Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31238 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 31238 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Aghayere Silva n. il 24/8/1977
avverso la sentenza n. 6272/2014 pronunciata dalla Corte d’appello di
Napoli il 8/10/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 9/6/2015 la relazione fatta dal Cons. dott.
Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M. Galli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per l’imputato, l’avv.to G. Alviano del foro di Roma che ha concluso per l’accoglimento del relativo ricorso.

Data Udienza: 09/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 1/10/2014, la corte d’appello di Napoli – pur
ridimensionando il trattamento sanzionatorio inflitto all’imputata per effetto della
sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014 (stabilendolo in tre anni di
reclusione ed euro 8.000,00 di multa) – ha confermato la condanna pronunciata
in data 3/12/2013 dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere a carico di Silva
Aghayere, in relazione al reato di detenzione a fini di spaccio e spaccio di

2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputata, dolendosi della violazione di legge in cui
sarebbe incorsa la corte territoriale nell’omettere di rilevare la nullità degli atti
processuali a seguito della mancata traduzione nella lingua dell’imputata dell’atto
di citazione in giudizio.
Sotto altro profilo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per
violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte territoriale
erroneamente negato la qualificazione dell’illecito ascritto alla Aghayere quale
fatto di lieve entità, ai sensi dell’art. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la
nullità derivante dall’omessa traduzione del decreto di citazione a giudizio per
l’imputato alloglotta che non comprenda l’italiano è di ordine generale a regime
intermedio e deve, pertanto, ritenersi sanata qualora non sia stata
tempestivamente eccepita (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 14174 del 28/10/2005, Rv.
233948).
Nel caso di specie, la nullità in esame risulta esser stata proposta per la
prima volta in questa sede di legittimità, non emergendo dagli atti l’avvenuto
rilievo del vizio de quo, da parte dell’imputata, alla comunicazione dell’atto, né
dal suo difensore durante il giudizio; premessa da cui discende l’accertamento
dell’avvenuta sanatoria di detta nullità.

4. Quanto al contestato diniego dell’ipotesi della lieve entità del fatto, ai
sensi dell’art. 73, co. 5, cit., rileva il collegio come le censure dell’odierno
ricorrente debbano ritenersi manifestamente infondate.
Sul punto, è appena il caso di rammentare come questa Corte abbia più
volte ribadito come l’ipotesi del fatto di lieve entità debba essere individuata in
base a un’operazione interpretativa che consenta di rapportare in modo razionale

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sostanze stupefacenti (marijuana), commesso in Villa Literno, il 19/6/2013.

la pena al fatto, tenendo conto del criterio di ragionevolezza derivante dall’art. 3
Cost., che impone – tanto al legislatore quanto all’interprete – la proporzione tra
la quantità e la qualità della pena e l’offensività del fatto (cfr. Sez. 6, Sentenza
n. 4194 del 08/03/1995, Rv. 200797).
Nel caso di specie, il giudice di merito, con congrua motivazione, ha
evidenziato l’impossibilità di ricondurre il fatto all’ipotesi di cui all’art. 73, co. 5,
cit., in ragione delle modalità di commissione del fatto espressive di stabilità
organizzativa e di abitualità nella condotta criminosa, come tali dimostrative di
una “non certo minima intrinseca gravità della condotta”rtee
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‘La valutazione della corte istrettuale deve titene si egente da censure,
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atteso che, in forza del costante orientamento di questa Corte regolatrice, va
ribadito come l’ipotesi del fatto di lieve entità (ex art. 73, co. 5, cit.) possa
essere riconosciuta solo in caso di minima offensività penale della condotta,
deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri
richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la
conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla
legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri (Cass. Sez. Un. 21-92000, n. 17).
In forza di tali insegnamenti, il giudice del merito, a fronte degli indici di
fatto espressamente richiamati, ha coerentemente e congruamente ritenuto
superate le soglie legislativamente previste per ritenere il fatto di minima
offensività.

5. Sulla base di tali premesse, rilevata l’infondatezza delle censure sollevate
dall’odierna ricorrente, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso con la
conseguente condanna della Aghayere al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente
al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9/6/2015.

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