Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 312 del 20/09/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 312 Anno 2018
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: DE GREGORIO EDUARDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MOSCATELLI VALERIO nato il 18/09/1955 a SENIGALLIA

avverso la sentenza del 16/11/2015 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EDUARDO DE GREGORIO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ANTONIO MURA
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
Udito il difensore

Data Udienza: 20/09/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Ancona ha confermato la decisione di primo
grado nei confronti dell’imputato, amministratore e socio accomandatario della sas Famar, che
l’aveva condannato alla pena di giustizia per i delitti di bancarotta fraudolenta per distrazione
riguardante un’automobile Mercedes, il capannone industriale, oggetto di un contratto di affitto
con il proprio figlio per un canone inferiore del 50% a quello di mercato, e 30mila euro,
corrispettivo delle tre annualità anticipate dal locatario; epoca del fallimento, Marzo 2010.
1. Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa, lamentando col primo motivo la violazione

bancarotta per distrazione dell’auto senza tener conto che l’imputato, dopo una prima errata
indicazione, aveva dato il nome della persona cui aveva affidato il veicolo per la vendita; questi
non l’aveva restituito ed era stato querelato dal curatore ma la Corte nulla aveva osservato circa
l’eventuale concorso del giudicabile nel reato di appropriazione indebita compiuto dall’affidatario.
1.1 Col secondo motivo il ricorso ha censurato la violazione delle legge fallimentare, poiché la
sentenza aveva trascurato che il curatore non aveva mosso alcuna obiezione al contratto di
affitto del capannone dovendo, pertanto, ritenersi che il canone, pur di entità inferiore rispetto
alle tabelle dell’agenzia delle Entrate, fosse stato giudicato congruo, non avendo esercitato
l’organo fallimentare lo strumento del recesso, che pure la legge gli apprestava. Anche la
ritenuta distrazione dei canoni di affitto corrisposti anticipatamente dal locatario, sarebbe frutto
di errata applicazione della legge fallimentare. La conferma di responsabilità aveva ignorato,
infatti che l’anticipazione dei 30mila euro era stata contestuale alla stipula del contratto,
avvenuta a Giugno 2008, mentre il fallimento era datato Marzo 2010; quindi il fallito non aveva
avuto l’intenzione di sottrarre i denari alla garanzia dei creditori ma lì aveva usati per i bisogni
personali suoi e della famiglia, potendo configurarsi astrattamente la fattispecie di bancarotta
semplice di cui all’art 217/1 nr 1 LF.
All’odierna udienza il PG, dr Mura, ha concluso per l’inammissibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.11 primo motivo, infatti, risulta ripetitivo di quello proposto in appello e la Corte vi ha già dato
adeguata risposta, chiarendo che l’ auto era di proprietà della fallita, non era stata trovata dagli
organi fallimentari e solo dopo la dichiarazione di fallimento vi era stato, ad opera del curatore,
un tentativo di recupero presso il soggetto al quale il bene era stato affidato dal ricorrente per la
vendita, che nel frattempo si era reso irreperibile. In proposito va osservato che lo stesso
ricorrente ha ammesso di non aver dato subito l’indicazione corretta circa la persona cui aveva
consegnato l’auto per venderla, contribuendo in tal modo alla irrecuperabilità del bene al
patrimonio della società.
1.1 La pronunzia sul punto è in armonia con i consolidati principi elaborati da questa Corte in
tema di prova della distrazione o occultamento dei beni della società dichiarata fallita, che può
essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione

dell’ad 110 cp e l’illogicità della motivazione, che aveva confermato la condanna per la

dei beni suddetti. Invero, è stato osservato che la responsabilità dell’imprenditore per la
conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente
sanzionato, gravante ex art. 87 I. fall. sul fallito interpellato dal curatore circa la destinazione dei
beni dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a carico
dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del
loro ricavato, non essendo a tal fine sufficiente la generica asserzione per cui gli stessi
sarebbero stati assorbiti dai costi gestionali, ove non documentati né precisati nel loro
dettagliato ammontare.

Sez. 5, Sentenza n. 8260 del 22/09/2015 Ud. (dep. 29/02/2016 )

213636, N. 3400 del 2004 Rv. 231411, N. 7048 del 2008 Rv. 243295, N. 22894 del 2013 Rv.
255385.
2. Quanto al secondo motivo, occorre sottolineare che la condotta distrattiva addebitata al
giudicabile è stata individuata nell’affitto del capannone industriale, per un canone inferiore del
50% a quello di mercato ad una società amministrata dal figlio e nell’appropriazione da parte
dell’imputato di 30mila euro, corrispettivo delle tre annualità anticipate dal locatario.
2.1 La doglianza non si è confrontata con la chiara motivazione, secondo la quale locatario del
capannone era stato il figlio dell’imputato e che la destinazione delle somme anticipate da costui
era stata in ogni caso estranea alle esigenze dell’impresa, essendo tali presupposti di fatto
necessari e sufficienti all’integrazione della fattispecie distrattiva contestata, a nulla rilevando le
finalità soggettive perseguite dall’imputato, che, in definitiva, ha ammesso l’uso per fini estranei
alle necessità aziendali del corrispettivo del capannone, bene societario di primaria importanza.
2.2 L’ipotizzata qualificazione giuridica del fatto come bancarotta semplice per spese eccesive
rispetto alla condizione economica dell’imprenditore, appare del tutto inconferente, poiché in
discussione nel processo non è stata la congruità delle spese personali e familiari del ricorrente
rispetto alla sua condizione economica ma il depauperamento del patrimonio societario, che la
Corte ha ritenuto integrato, con giustificazione adeguata ed aderente agli atti, tramite le
accertate condotte distrattive.
Alla luce dei principi e delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro duemila in favore della cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Deciso il 20.9.2017.

Depositato in Cancelleria
Roma, lì

Rv. 267710; Massime precedenti Conformi: N. 2876 del 1998 Rv. 212606, N. 7569 del 1999 Rv.

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