affidato la gestione del reparto dalle
ore 18.15 in poi), del tutto correttamente (in termini logico-giuridici) la corte

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causali governati da leggi scientifiche (nessuna legge scientifica potendo

d’appello ha sottolineato come, pur quando dovesse ritenersi sussistente
un’eventuale responsabilità del medico specializzando per omissioni a lui
direttamente imputabili, ciò non escluderebbe la responsabilità dell’ostetrica in
relazione alla propria posizione di garanzia, atteso che il ruolo dell’ostetrica
impone in ogni caso la continuità dell’assistenza alla donna partoriente;
premessa da cui deriva l’esclusione del carattere esimente dell’affidamento
riposto su un soggetto il quale trascuri colpevolmente l’eventuale assolvimento

6. Privo di concreto rilievo deve ritenersi il terzo motivo d’impugnazione
sollevato dalla ricorrente in relazione all’asserita arbitrarietà della valutazione
operata dalla corte territoriale circa l’attendibilità del teste Paganelli, siccome
erroneamente ritenuto privo di alcuna responsabilità nella vicenda.
Sul punto, è appena il caso di evidenziare come la corte territoriale abbia
attestato la sostanziale attendibilità del testimone Paganelli, non solo per la
sostanziale estraneità dello stesso alle responsabilità per la vicenda in esame (di
là dalla correttezza dell’assunto), bensì (e in primo luogo) per la ragione di
ordine logico secondo cui, ove il Paganelli fosse stato allertato ben prima delle
19.00, non appaiono ravvisabili plausibili ragioni per le quali lo stesso avrebbe
dovuto indugiare nel trasmettere tempestivamente l’avviso alla dottoressa Lucchi
(una volta esaminato l’anomalia del tracciato), dovendo ritenersi del tutto
congetturale l’eventuale affermazione di una specifica colpa del Paganelli per la
tardività nella trasmissione dell’avviso.
Sotto altro profilo, del tutto correttamente la corte d’appello ha escluso il
ricorso di profili di colpa per assunzione a carico del Paganelli, non essendosi
quest’ultimo arrogato competenze a lui non spettanti, avendo piuttosto lo stesso
provveduto ad allertare il medico di guardia senza interferire o sovrapporsi alle
valutazioni del medico più esperto, rimanendo in ogni caso confermato il
ragionamento – di cui si è in precedenza dato conto – circa la persistenza della
responsabilità dell’ostetrica (titolare di autonoma posizione di garanzia) per
l’evento che la stessa aveva l’obbligo di impedire, al di là di eventuali profili di
responsabilità in ipotesi ravvisabili in capo ad altri garanti.

7. Da ultimo, dev’essere disatteso il quarto motivo di ricorso avanzato
dall’imputata.
Sul punto, vale evidenziare come la ricorrente si sia limitata ad esprimere
una personale e soggettiva valutazione in ordine al significato di talune
testimonianze (ovvero la prospettabile interpretazione di circostanze riportate da
taluni testimoni) del tutto prive di inequivoca oggettività, in tal senso

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dei propri obblighi cautelari.

prospettando una possibile rilettura in fatto di fonti di prova assunte nel corso
del giudizio di merito, come tale del tutto inammissibile in questa sede di
legittimità.

8. L’accertata infondatezza di tutti i motivi di ricorso in questa sede avanzati
dall’imputata non esime peraltro il collegio dal rilievo dell’intervenuta
prescrizione del reato per il quale la Meschiari è stata tratta a giudizio,
trattandosi di un’ipotesi di omicidio colposo da ritenersi consumato alla data del

Al riguardo, occorre sottolineare, in conformità all’insegnamento
ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di una causa
estintiva del reato, l’obbligo del giudice di pronunciare l’assoluzione dell’imputato
per motivi attinenti al merito si riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori
dell’insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale
all’imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa
valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una
‘constatazione’, che a un atto di ‘apprezzamento’ e sia quindi incompatibile con
qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., n.
35490/2009, Rv. 244274).
E invero il concetto di ‘evidenza’, richiesto dal secondo comma dell’art. 129
c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e
obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in
qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia, oltre la
correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv.
229275).
Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, al fine
di pervenire al proscioglimento nel merito dell’imputato occorre applicare il
principio di diritto secondo cui ‘positivamente’ deve emergere dagli atti
processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l’estraneità dell’imputato
a quanto allo stesso contestato, e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza
della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua
innocenza, non rilevando l’eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della
prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra opposte
risultanze (v. Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263).
Tanto deve ritenersi certamente non riscontrabile nel caso di specie, avendo
questa Corte positivamente riscontrato l’infondatezza di tutte le doglianze
avanzate dall’odierna ricorrente avverso la sentenza di condanna pronunciata nei
propri confronti.

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21/11/2005.

Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la sentenza
impugnata va annullata senza rinvio in relazione agli effetti penali per essere il
reato contestato estinto per prescrizione.

9. La rilevata infondatezza dei motivi di ricorso avanzati dall’imputata – di là
dall’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla condanna penale
pronunciata a carico della Meschiari a causa dell’intervenuta prescrizione impone peraltro la conferma delle disposizioni e dei capi della sentenza che

c.p.p., tenuto conto della radicale irrilevanza, ai fini della revoca della
costituzione di parte civile, della missiva di provenienza dell’avvocato Mario
Marchiò (difensore della parte civile) depositato agli atti del giudizio, siccome
irritualmente indirizzata al solo difensore dell’imputata.

P.Q.M.
la Corte Suprema di cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata
per essere, il reato ascritto all’imputata, estinto per prescrizione.
Conferma le statuizione civili.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2/7/2015.

concernono gli interessi civili, in conformità alle previsioni di cui all’art. 578

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