Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31217 del 13/07/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31217 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NARDINO MATTEO NAZARIO N. IL 16/12/1991
(Q .1Q,c,e0

avverso~ n. 116/2014 TRIBUNALE di FOGGIA, del
08/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
lette/sMittre le conclusioni del PG Dott.

5 S 1/4r

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 13/07/2015

Ritenuto in fatto.
1.L’8 maggio 2014 il Tribunale di Foggia, in funzione di giudice
dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza avanzata da Nardino Matteo
Nazario volta ad ottenere la rideterminazione delle pena inflitta con sentenza
emessa il 16 febbraio 20123 dalla medesima Autorità giudiziaria (irrevocabile il 7
novembre 2012) ai sensi dell’art. 444 c.p.p. a seguito della sentenza della Corte
Costituzionale n. 32 del 2014.

della pena, pure alla luce della declaratoria d’incostituzionalità.
2.Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Nardino, il quale lamenta violazione di legge e vizio della
motivazione alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 che
ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter della legge
21 febbraio 2006, n. 49, con conseguente ripristino della previgente disciplina di
cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

Osserva in diritto.
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate.
1.1a dichiarazione di inammissibilità, ai sensi dell’art. 666, comma 2, c.p.p., è
ammessa soltanto quando la richiesta sia identica, per oggetto e per elementi
giustificativi, ad altra già rigettata o risulti manifestamente infondata per
l’inesistenza dei presupposti minimi di legge. La valutazione di manifesta
infondatezza non deve implicare alcun giudizio di merito e alcun apprezzamento
discrezionale (Sez. 1, n. 5265 del 4 dicembre 2001; Sez. 1, n. 277 del 13 gennaio
2000; Sez. 1, n. 5642 del 30 ottobre 1996).
Dai precedenti rilievi si evince che nel caso in esame il provvedimento di
inammissibilità è stato emesso in violazione della disposizione di cui all’art. 666,
comma 2, c.p.p., per le ragioni di seguito precisate.
2. L’esecuzione della pena implica l’esistenza di un rapporto esecutivo che nasce
dal giudicato e si esaurisce soltanto con la consumazione o l’estinzione della pena.
Fino a quanto l’esecuzione della pena è in atto, quindi, il rapporto esecutivo non
può ritenersi esaurito e gli effetti della norma dichiarata costituzionalmente
illegittima sono ancora perduranti e debbono essere rimossi dal giudice
dell’esecuzione cui è affidato il compito di decidere con efficacia giurisdizionale su
1

Il giudice osservava che il giudicato costituiva un limite alla rideterminazione

ogni questione inerente al rapporto esecutivo (Sez. U., n. 4687 del 20 dicembre
2005).
3.La declaratoria d’illegittimità costituzionale di una norma inficia fin
dall’origine la disposizione impugnata, affetta da un’invalidità originaria, determina
la cessazione di efficacia della norma che ne è oggetto e fa sorgere l’obbligo per il
giudice davanti al quale viene invocata la norma di legge dichiarata illegittima di
non applicarla, salvo che si versi in un caso di rapporto esaurito in modo definitivo

58 del 1967 e n. 49 del 1970). In altri termini, la declaratoria d’incostituzionalità di
una norma ha efficacia invalidante e non abrogativa (Sez. U., n. 7232 del 7 luglio
1984) e si proietta sugli effetti ancora in corso di rapporti giuridici pregressi, già
disciplinati dalla norma dichiarata incostituzionale che, in quanto geneticamente
invalida, viene definitivamente espunta dall’ordinamento.
4.Tali principi, validi per tutti gli ambiti dell’ordinamento, hanno in campo
penale una portata ben maggiore in forza del disposto dell’art. 30, comma quarto,
della legge n. 87 del 1953 che, in attuazione del principio dettato dall’art. 25,
secondo comma della Costituzione, dispone che, <>. Il suddetto art. 30
della 1. n. 87 del 1953 si riferisce alle sole norme sostanziali, per tali dovendosi
intendere quelle che correlano la previsione di una sanzione ad uno specifico
comportamento e che stabiliscono una differenza di pena in conseguenza di una
determinata condotta.
Come recentemente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 22166
del 29 maggio 2014), all’operatività dell’art. 30 della 1. n. 87 del 1953 non è di
ostacolo il giudicato, atteso che tutto l’ordinamento è decisamente orientato a non
tenerne conto ogniqualvolta il giudicato comporti il sacrificio del buon diritto del
cittadino (Corte Cost., sent. n. 115 del 1987, n. 267 del 1987; Sez. U., n. 18821 del
24 ottobre 2013). Ne consegue che la conformità della pena a legalità in fase
esecutiva in relazione a rapporti non ancora esauriti deve ritenersi costantemente
sub iudice, non essendo tollerabile che uno Stato di diritto assista inerte

all’esecuzione di pene non conformi alla Carta fondamentale (Corte Cost. sent. n.
210 del 2013).

2

e irrevocabile e non più suscettibile di alcuna azione o rimedio (Corte Cost., sent. n.

I suddetti principi di diritto hanno una valenza generale e comprendono l’ipotesi,
come quella in esame, in cui, per effetto della declaratoria d’illegittimità
costituzionale di una norma penale sostanziale, sia in atto l’esecuzione di una pena
“illegittima”. Rispetto a questa situazioni non può, quindi, essere invocato
l’avvenuto esaurimento del rapporto.
5.In coerente applicazione di questi principi le Sezioni Unite di questa Corte

sentenza n. 32 del 2014

h avuto com. è stato quello di “riespandere” per i fatti

commessi dal 28 febbraio 2006 al 6 marzo 2014 la previgente disciplina
incriminatrice e le correlate diverse sanzioni (fermo restando che per l’ipotesi di
fatti di lieve entità il limite temporale finale va anticipato al 23 dicembre 2013,
essendo il giorno seguente entrata in vigore diversa e autonoma disciplina
normativa introdotta dal decreto 1. n. 146 del 2013). Qualora, pertanto, il soggetto
destinatario dell’esecuzione sia stato condannato per un fatto rientrante in detto
intervallo temporale, la comparazione tra le fasce edittali previste dalla normativa
dichiarata incostituzionale e quelle previgenti (e riattivatesi per effetto della
pronunzia di incostituzionalità) porta a ritenere in ogni caso “illegale” il trattamento
sanzionatorio inflitto in ipotesi di condotta illecita concernente le droghe cd.
leggere (ossia le sostanze rientranti nelle tabelle 2 e 4 allegate al d.P.R. n. 309 del
1990) posto che in relazione a tali sostanze l’intervento normativo dichiarato
illegittimo aveva comportato (a differenza di quanto previsto per le altre sostanze)
un massiccio incremento dei limiti edittali della sanzione detentiva.
6.La pena irrogata sulla base della normativa dichiarata incostituzionale con la
sentenza n. 32 del 2014 deve essere rideterminata anche nel caso in cui la stessa
rientri nella nuova cornice applicabile (Sez. U., 26 febbraio 2015, Jazouli).
7.Nel caso in cui la pena sia stata applicata ai sensi dell’art. 444 c.p.p. la pena
deve essere rideterminata attraverso la “rinegoziazione” dell’accordo fra le parti,
ratificato dal giudice dell’esecuzione, che viene interessato attraverso l’incidente di
esecuzione attivato dal condannato 8° dal Pubblico Ministero). In caso di mancato
accordo, il giudice dell’esecuzione provvede alla rideterminazione della pena in
base ai criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p. (Sez. U., 26 febbraio 2015, Marcon).
8.In base alle considerazioni sinora svolte, il provvedimento impugnato deve
essere annullato senza rinvio con conseguente trasmissione degli atti al gup del
Tribunale di Trento.
3

hanno affermato che l’effetto della pronunzia di incostituzionalità di cui alla

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione
degli atti al Tribunale di Foggia.
Così deciso, in Roma, il 13 luglio 2015

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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