Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31211 del 24/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31211 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SPAMPANATO GERLANDO N. IL 10/09/1970
avverso l’ordinanza n. 55/2014 TRIBUNALE di AGRIGENTO, del
07/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. o ic40.e. Glizot‘a>t
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U.AM-0

Uditi difensor Avv.;

c’t

c-e-4 Lot-Q-Yri),

Data Udienza: 24/03/2015

IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ordinanza emessa in data 7 maggio 2014 il Tribunale di Agrigento – quale
giudice della esecuzione – ha respinto l’istanza proposta ai sensi dell’art. 671
cod.proc.pen. da Spampanato Gerlando tesa ad ottenere il riconoscimento della
continuazione tra i fatti oggetto di giudizio in più decisioni irrevocabili.
Premesso che trattasi di molteplici episodi, commessi in un lungo arco
temporale, il Tribunale osserva che non vi è prova di una previa deliberazione
unitaria, emergendo piuttosto una autonoma e rinnovata deliberazione

reperire risorse da destinare all’acquisto di sostanze stupefacenti.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione – con
personale sottoscrizione – Spampanato Gerlando.
Nel ricorso si rappresenta che le 26 violazioni di legge sono in realtà frutto della
dipendenza da sostanze stupefacenti e tale dato non sarebbe stato
congruamente valutato.

3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi
addotti.
Va premesso che, in via generale, nella applicazione della disciplina del
reato continuato ai sensi dell’art. 81 comma 2 cod. pen. è necessario che il
giudice di merito – attraverso un approfondito esame delle modalità di
realizzazione delle diverse violazioni commesse – individui precisi indici rivelatori
tali da sostenere la conclusione, cui eventualmente perviene, della sostanziale
unicità del disegno criminoso. Per tale va intesa la rappresentazione unitaria sin
dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee
essenziali – da parte del soggetto agente, sì da potersi escludere una successione
di autonome risoluzioni criminose ed in tal modo giustificandosi la valutazione di
ridotta pericolosità sociale che giustifica il trattamento sanzionatorio più mite
rispetto al cumulo materiale (ex multis Sez. I n. 40123 del 22.10.2010, rv
248862) . Ciò perchè la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non
integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che
abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato
(Sez. 2, Sentenza n. 40123 del 22/10/2010 rv. 248862). Nel caso in esame la
valutazione operata non appare inficiata da evidenti vizi logici, dato che l’ampio
intervallo temporale complessivo risulta significativo della mancanza di una
concreta ideazione unitaria delle diverse violazioni.

criminosa, motivata – quanto agli episodi più recenti – anche alla necessità di

In tal senso l’ordinanza rappresenta una adeguata elaborazione di profili in
fatto, non sindacabile nella presente sede di legittimità.
Va inoltre ricordato che in tema di reato continuato, l’art. 671, comma
primo, come modificato dalla legge n. 49 del 21 febbraio 2006, prevede che il
giudice dell’esecuzione debba considerare anche lo stato di tossicodipendenza.
L’innovazione legislativa deve essere interpretata alla luce della volontà del
legislatore che ha inteso attenuare le conseguenze penali della condotta
sanzionatoria nel caso di tossicodipendenti, con la conseguenza che tale “status”

riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti dallo stato di tossicodipendenza,
sempre che sussistano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza
per la sussistenza della continuazione

(così Sez. I n.

7190 de/ 14/02/2007 rv. 235686).
Non può pertanto ritenersi, come ipotizzato nel ricorso, che la semplice
condizione di tossicodipendenza determini – di per sè – l’accesso al beneficio, in
assenza di precisi indici rivelatori della preordinazione ideative tra le diverse
violazioni di legge.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen.
la condanna al pagamento delle spese processuali e , in mancanza di elementi
atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la
condanna al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle
ammende che stimasi equo determinare in euro 1,000,00 .

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di euro 1.000,00 a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 24 marzo 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

può essere preso in esame per giustificare la unicità del disegno criminoso con

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