Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31205 del 20/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31205 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PESCE VINCENZO N. IL 27/05/1959
avverso il decreto n. 1842/2014 GIUD. SORVEGLIANZA di
VITERBO, del 04/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. IN
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Data Udienza: 20/03/2015

IN FATTO E IN DIRITTO
1. In data 4 giugno 2014 il Magistrato di Sorveglianza di Viterbo dichiarava
inammissibile il reclamo proposto da Pesce Vincenzo avverso il rapporto
disciplinare del giorno 11 aprile 2014.
In motivazione si afferma che l’istante non ha dedotto l’avvenuta violazione delle
norme riguardanti le condizioni di esercizio del potere disciplinare, la costituzione
o la competenza dell’organo disciplinare, la contestazione degli addebiti e la

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo
del difensore – Pesce Vincenzo, deducendo nullità della decisione ed erronea
applicazione di legge.
Nel reclamo proposto dal difensore era stata dedotta la assenza di precisa
contestazione dell’addebito e la mancata audizione del detenuto.
In ciò era stata portata all’attenzione del Magistrato di Sorveglianza una
doglianza esaminabile, posto che si era dedotta la violazione procedimentale el
contenuto dell’art. 38 co.2 della legge n.354 del 1975.

3. Il ricorso è fondato e va accolto.
La materia del reclamo giurisdizionale di cui all’art. 69 della legge n.354 del
1975, come evidenziato nella requisitoria scritta del sig. Procuratore Generale
presso questa Corte, è stata profondamente innovata dal legislatore attraverso
l’intervento attuato con il decreto-legge n. 146 del 23 dicembre 2013, convertito
con modificazioni nella legge n. 10 del 21 febbraio 2014.
Tali disposizioni sono applicabili al caso in esame, essendo intervenuto il reclamo
dopo l’entrata in vigore delle suddette norme.
Per quanto attiene il controllo sull’esercizio del potere disciplinare la legge
vigente prevede che il magistrato di sorveglianza possa essere investito, in via
generale, della verifica sulle condizioni di esercizio del potere disciplinare, la
costituzione o la competenza dell’organo disciplinare, la contestazione degli
addebiti e la facoltà di discolpa (in cìò non vi è componente innovativa) nonchè,
nelle ipotesi di applicazione delle sanzioni più gravi (isolamento durante la
permanenza all’aria aperta ed esclusione dalle attività in comune) anche di temi
inerenti il merito (componente innovativa).
Per quanto concerne il procedimento, l’art. 35 bis della legge n.354 del 1975
prevede al comma 1 l’adozione del modello partecipato – ai sensi degli artt. 666
e 678 cod.proc.pen. – salvi i casi di «manifesta inammissibilità della richiesta» ai
sensi dell’art. 666 co.2 cod.proc.pen.

facoltà di discolpa.

Il successivo comma 4 della medesima norma prevede la «reclamabilità» della
decisione innanzi al Tribunale di Sorveglianza, con ricorribilità per cassazione – di
tale decisione – per violazione di legge.
Ora, nel caso in esame la declaratoria di inammissibilità – emessa de plano – non
risulta conforme al modello legale così delineato.
Il richiamo alla disposizione dell’art. 666 co.2 cod.proc.pen. sta a significare che
la declaratoria di inammissibilità può essere adottata – dal Magistrato di
Sorveglianza – nei soli casi di «difetto delle condizioni di legge» o di «mera

E’ evidente, pertanto, che lì dove sia stato contestato, come nel caso in esame, il
profilo della correttezza della contestazione e della effettività del contraddittorio
(nel procedimento che ha dato luogo alla applicazione della sanzione) il
Magistrato di Sorveglianza avrebbe dovuto fissare l’udienza camerale ed
esaminare la fondatezza delle doglianze, che rientrano tra quelle proponibili.
A fronte di tale violazione del procedimento, che determina nullità della decisione
emessa per violazione del contraddittorio (essendo mancata la fissazione di
udienza camerale), non può applicarsi il principio della qualificazione del ricorso
per cassazione in reclamo ma va dichiarata la nullità del provvedimento
impugnato con nuova trasmissione degli atti al Magistrato di Sorveglianza.
Sul punto, va osservato che la trasmissione al Tribunale – come proposto dal
Procuratore Generale – determinerebbe la indebita sottrazione di un grado di
giurisdizione, essendo stata erroneamente dichiarata la inammissibilità del
reclamo da parte del Magistrato di Sorveglianza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al
Magistrato di Sorveglianza di Viterbo.
Così deciso il 20 marzo 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

riproposizione di richiesta già rigettata».

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