Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31200 del 24/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31200 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DAHMANI MOHAMMED EL KABIR N. IL 10/11/1975
avverso la sentenza n. 1594/2012 GIP TRIBUNALE di BUSTO
ARSIZIO, del 09/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 24/04/2013

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Dahmani Mohammed El Kabir avverso la
sentenza emessa in data 8.10.2012 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del
Tribunale di Busto Arsizio con la quale veniva applicata al predetto, con attenuanti generiche,
la pena concordata di anni tre e mesi due di reclusione ed C 12.400,00 di multa per il delitto
di cui all’art. 73, comma 1° dPR 309/1990.
Deduce la violazione di legge in relazione alla ritenuta congruità della pena in assenza di

Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi aspecifici e non consentiti nella presente
sede di legittimità.
Oltre alla palese genericità dei motivi che non indicano le concrete ed evidenti ragioni per le
quali sarebbe la pena concordata tra le parti avrebbe dovuto essere ritenuta incongrua dal
Giudice, va ribadito che, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr.

ex plurimis,

Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della
motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla
particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto,
ancorché succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla delibazione degli
elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione
giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la
efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere
pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in particolare,
proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè recriminare sulla
qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la congruità della pena a
meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime: evenienza questa che, nel caso di
specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza
di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24.4.201

motivazione sul punto.

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