Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31240 del 23/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 31240 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANGELO GIUSEPPE
ANGELO GIOVANNI
nei confronti di:
BUFFA PAOLO FRANCO N. IL 14/11/1963
MONTALBANO GASPARE N. IL 03/02/1958
avverso la sentenza n. 987/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
17/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Data Udienza: 23/06/2015

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Ritenuto in fatto
1. Il G.i.p. presso il Tribunale di Trapani, con sentenza in data 2.07.2010,
resa all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava Buffa Paolo Franco e Montalbano
Gaspare responsabili del delitto di omicidio colposo, loro ascritto. Ai predetti
imputati, nella rispettiva qualità di primo operatore e di assistente della equipe che,
in data 8.10.2008 procedettero, presso la Divisione di Chirurgia Generale
dell’Ospedale S. Antonio Abate di Trapani, ad eseguire d’urgenza un intervento di
resezione intestinale e ricostruzione della continuità del tubo gastro-enterico, nei

della predetta paziente, verificatosi il 26.10.2008, a causa di uno shock settico. In
particolare, per colpa consistita nell’aver scelto, imprudentemente, di effettuare il
tipo di intervento ora menzionato, piuttosto che confezionare una ileostomia
temporanea, come sarebbe stato richiesto dallo scadente stato generale della
donna, obesa e diabetica; e per non aver differito la ricostruzione della continuità
del tratto digestivo al momento in cui si fosse verificato un riequilibrio della
situazione nutrizionale.
2. La Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 17.03.2014, in
riforma della richiamata sentenza di primo grado, assolveva gli imputati perché il
fatto non costituisce reato.
Il Collegio, dopo aver ripercorso la vicenda clinica della paziente, a far tempo
dal ricovero intervenuto il 7.09.2008, ha rilevato che l’anastomosi praticata in data
8.10.2008, in occasione del secondo intervento alla quale la donna veniva
sottoposta, risultava regolarmente eseguita; e che, non di meno, in data
23.10.2008, i sanitari consigliavano l’effettuazione di un ulteriore intervento
chirurgico, in seguito alla presenza di fecaloidi in fuoriuscita dai drenaggi, che i
familiari non autorizzavano; e che il successivo 26 ottobre la paziente decedeva.
Ciò posto la Corte territoriale sottolineava che il profilo di colpa
originariamente contestato concerneva la violazione della regola di prudenza, che
avrebbe sconsigliato di procedere ad una anastomosi; e che il primo giudice aveva
aggiunto un ulteriore profilo di colpa, sotto l’aspetto dell’imperizia, ritenuto
causalmente rilevante rispetto al decesso.
Il Collegio si soffermava quindi sulle dichiarazioni rese dal perito Citterio, in
dibattimento, evidenziando che costui aveva chiarito che anche procedendo con la
ileostomia le possibilità di sopravvivenza della paziente, dopo il secondo intervento,
erano pari ad una su mille, stante il compromesso quadro clinico. E considerava che
la diversa scelta di effettuare un intervento chirurgico in due tempi, neppure poteva
ritenersi la migliore opzione terapeutica, tenuto anche conto del rischio specifico di
decesso intraoperatorio, che presentava la paziente.

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confronti di Grammatico Pierina, di anni 78, si addebita di aver cagionato il decesso

3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo hanno proposto
ricorso per cassazione le parti civili Angelo Giuseppe e Angelo Giovanni, a mezzo
del difensore, ai soli effetti della responsabilità civile.
Gli esponenti denunciano violazione di legge e vizio motivazionale.
I ricorrenti, con unico articolato motivo, osservano che secondo le risultanze
agli atti, Grammatico Pierina fu sottoposta ad un intervento chirurgico effettuato
secondo una tecnica assolutamente controindicata, che la condusse a morte.
Gli esponenti osservano che la Corte di Appello ha effettuato una valutazione

parti civili sottolineano che il Collegio ha disatteso le conclusioni rassegnate dai
periti facendo riferimento a non meglio precisati studi clinici; e rilevano che lo
strumento diagnostico e terapeutico usato dai medici Buffa e Montalbano era
assolutamente controindicato, laddove l’ileostomia era priva di qualsiasi fattore di
rischio terminale. I ricorrenti considerano che il perito, sentito in dibattimento, ebbe
a confermare che la percentuale di sopravvivenza, ove fosse stata scelta
l’ileostomia, è del 30%.
Nell’interesse di Gaspare Montalbano è stata depositata memoria. La parte
chiede il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto
1. Il vaglio del ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
1.1 Occorre, in primo luogo, richiamare i principi che, secondo diritto
vivente, governano l’apprezzamento giudiziale della prova scientifica da parte del
giudice di merito e che presiedono al controllo che, su tale valutazione, può essere
svolto in sede di legittimità.
Nel delineare l’ambito dello scrutinio di legittimità, secondo i limiti della
cognizione dettati dall’art. 609, cod. proc. pen., si è chiarito che alla Corte
regolatrice è rimessa la verifica sulla ragionevolezza delle conclusioni alle quali è
giunto il giudice di merito, che ha il governo degli apporti scientifici forniti dagli
specialisti. La Suprema Corte ha evidenziato, sul piano metodologico, che qualsiasi
lettura della rilevanza dei saperi di scienze diverse da quella giuridica, utilizzabili nel
processo penale, non può avere l’esito di accreditare l’esistenza, nella regolazione
processuale vigente, di un sistema di prova legale, che limiti la libera formazione
del convincimento del giudice; che il ricorso a competenze specialistiche con
l’obiettivo di integrare i saperi del giudice, rispetto a fatti che impongono
metodologie di individuazione, qualificazione e ricognizione eccedenti i saperi
dell’uomo comune, si sviluppa mediante una procedimentalizzazione di atti
(conferimento dell’incarico a periti e consulenti, formulazione dei relativi quesiti,
escussione degli esperti in dibattimento) ad impulso del giudicante e a formazione
progressiva; e che la valutazione di legittimità, sulla soluzione degli interrogativi
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del tutto parziale dell’elaborato peritale ed ha travisato gli elementi di prova. Le

causali imposti dalla concretezza del caso giudicato, riguarda la correttezza e
conformità alle regole della logica dimostrativa dell’opinione espressa dal giudice di
merito, quale approdo della sintesi critica del giudizio (Cass. Sez. 4, sentenza n. 80
del 17.01.2012, dep. 25.05.2012, n.m.).
1.2 Chiarito che il sapere scientifico costituisce un indispensabile strumento,
posto al servizio del giudice di merito, deve rilevarsi che, non di rado, la soluzione
del caso posto all’attenzione del giudicante, nei processi ove assume rilievo

che, attraverso l’indagine di periti e consulenti, penetrano nel processo. Si tratta di
questione di centrale rilevanza nell’indagine fattuale, giacché costituisce parte
integrante del giudizio critico che il giudice di merito è chiamato ad esprimere sulle
valutazioni di ordine extragiuridico emerse nel processo. Il giudice deve, pertanto,
dar conto del controllo esercitato sull’affidabilità delle basi scientifiche del proprio
ragionamento, soppesando l’imparzialità e l’autorevolezza scientifica dell’esperto
che trasferisce nel processo conoscenze tecniche e saperi esperienziali. E, come
sopra chiarito, il controllo che la Corte Suprema è chiamata ad esercitare, attiene
alla razionalità delle valutazioni che a tale riguardo il giudice di merito ha espresso
nella sentenza impugnata. Del resto, la Corte regolatrice ha anche recentemente
ribadito il principio in base al quale il giudice di legittimità non è giudice del sapere
scientifico e non detiene proprie conoscenze privilegiate. La Suprema Corte è cioè
chiamata a valutare la correttezza metodologica dell’approccio del giudice di merito
al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica
critica in ordine all’affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione
del fatto (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010,
Rv. 248944; Cass. Sez. 4, sentenza n. 42128 del 30.09.2008, dep. 12.11.2008,
n.m.). E si è pure chiarito che il giudice di merito può fare legittimamente propria,
allorché gli sia richiesto dalla natura della questione, l’una piuttosto che l’altra tesi
scientifica, purché dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato
sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire. Entro questi limiti, è del
pari certo, in sintonia con il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema
Corte, che non rappresenta vizio della motivazione, di per sé, l’omesso esame
critico di ogni più minuto passaggio della perizia (o della consulenza), poiché la
valutazione delle emergenze processuali è affidata al potere discrezionale del
giudice di merito, il quale, per adempiere compiutamente all’onere della
motivazione, non deve prendere in esame espressamente tutte le argomentazioni
critiche dedotte o deducibili, ma è sufficiente che enunci con adeguatezza e logicità
gli argomenti che si sono resi determinanti per la formazione del suo convincimento
(vedi, da ultimo, Cass. Sez. 4, sentenza n. 692 del 14.11.2013, dep. 10.01.2014,
Rv. 258127).
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l’impiego della prova scientifica, viene a dipendere dall’affidabilità delle informazioni

1.3 Tanto chiarito, deve osservarsi che, con riguardo all’apprezzamento della
prova scientifica, afferente specificamente all’accertamento del rapporto di
causalità, la giurisprudenza di legittimità ha osservato che deve considerarsi
utopistico un modello di indagine causale, fondato solo su strumenti di tipo
deterministico e nomologico-deduttivo, affidato esclusivamente alla forza esplicativa
di leggi universali. Ciò in quanto, nell’ambito dei ragionamenti esplicativi, si
formulano giudizi sulla base di generalizzazioni causali, congiunte con l’analisi di
contingenze fattuali. In tale prospettiva, si è chiarito che il coefficiente probabilistico

invece importante che la generalizzazione esprima effettivamente una dimostrata,
certa relazione causale tra una categoria di condizioni ed una categoria di eventi
(cfr. Cass. Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, Rv. 222138). Nella
verifica dell’imputazione causale dell’evento, cioè, occorre dare corso ad un giudizio
predittivo, sia pure riferito al passato: il giudice si interroga su ciò che sarebbe
accaduto se l’agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta. Con
particolare riferimento alla casualità omissiva – che pure viene in rilievo nel caso di
specie – si osserva poi che la giurisprudenza di legittimità ha enunciato il carattere
condizionalistico della causalità omissiva, indicando il seguente itinerario
probatorio: il giudizio di certezza del ruolo salvifico della condotta omessa presenta
i connotati del paradigma indiziario e si fonda anche sull’analisi della
caratterizzazione del fatto storico, da effettuarsi ex post sulla base di tutte le
emergenze disponibili, e culmina nel giudizio di elevata “probabilità logica” (Cass.
Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, cit.); e che le incertezze alimentate
dalle generalizzazioni probabilistiche possono essere in qualche caso superate nel
crogiuolo del giudizio focalizzato sulle particolarità del caso concreto quando
l’apprezzamento conclusivo può essere espresso in termini di elevata probabilità
logica (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Cozzini,
Rv. 248943). Ai fini dell’imputazione causale dell’evento, pertanto, il giudice di
merito deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente
con le particolarità della fattispecie concreta, chiarendo che cosa sarebbe accaduto
se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto all’imputato
dall’ordinamento. Si tratta di insegnamento da ultimo ribadito dalle Sezioni Unite
che si sono soffermate sulle questioni riguardanti l’accertamento giudiziale della
causalità omissiva ed i limiti che incontra il sindacato di legittimità, nel censire la
valutazione argomentativa espressa in sede di merito (cfr. Cass. Sez. U, sentenza
n. 38343 del 24.04.2014, dep. 18.09.2014, 261106).
2. Ebbene, applicando i richiamati principi di diritto al caso in esame, deve
considerarsi che le valutazioni effettuate dalla Corte di Appello, nello sviluppare un
ragionamento controfattuale, rispetto alla individuazione del determinismo causale
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della generalizzazione scientifica non è solitamente molto importante; e che è

del decesso, sfuggono dal sindacato della Corte regolatrice. Il Collegio, invero, ha
osservato che non può affermarsi che la morte della paziente sia dipesa dalla scelta
operatoria di praticare l’anastomosi, atteso che la diagnosi di deiscenza precoce
risulta contrastata dagli stessi consulenti del pubblico ministero; e posto mente al
fatto che il perito aveva affermato che le possibilità salvifiche da assegnare alla
ileostonnia erano infinitesimali, tenuto conto delle gravi condizioni in cui versava la
paziente già al momento del ricovero, in data 8 ottobre. E deve osservarsi che il

periti; la Corte di merito, invero, ha chiarito che, se pure la scelta operatoria
effettuata dai medici, odierni imputati, era stata valutata con sfavore dai periti, la
stessa aveva evitato decesso intraoperatorio, visto che la paziente aveva subito un
arresto cardiaco, allorché le era stata praticata l’anestesia. La Corte distrettuale ha
poi considerato che non corrisponde ad una informazione scientifica univoca e
inconfutabile, la valutazione relativa alle minori probabilità di deiscenza, per il caso
di intervento chirurgico realizzato in due tempi; ha passato in rassegna i dati
statistici relativi all’insorgenza di complicanze di varia natura, derivanti dalla
prospettata esecuzione di un intervento chirurgico in due tempi; ed ha considerato
che il caso di specie presentata un rischio specifico di deiscenza, stante il
concomitante diabete mellito che affliggeva la paziente. Il Collegio ha pure
affermato che l’opzione relativa alla metodologia chirurgica non poteva ritenersi
estranea ai canoni di prudenza e perizia, rispetto alle conoscenze scientifiche diffuse
nella comunità medica all’epoca dei fatti, tenuto conto della patologia riscontrata e
delle condizioni della paziente.
E bene, il richiamato percorso motivazionale risulta immune dalle dedotte
aporie di ordine logico e pare conferente, rispetto alle indicazioni euristiche sopra
richiamate, che devono informare l’apprezzamento giudiziale del compendio
probatorio, ogni qual volta il giudice penale sia chiamato ad esprimere valutazioni di
ordine extragiuridico, incidenti sul tema della riferibilità causale dell’evento in
concreto verificatosi, nell’ambito del reato colposo. La valutazione di legittimità,
sulla soluzione degli interrogativi causali imposti dalla concretezza del caso
giudicato, riguarda infatti, come si è osservato, la correttezza e la conformità alle
regole della logica dimostrativa dell’opinione espressa dal giudice di merito, quale
approdo della sintesi critica delle informazioni acquisite al giudizio.
3. In conclusione, si impone il rigetto del ricorso, con condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali.

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Collegio non ha affatto omesso di confrontarsi con le conclusioni rassegnate dai

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma in data 23 giugno 2015.

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