Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31239 del 23/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 31239 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

Data Udienza: 23/06/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIALLOMBARDO ROBERTO N. IL 22/12/1956
avverso la sentenza n. 3812/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
01/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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1-P.

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Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Savona, sezione distaccata di Albenga, con sentenza in
data 23.06.2009, dichiarava Giallombardo Roberto, Gafà Italo e Avanti Vito
responsabili dei reati loro rispettivamente ascritti, con condanna alle pene ritenute
di giustizia. In riferimento alla posizione del Giallombardo, che oggi viene
specificamente in rilievo, si osserva che al predetto viene contestato, nella sua
qualità di rappresentante legale della società Giallombardo Roberto & C. S.a.s., il

costruzioni in totale difformità dai permessi ed avere operato una lottizzazione
t/
abus4a, secondo i termini riportati al capo A) della rubrica; ed i delitti di cui agli artt.
483 e 481 cod. pen., per avere reso false dichiarazioni nelle relazioni tecniche
allegate alle istanze di varianti in sanatoria, indicate al capo B).
2. La Corte di Appello di Genova, con sentenza in data 9.12.2010, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Savona, sezione distaccata di Albenga,
assolveva gli imputati dal reato di cui all’art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001, perché
il fatto non sussiste e rideterminava le pene originariamente inflitte.
3. La Suprema Corte di Cassazione, terza Sezione penale, con sentenza in
data 25.09.2012, in accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore Generale
annullava la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente all’omesso ordine di
demolizione delle opere abusive, osservando che la demolizione doveva essere
disposta in riferimento alla condanna per il reato di cui all’art. 44 lett. b) e ciò
anche nel caso di assoluzione dal reato di lottizzazione abusiva; annullava, altresì,
la sentenza della Corte territoriale, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello
di Genova, in riferimento al reato di cui all’art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001; la
Corte di legittimità rigettava i ricorsi degli imputati Gafà e Giallombardo.
4.

La Corte di Appello di Genova, con sentenza in data 01.07.2013,

decidendo in sede di rinvio, in parziale riforma della sentenza di condanna resa dal
Tribunale di Savona, sezione distaccata di Albenga, del 23.06.2006, dichiarava non
doversi procedere nei confronti degli imputati, in ordine al reato di cui all’art. 44,
lett. c), d.P.R. n. 380/2001, perché estinto per prescrizione. La Corte di Appello
riduceva quindi le pene e confermava nel resto.
La Corte di Appello, dopo aver richiamato i principi di diritto affermati dalla
Suprema Corte, in riferimento al reato di lottizzazione abusiva, evidenziava che il
percorso argomentativo svolto dalla Corte territoriale con la sentenza del 9.12.2010
– basato sulla decisione del TAR Liguria che in data 2.07.2009 aveva annullato la
delibera del Comune di Albenga di diniego della sanatoria – era stato ritenuto viziato
dalla Corte regolatrice. Ciò posto, la Corte distrettuale osservava che il tema
devoluto al giudice del rinvio consisteva nel verificare la natura della zona ove era
intervenuta l’edificazione abusiva dei tre complessi condominiali.
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reato di cui all’art. 44, lett. b) e c), d.P.R. n. 380/2001 per avere effettuato

3. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Genova ha proposto
ricorso per cassazione Giallombardo Roberto, a mezzo del difensore.
Dopo aver richiamato i principi afferenti ai limiti del giudizio di rinvio a
seguito di annullamento da parte della Suprema Corte ed essersi diffusamente
soffermato sui termini dì fatto della vicenda edificatoria in esame, come emersi
all’esito dell’istruttoria dibattimentale, con il primo motivo il ricorrente denuncia la
nullità della sentenza impugnata, per violazione del diritto alla prova e per
travisamento della prova, in riferimento alla ritenuta urbanizzazione solo parziale

della zona edificata. L’esponente rileva che il tema non era stato risolto dalla
sentenza di annullamento; e ritiene che la Corte territoriale, in sede di rinvio, abbia
erroneamente mutuato, sul punto di interesse, gli elementi di fatto dalla sentenza
dì primo grado. Al riguardo, il ricorrente richiama una foto aerea dell’area edificata,
dolendosi della mancata acquisizione di tale documento; si sofferma sul contenuto
delle acquisite prove dichiarative; e ritiene che i predetti elementi dimostrino che
l’area era, in realtà, da inserirsi a pieno titolo in zona omogenea “B” di
completamento. La parte si sofferma poi sulla questione relativa alla ritenuta
modifica della destinazione d’uso dei sottotetti, richiamando il contenuto delle
dichiarazioni rese dai testi esaminati. L’esponente rileva, inoltre, che nell’atto di
appello aveva pure confutato il contenuto dell’obbligazione assunta dalla impresa
costruttrice, rispetto alla realizzazione della rete fognaria ed altro, diversamente da
quanto affermato dalla Corte di merito. All’esito di tale disamina, la parte ritiene
che vi siano gli elementi per far prevalere l’assoluzione dal reato di lottizzazione,
rispetto alla declaratoria di non luogo a procedere per prescrizione. E ciò anche in
riferimento alla dedotta insussistenza dei presupposti per disporre la confisca dei
tre edifici.
Con il secondo motivo l’esponente denuncia la nullità della sentenza per
erronea applicazione della norma incriminatrice, alla luce del principio di diritto
sancito dalla sentenza di annullamento.
Il ricorrente rileva che la nuova valutazione che era stata demandata alla
Corte di merito, circa il reato di lottizzazione abusiva, imponeva al giudice del rinvio
di soffermarsi sulle censure in fatto che erano state mosse alla sentenza di primo
grado; ed osserva che la Corte di Appello, se avesse preso in esame le doglianze
che erano state dedotte in sede di gravame avverso la sentenza del Tribunale,
sarebbe giunta a constatare che la zona edificata era totalmente urbanizzata, così
da escludere la configurabilità del reato di lottizzazione abusiva. La parte ribadisce
che gli interventi relativi alle reti fognarie, idriche ed elettriche consistevano in
semplici opere di allacciamento ad impianti preesistenti; e che la realizzazione di
parcheggi sotterranei non costituisce elemento sintomatico di una carente
stabilizzazione urbanistica dell’area.
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A

Considerato in diritto
1. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
1.1 Soffermandosi sul primo motivo di ricorso, si osserva che lo stesso
risulta affidato a censure che si pongono ai limiti della inammissibilità.
Giova considerare che la Corte di Appello ha dichiarato il non luogo a
procedere nei confronti dell’imputato, dopo aver escluso la sussistenza delle
condizioni per una sentenza di assoluzione, stante l’intervenuta estinzione del reato
di cui al capo c), per il quale oggi si procede, per intervenuta prescrizione.

Cassazione hanno chiarito che il disposto di cui all’art. 129 cod. proc. pen. impone
di dichiarare la causa estintiva quando non risulti evidente che il fatto non sussiste,
che l’imputato non lo ha commesso, ecc., secondo il canone di economia
processuale che impongono la declaratoria della causa di proscioglimento quando la
prova della innocenza non risulti ictu ocu/i, salvo il caso in cui vi sia la presenza
della parte civile e di una condanna in primo grado che impone ai sensi dell’art. 578
cod. proc. pen. di pronunciarsi sulla azione civile; (Cass. Sez. U, sentenza n. 35490
del 28.5.2009, dep. 15.09.2009, Rv. 244273).
Con specifico riferimento al giudizio di cassazione, relativo a sentenza che ha
dichiarato la prescrizione del reato, la Corte regolatrice ha poi chiarito che non sono
rilevabili né nullità di ordine generale, né vizi di motivazione della decisione
impugnata, neppure se questa abbia pronunciato condanna agli effetti civili, qualora
il ricorso non contenga alcun riferimento ai capi concernenti gli interessi civili (Cass.
Sez. 6, Sentenza n. 23594 del 19/03/2013, dep. 30/05/2013, Rv. 256625).
Applicando i richiamati principi di diritto al caso di specie, per condivise
ragioni, deve allora considerarsi, con rilievo di ordine dirimente, che il ricorso in
esame davvero si pone ai limiti della inammissibilità.
Ed invero, il ricorrente propone una serie di censure che riguardano
l’apprezzamento del compendio probatorio da parte del giudice di merito, senza
tener conto del fatto che, a fronte di sentenza che ha dichiarato l’estinzione del
reato per intervenuta prescrizione, il proscioglimento può derivare solo
dall’evidenza dell’innocenza dell’imputato, così come richiesto dall’art. 129 comma 2
c.p.p., evidenza che i giudici d’appello hanno espressamente escluso. La Corte
territoriale, infatti, ha osservato che risultava impossibile pronunciare sentenza di
assoluzione, essendo risultate corrette tutte le valutazioni compiute dal primo
giudice, che aveva condannato l’imputato anche per il reato di lottizzazione
abusiva. E deve allora sottolinearsi che il ricorrente omette del tutto di confrontarsi
con la predetta evenienza, laddove il richiamato ambito applicativo dell’art. 129
comma 2 cod. proc. pen., risulta determinante, anche in riferimento all’orizzonte
del presente scrutinio di legittimità.
4

Deve allora considerarsi che le Sezioni Unite della Corte Suprema di

E’ poi appena il caso di osservare che la Corte di merito, nel giudizio di
rinvio, ha del tutto legittimamente proceduto all’apprezzamento del compendio
probatorio, in riferimento alla valutazione relativa alla eventuale sussistenza
dell’ipotesi di reato di cui all’artt. 44, lett. c), giungendo a conclusioni difformi da
quelle alle quali era pervenuta la Corte territoriale, con la sentenza oggetto di
annullamento.
Procedendo all’analisi della questione ora richiamata secondo i criteri di
ordine sostanziale indicati dalla Suprema Corte, il Collegio ha evidenziato che già le

consistenti opere pubbliche di urbanizzazione primaria e secondaria che l’impresa
costruttrice si era obbligata a realizzare, secondo la previsione della convenzione
urbanistica che aveva preceduto i permessi di costruire, conducevano a ritenere
sussistente il presupposto per la configurabilità del reato di lottizzazione abusiva.
Sul punto, la Corte di merito ha conclusivamente considerato che l’area edificata
aveva certamente natura non “satura” e che risultava integrato il reato di
lottizzazione abusiva. Esclusa, per le ragioni ora richiamate, la possibilità di
pronunciare sentenza assolutoria, la Corte di Appello ha quindi dichiarato
l’intervenuta estinzione del reato, essendo decorso il termine di prescrizione.
1.2 Per quanto concerne la disposta confisca dei terreni, a fronte di sentenza
di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato di lottizzazione
abusiva, giova rilevare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 49 del 2015,
riuniti i giudizi, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 44, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.
380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia Testo A), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e 117, primo comma,
della Costituzione, dalla Corte di cassazione, terza sezione penale; e del pari
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 44, comma 2, del
d.P.R. n. 380 del 2001, sollevata, in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost.,
dal Tribunale ordinario di Teramo, in composizione monocratica.
La Corte Costituzionale, nella sentenza in commento, ha in particolare
osservato che “nell’ordinamento giuridico italiano la sentenza che accerta la
prescrizione di un reato non denuncia alcuna incompatibilità logica o giuridica con
un pieno accertamento di responsabilità. Quest’ultimo, anzi, è doveroso qualora si
tratti di disporre una confisca urbanistica”.

Sul punto, il giudice delle leggi ha

precisato che “Decidere se l’accertamento vi sia stato, oppure no, è questione di
fatto, dalla cui risoluzione dipende la conformità della confísca rispetto alla CEDU
(oltre che al diritto nazionale). Ed è appunto questo compito, che istituzionalmente
le spetta in ultima istanza, che la Corte di Strasburgo ha assolto nel caso di specie,
concludendo per la violazione del diritto, dato che era mancato un congruo
accertamento di responsabilità. Né va tralasciato che il giudice europeo deve essere
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À,

messo nella condizione di valutare con cognizione la natura della sentenza
dichiarativa della prescrizione, affinché sia posto in luce il contenuto di
accertamento che essa può assumere (ed ha eventualmente assunto nel caso a
giudizio) ove il legislatore lo richieda quale condizione per applicare
contestualmente una sanzione amministrativa. Si tratta quindi non della forma della
pronuncia, ma della sostanza dell’accertamento. La stessa Corte di Strasburgo,
pronunciandosi in altra occasione sulla compatibilità con la presunzione di non
colpevolezza di una condanna alle spese adottata nonostante la prescrizione del

natura in rito della sentenza adottata dal giudice nazionale, senza invece valutare
come quest’ultimo avesse motivato in concreto (sentenza 25 marzo 1983, Minelli
contro Svizzera)”.
E bene, alla luce di tali autorevoli argomentazioni, deve rilevarsi che, nel
caso di specie, la confisca è stata disposta del tutto legittimamente, in conformità ai
canoni, già espressi dal diritto vivente sul tema della confiscabilità dei terreni
abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite, anche quando non si
pervenga alla condanna o alla irrogazione della pena (Cass. Sez. 3, Sentenza n.
39078 del 13/07/2009, dep. 08/10/2009, Rv. 245347). La Corte di Appello, infatti,
ha espressamente chiarito che era stata accertata la sussistenza del reato di
lottizzazione abusiva, in tutti i suoi elementi soggettivi ed oggettivi; e che la
pronuncia di prescrizione del reato, che si imponeva, stante il decorso del relativo
termine, non impediva di confermare la confisca dei terreni, ex art. 44, comma 2,
d.P.R. n. 380/2001.
2. Il secondo motivo di ricorso, con il quale viene denunciata la nullità della
sentenza per errata applicazione del principi di diritto sancito dalla Corte di
Cassazione nella sentenza di annullamento, è destituito di fondamento.
Come noto, in presenza di una causa di estinzione del reato, la sussistenza
di una nullità non è rilevabile nel giudizio di legittimità, giacché l’inevitabile rinvio al
giudice del merito è incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della
causa estintiva (Sez. un., 28 novembre 2001, n. 1021, Cremonese).
Per completezza argomentativa, si rileva poi che la dedotta la violazione
dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., in riferimento alla nuova valutazione
effettuata dalla Corte di Appello, rispetto al reato di lottizzazione abusiva, si risolve
in una doglianza sulla motivazione. Il ricorrente, infatti, censura la valutazione,
effettuata dalla Corte di merito, soffermandosi sui termini di fatto della vicenda,
relativi, in particolare, allo stato di urbanizzazione dell’area interessata
dall’intervento edilizio. Non può allora che ribadirsi che, in presenza di una causa di
estinzione del reato, non è rilevabile il vizio motivazionale in sede di legittimità, dal
momento che il rinvio, da un lato, determinerebbe comunque per il giudice l’obbligo
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reato, ha infatti escluso di poter decidere la controversia sulla base della sola

di dichiarare immediatamente la prescrizione, dall’altro, sarebbe incompatibile con
l’obbligo dell’immediata declaratoria di proscioglimento.
In conclusione, le critiche relative alla ritenuta sussistenza del reato di cui
capo c), non dimostrano affatto che la Corte distrettuale avrebbe dovuto
prosciogliere nel merito l’imputato, ma si limitano a proporre censure che
prescindono dalla prospettiva imposta dall’art. 129 comma 2 cod. proc. pen.
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 23 giugno 2015.

delle spese processuali.

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