Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31228 del 28/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 31228 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Giosuè Migliore n. il 7/6/1975
avverso la sentenza n. 379/2014 pronunciata dalla Corte d’appello di
Brescia il 16/4/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 28/5/2015 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. G. Mazzotta, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 28/05/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 16/4/2014, la Corte d’appello di Brescia,
giudicando in sede di rinvio a seguito della sentenza di annullamento della Corte
di cassazione emessa in data 11/11/2013, ha determinato in tre mesi e dieci
giorni di reclusione ed euro 350,00 di multa la pena a carico di Giosuè Migliore,
in relazione ai reati di omesso versamento, in qualità di datore di lavoro, delle
ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzione dei propri dipendenti; reati
commessi dal febbraio al luglio del 2006 e già definitivamente accertati a suo

punto non annullata in sede di legittimità.

2. Avverso la pronuncia del giudice del rinvio, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione il Migliore, dolendosi della violazione di legge
e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale per aver
erroneamente omesso di rilevare l’avvenuta depenalizzazione delle condotte
contestate a carico dell’imputato, con la conseguente rimessione degli atti
all’autorità

amministrativa

competente

per

la

determinazione

della

corrispondente sanzione.
Sotto altro profilo, il ricorrente ha contestato l’avvenuta rideterminazione
della pena a proprio carico da parte del giudice del rinvio, in relazione ai periodi
sopravvissuti all’incidenza della prescrizione: rideterminazione avvenuta in
misura sproporzionata, rispetto alla concreta entità dei fatti, e, in ogni caso, più
penalizzante rispetto ai criteri fatti propri dai precedenti giudici del merito.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Dev’essere preliminarmente rilevata l’infondatezza della prospettazione
sostenuta dal ricorrente circa l’avvenuta depenalizzazione delle condotte
contestate a carico dell’imputato, atteso che con la legge n. 67/2014 il
legislatore si è limitato a delegare il governo a prevedere la depenalizzazione del
reato in questa sede ascritte al Migliore, con la conseguente inoperatività di
alcun meccanismo di depenalizzazione fino all’eventuale adozione, da parte
dell’autorità governativa, dei provvedimenti ad esso delegati, ad oggi non ancora
in vigore.

4. Quanto alle doglianze avanzate dall’imputato circa l’asserita reformatio in
peius in ordine al trattamento sanzionatorio allo stesso inflitto, osserva il collegio
come il giudice del rinvio – lungi dall’inasprire i criteri di determinazione della
pena già seguiti nei precedenti gradi o fasi di giudizio (circostanza, peraltro,
neppure argomentata in termini concreti dal ricorrente, attraverso l’esplicitazione

2

carico a seguito della sentenza della Corte d’appello di Brescia del 30/4/2013, sul


dei termini della comparazione) – si è correttamente limitato a individuare, nella
condotta tenuta dall’imputato nel mese di maggio 2006, quella caratterizzata da
maggiore gravità, determinando la pena complessiva in tre mesi e 10 giorni di
reclusione, oltre che nella multa di euro 350,00, in relazione a una pluralità di
condotte in continuazione tra loro, a fronte di un quadro edittale che, in relazione
al reato de quo, prevede la pena della reclusione fino a un massimo di tre anni,
oltre la multa.
Sul punto, varrà richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza

minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice
di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato globalmente gli
elementi indicati nell’art. 133 c.p., non essendo neppure necessaria una specifica
motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulti contenuta (come nel
caso di specie) in una fascia medio-bassa rispetto alla pena edittale (cfr., ex
plurimis, Sez. 4, Sentenza n. 41702 del 20/09/2004, Rv. 230278).

5. All’accertamento dell’infondatezza dei motivi d’impugnazione segue il
rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28/5/2015.

di legittimità, ai sensi del quale la determinazione della misura della pena tra il

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