Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31218 del 13/07/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31218 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRETTO MASSIMILIANO N. IL 16/01/1965
avverso l’ordinanza n. 104/2014 GIP TRIBUNALE di PADOVA, del
04/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;
lette/sepite le conclusioni del PG Dott. frt,044-cmc o FLAA, i.tcoi

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Uditi difensor Avv.;

12, L cLto

Data Udienza: 13/07/2015

-

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 04/06/2014 il G.I.P. del Tribunale di Padova,
quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza formulata nell’interesse di
Massimiliano Ferretto, ai sensi degli artt. 666 e 673 cod. proc. pen., con cui
quale si chiedeva la rideterminazione della pena originariamente inflitta
all’esecutato con la sentenza emessa dallo stesso organo giurisdizionale il
15/01/2014, divenuta irrevocabile il 10/02/2014, quantificata in anni due e mesi

Si riteneva, infatti, che la pena irrogata rientrava nella pena edittale
prevista dalla norma dell’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, attualmente
in vigore, così come riconfigurata dalla sentenza della Corte costituzionale 11
febbraio 2014, n. 32, rispetto ai cui parametri doveva esprimersi un giudizio di
congruità dosimetrica, tenuto conto della gravità della condotta delittuosa,
desumibile dall’elevata quantità del principio attivo dello stupefacente
sequestrato e del numero elevatissimo delle dosi ricavabili.
Tali ragioni imponevano il rigetto dell’istanza.
– 9 C.01 Aia-V\ W Oa°

L Avverso tale ordinanza Itzsz:rectir ricorreva per cassazione, a mezzo
dell’avv. Mauro Zenatto, deducendo la nullità dell’ordinanza impugnata per
violazione ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del
1990.
Si deduceva, in particolare, che il giudice dell’esecuzione non doveva
necessariamente rideterminare la pena sulla base degli attuali parametri edittali,
ma doveva comunque applicare un criterio di proporzionalità della sanzione
irrogata al Ferretto, tenendo conto del fatto che, pur non potendo entrare nel
merito della vicenda processuale, non poteva non tenere conto delle modifiche
radicali intervenute sulla normativa di riferimento.
In questi termini, la sanzione irrogata al Ferretto doveva ritenersi
illegittima, atteso che la pena base veniva calcolata tenendo conto di parametri
edittali che non si sarebbero dovuti applicare laddove fossero stati rispettati dal
legislatore i principi costituzionali risultati violati con la sentenza della Corte
costituzionale n. 32 del 2014.
Per queste ragioni, l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione doveva
essere annullata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

otto di reclusione e 11.750,00 euro di multa.

1. In via preliminare, deve rilevarsi che l’istanza proposta nell’interesse di
Massimiliano Ferretto pone il problema della disciplina applicabile nelle ipotesi in
cui si procede per il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, dopo la
sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, con cui veniva dichiarata
l’incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vides del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272,
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Com’è noto, questa pronunzia della Corte costituzionale aveva eliminato con

lo spaccio delle cosiddette droghe leggere, ripristinando il più mite trattamento
sanzionatorio previgente. ro \PQ90Sulle conseguenze applicative

tu-kr –A ex-grítu,1-4\1: e29…… — si qleterminava un

contrasto giurisprudenziale in seno a questa Corte che imponeva l’intervento
delle Sezioni unite (cfr. Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260700).
La questione che era stata demandata alle Sezioni unite, originariamente,
scaturiva dall’interpretazione della sentenza della Corte costituzionale 5
novembre 2012, n. 251, con cui era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 69 cod. pen., nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza
dell’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990.
Tuttavia, in tale ambito, compulsate sulle conseguenze derivanti dal suddetto
intervento della Corte costituzionale in sede esecutiva, le Sezioni unite si
pronunciavano anche sulle conseguenze della sentenza n. 32 del 2014, nel
frattempo sopravvenuta, affermando i principi di diritto, qui di seguito,
sinteticamente richiamati

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Le Sezioni unite, innanzitutto, sulle conseguenze sistematiche prodotte dall
e.A&A, ox.AAA..ovrolsentenzVella Corte costituzionale re–52-ffél-2012 a ermavano che, in questo
caso, l’esecuzione della pena deve ritenersi illegittima sia sotto il profilo
oggettivo, in quanto derivante dall’applicazione di una norma di diritto penale
sostanziale dichiarata incostituzionale dopo il passaggio in giudicato della
sentenza, sia sotto il profilo soggettivo, in quanto, almeno per una parte, non
può essere positivamente finalizzata alla rieducazione del condannato imposta
dall’art. 27, comma 3, Cost. Infatti, l’illegittimità della pena irrogata costituisce
un ostacolo al perseguimento di tali obiettivi rieducativi, perché viene avvertita
come ingiusta da chi la sta subendo, per essere stata non già determinata dal
giudice nell’esercizio dei suoi legittimi poteri giurisdizionali, ma imposta da un
legislatore che ha violato la costituzione (cfr. Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014,
Gatto, cit.).
Sulla scorta di questa ricostruzione sistematica, qui succintamente
richiamata, le Sezioni unite affermavano il seguente principio di diritto:

efficacia ex tunc la disciplina che aveva introdotto un trattamento più severo per

«Successivamente a una sentenza irrevocabile di condanna, la dichiarazione
d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa dalla norma
incriminatrice, idonea a mitigare il trattamento sanzionatorio, comporta la
rideterminazione della pena, che non sia stata interamente espiata, da parte del
giudice dell’esecuzione» (cfr. Sez. un., n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, cit.).

2. A questo intervento chiarificatore ne seguiva un secondo, che riguardava
le ipotesi in cui si discuteva dell’esecutività di una sentenza intervenuta su

assimilabili a quella che si sta considerando in questa sede processuale (cfr. Sez.
U, n. 42858 del 12/01/2015, Marcon, informazione provvisoria).
In presenza di tali condizioni processuali, occorreva tenere conto dei
parametri ermeneutici affermati nel recente arresto delle Sezioni unite, le quali
intervenivano sulla questione, proposta dalla Sezione penale terza, con
ordinanza di rimessione adottata il 18/03/2014, nei seguenti termini: «Se la
pena applicata su richiesta delle parti per delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. n.
309 del 1990 in relazione alle droghe c.d. leggere, con pronuncia divenuta
irrevocabile prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 debba
essere necessariamente rideterminata in sede di esecuzione».
Si tratta di condizioni processuali che sono certamente ricorrenti nel caso di
specie, tenuto conto del fatto che veniva applicata al Ferretto la pena di anni due
e mesi otto di reclusione e 11.750,00 euro di multa. Le parti, infatti, tenevano
conto di una cornice edittale che prevedeva la pena della reclusione tra sei e
venti anni di reclusione e della multa tra 26.000,00 euro e 260.000,00 euro. (cfr.
Sez. un., 12/01/2015, P.M. in proc. Marcon, cit.).
A tale questione ermeneutica le Sezioni unite fornivano una risposta
SolUZIMEDO positiva, precisando che, in questi casi, la pena deve essere
rideterminata attraverso una vera e propria rinegoziazione dell’accordo
precedentemente intervenuto, che dovrà essere ratificato dal giudice
dell’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione, dunque, viene coinvolto nella
decisione della questione attraverso l’incidente di esecuzione attivato dal
condannato ovvero dal pubblico ministero e in caso di mancato accordo – ovvero
di esito negativo della rinegoziazione effettuata tra le parti – provvederà alla
rideternninazione della pena in base ai criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen.
(cfr. Sez. un., 12/01/2015, Marcon, cit.).
In questa direzione, del resto, non può non rilevarsi che posto che
l’operazione di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen. è il frutto di una scelta che il
giudice della cognizione compie, attraverso una discrezionalità guidata, in un
ambito edittale predefinito, è evidente che il mutamento radicale della cornice
4

concorde richiesta delle parti processuale ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.,


derivante dalla declaratoria di incostituzionalità rende necessaria in sede
esecutiva – anche attesa la tipologia di sostanza stupefacente per la quale era
stata concordata la pena applicata al Ferretto – una rivalutazione di tale profilo
sanzionatorio, conformemente al seguente principio di diritto: «Per effetto delle
sentenze della Corte costituzionale nn. 251 del 2012 e 32 del 2014, il giudice
dell’esecuzione, ove il trattamento sanzionatorio non sia stato ancora
interamente eseguito, deve rideterminare la pena in favore del condannato pur
se il provvedimento “correttivo” da adottare non è a contenuto predeterminato,

fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di cognizione in applicazione di
norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali» (cfr. Sez. 1, n. 53019 del
04/12/2014, Schettino, Rv. 261581).
Ne discende conclusivamente che,
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Per queste ragioni processual l’ordinanza impugnata deve essere

annullata, con rinvio al G.I.P. del Tribunale di Padova per un nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.I.P. del Tribunale di
Padova.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 luglio 2015.

potendo egli avvalersi di penetranti poteri di accertamento e di valutazione,

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