Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31213 del 24/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31213 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI MARTINO ANTONIO N. IL 10/12/1969
avverso l’ordinanza n. 131/2014 TRIB. LIBERTA’ di FOGGIA, del
29/09/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. I”(
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Data Udienza: 24/03/2015

IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ordinanza emessa in data 29 settembre 2014 il Tribunale di Foggia costituito ai sensi dell’art. 324 cod.proc.pen. – ha confermato il decreto di
sequestro a fini di prova relativo a materiale balistico nel procedimento iscritto a
carico di Di Martino Antonio per il reato di cui all’art. 679 cod.pen. (omessa
denunzia di materiale esplodente) .
In fatto, il sequestro ha ad oggetto n. 77.500 cartucce a pallini per fucile da
caccia, rinvenute nella disponibilità dell’indagato in un locale diverso da quello in

Ad avviso del Tribunale la quantità rinvenuta eccede il limite della autorizzazione
prefettizia ricollegabile alla licenza di vendita (pari a 45.000 cartucce) e pertanto
vi è necessità di mantenimento del vincolo del sequestro, anche al fine di
consentire le ulteriori verifiche di tipo tecnico sul materiale sequestrato.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione (con successiva
ampia memoria) Di Martino Antonio, a mezzo del difensore.
2.1 Nel ricorso si realizza un’ampia ricostruzione dei fatti che hanno determinato
il sequestro delle munizioni.
In sintesi, il ricorrente muove dalla ricostruzione del contenuto della licenza
prefettizia per la minuta vendita di prodotti esplosivi, da cui si evince che è
consentita la detenzione :
A) nel locale di accesso al pubblico di kg. 25 di polvere senza fumo per ricarica di
cartucce da caccia in barattori originali chiusi e di kg. 75 di polveri da lancio
sotto forma di cartucce cariche da caccia;
B) nel vano deposito di kg. 10 di prodotti attivi contenuti in manufatti della IV
categoria e di kg. 10 di prodotti attivi contenuti in manufatti classificati della V
categoria gruppo C o assimilabili.
In rapporto a tale autorizzazione, applicando il principio di equivalenza (per cui
ogni kg netto di polvere sfusa può essere sostituito con 2 kg. netti di polvere da
lancio in cartucce cariche) il ricorrente sostiene la possibilità di detenere, in base
alla licenza, un quantitativo di cartucce (103.600) superiore a quelle cadute in
sequestro (75.000).
In rapporto all’obbligo di denunzia il ricorrente evidenzia che la temporanea
custodia delle munizioni in un locale diverso – di proprietà dello stesso indagato era dovuta alla ricorrenza di un impedimento fisico che aveva determinato
l’impossibilità della allocazione corretta delle confezioni all’interno dei locali
destinati alla vendita.

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cui il Di Martino risulta abilitato alla vendita di munizioni.

Si evidenzia inoltre che in rapporto alla attività esercitata non vi è obbligo di
denunzia ma esclusivamente quello di compilare il registro delle operazioni
giornaliere (carico e scarico) con cadenza mensile, non ancora venuta in essere
essendo stato realizzato il sequestro in data 26 luglio 2014.
Si contesta espressamente il contenuto della nota trasmessa il 26 agosto 2014
dal Commissariato di Cerignola in cui si indica – tra l’altro – in 45.000 circa il
numero delle cartucce cariche da caccia che potevano essere detenute.
2.2 In riferimento a tali prospettazioni, che erano state portate alla attenzione

ricorso:
– violazione ed erronea applicazione della legge penale, in virtù dei contenuti
della licenza prefettizia, che abilitava l’indagato alla detenzione di un quantitativo
di cartucce superiore a quello caduto in sequestro, secondo le deduzioni
contenute nella istanza di riesame;

erroneità in diritto del riferimento contenuto nel provvedimento alla

disposizione contenuta nell’art. 26 della legge n. 110 del 1975, dato che il divieto
previsto da tale norma non trova applicazione per i titolari di licenza commerciale
di armeria;
– erronea importazione nel provvedimento del riesame del limite delle 45.000
cartucce contenuto nella nota del commissariato di p.s. di Cerígnola >/del 26
agosto 2014.
2.3 In data 12.2.2015 è stata depositata dal ricorrente ulteriore memoria a
sostegno dei motivi proposti. In tale atto si ribadisce l’esattezza del calcolo di
equivalenza compiuto dal ricorrente e si allega consulenza di parte tesa a
rappresentare che sulla base della vigente normativa di settore il Di Martino
poteva «effettuare le sostituzioni ritenute utili alla realtà del mercato locale o
stagionale» incrementando la detenzione per la vendita di una tipologìa di
prodotto nei limiti della equivalenza tecnica.

3. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato, per le ragioni che seguono.
3.1 In premessa, trattandosi di ricorso avverso un provvedimento in tema di
sequestro ai sensi dell’art. 325 cod.proc.pen., appare utile ricordare che detta
norma al comma 1 limita l’ambito dei motivi proponibili alla sola violazione di
legge. Da tale assetto normativo, per costante orientamento di questa Corte,
deriva che è sindacabile in sede di legittimità la sola «mancanza» del percorso
giustificativo della decisione, nel senso di redazione di un testo del tutto privo dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità (motivazione apparente) o di
un testo del tutto inidoneo a far comprendere l’itinerario logico seguito dal
giudice (tra le altre, Sez. I 26.2.2009, rv 242887).
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del Tribunale di Foggia nell’istanza di riesame, si articolano i seguenti motivi di

Nel caso in esame le doglianze, invero articolate, tendono a concentrarsi
essenzialmente su profili di rielaborazione del fatto o comunque su temi che
appaiono riservati al giudizio di merito, in contrasto con la suddetta limitazione e
con i profili ontologici del giudizio di legittimità.
Inoltre, versandosi in ipotesi di sequestro a fini di prova, è evidente che la
valutazione espressa dal Tribunale ai sensi dell’art. 324 cod.proc.pen. è legittima
nella misura in cui emerga dagli atti la ricorrenza della ipotesi di reato contestata
(limitata al fumus) e la congruità del vincolo imposto in rapporto alle esigenze di

3.2 Ciò posto, le considerazioni espresse nel ricorso non possiedono una forza
esplicativa tale da neutralizzare la portata conoscitiva ‘a carico’ degli elementi su
cui si fonda la decisione impugnata, nei limiti delle valutazioni in diritto che
possono esprimersi nella presente sede.
Se è vero, infatti, che risulta erroneo il riferimento – pur contenuto nell’ordinanza
impugnata – al limite di detenzione di 1000 cartucce a pallini per fucile di caccia
di cui all’art. 26 della legge n.110 del 1975, posto che tale norma dirige il
precetto ai soggetti possessori di armi regolarmente denunziate e non a quelli
abilitati alla vendita, resta valido il fondamento conoscitivo e giuridico posto a
base della impugnata ordinanza.
Ciò che rileva, infatti, è la riscontrata difformità – sotto più aspetti – tra il
contenuto del titolo abilitativo e la situazione di fatto della detenzione di 75.000
cartucce in luogo diverso da quello indicato nel decreto prefettizio.
Il numero delle cartucce infatti è risultato macroscopicamente superiore a quelle
espressamente assentite (45.000) e la prospettazione di ‘conversione per
equivalenza’ con gli altri materiali similari non è accoglibile sul piano logico.
Ciò perchè in tale ipotesi l’attuale ricorrente avrebbe dovuto fornire
dimostrazione – già in sede di merito – non della ‘astratta possibilità’ di tale
conversione ma del suo concreto avverarsi nella specifica situazione di fatto.
In altre parole l’opzione di accrescimento di uno dei materiali comporta – in ogni
caso e per logica comune – la verifica della concreta rinunzia a detenere i
materiali similari (con totale assenza nel luogo di vendita dei corrispondenti
prodotti) fatto che non è stato nemmeno allegato dal Di Martino.
In assenza di tale dimostrazione e in assenza di annotazioni – da ritenersi
obbligatorie – circa il munizionamento in entrata (circa il rilievo della previsione
di cui all’art. 5 legge 110 del 1975 per le operazioni di acquisto si veda Sez. I n.
19792 del 3.5.2006, rv 234178) l’opzione difensiva risulta non sostenibile e non
ridimensiona la illegalità della detenzione del materiale, peraltro esistente anche
in rapporto al diverso luogo di allocazione (rispetto alla previsione della licenza)
dell’imponente munizionamento.
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ulteriore verifica investigativa.

Pertanto, pur dovendosi rettificare il contenuto del provvedimento impugnato con esclusione del riferimento operato alla previsione di legge di cui all’art. 26
legge n.110 del 1975 – resta il rilievo, a fini di inquadramento del fatto nella
fattispecie oggetto di contestazione provvisoria, sufficiente al mantenimento del
vincolo, delle circostanze di fatto evidenziate nella motivazione del
provvedimento medesimo.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24 marzo 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

spese processuali.

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