Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31199 del 20/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31199 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
NAPOLI
nei confronti di:
LEPRE CIRO N. IL 26/02/1962
avverso la sentenza n. 11031/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
18/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. \I k •G2o 9N\k~
càsa.-Q,
che ha concluso per \12._

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 20/03/2015

IN FATTO E IN DIRITTO
1. 1. In data 11 dicembre 2009 il G.M. del Tribunale di Napoli affermava la
penale responsabilità di Lepre Ciro in relazione al reato di cui all’art. 9 co.2 legge
n.1423 del ’56 e lo condannava alla pena di un anno di reclusione per il solo fatto
commesso il 14 marzo del 2006.
In tale data – da ultimo indicata – il Lepre, sottoposto alla misura di prevenzione
della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno – era

Ad avviso del giudice di primo grado – valutando anche la circostanza di fatto
della fuga del Lepre all’atto del controllo e la negativa personalità del soggetto tale condotta, pur non trattandosi di una osservazione ‘ripetuta’ di contatti,
poteva farsi rientrare nel divieto di ‘associarsi abitualmente’ con soggetti
pregiudicati, previsto dall’art. 5 stessa legge e sanzionato dall’art. 9.
Ciò anche in relazione al fatto che le persone incontrate erano due contestualmente – ed il complessivo comportamento tenuto dal Lepre dava
‘ragione di sospetto’, in ciò rapportandosi alla generale previsione contenuta nel
medesimo articolo 5 della legge n.1423 del 1956.
La Corte d’Appello di Napoli con sentenza emessa in data 18 marzo 2014
mandava assolto il Lepre.
Osservava il giudice di secondo grado che l’unico incontro – accertato in data 14
marzo 2006 – non è idoneo ad integrare la violazione descritta dalla norma
incriminatrice, citandosi sul tema la costante giurisprudenza di questa Corte di
legittimità.

2. Avverso la sentenza di assoluzione ha proposto ricorso per cassazione il
Procuratore Generale territoriale.
Nel ricorso si deduce erronea applicazione dell’art. 9 legge n.1423 del 1956.
Ad avviso del P.G. ricorrente, in fatto la decisione di primo grado aveva
considerato aspetti specifici della condotta (come la fuga all’atto del controllo e il
ruolo svolto dal Lepre nel contesto associativo di riferimento) idonei a ritenere
provata l’abitualità del comportamento, seppure in via indiziaria.
In ogni caso si chiede, essenzialmente, a questa Corte di legittimità di rivalutare
l’orientamento – in verità costante – che impone per l’integrazione del reato de
quo la prova della pluralità degli incontri tra il sorvegliato speciale e i soggetti
gravati da precedenti, posto che resterebbero prive di tutela le ipotesi in cui in
una unica occasione il sorvegliato speciale incontri o addirittura raduni più
soggetti appartenenti al medesimo contesto criminale, con palese svuotamento

2

stato notato sulla pubblica via a dialogare con due soggetti pregiudicati.

della tutela che il sistema delle misure di prevenzione, ispirato al contenimento
della pericolosità soggettiva, impone.
Si compie inoltre riferimento alla validità sistematica della interpretazione fornita
dal giudice di primo grado lì dove si valorizza altra parte dell’art. 5 legge n.1423
del 1956 ed in particolare la generale prescrizione di ‘

non dare ragione di

sospetto ‘ , posto che la condotta del Lepre era sul punto di certo idonea a
realizzare la violazione di detta generale prescrizione.

Per costante orientamento interpretativo di questa Corte di legittimità la
previsione incriminatrice – risultante dalla combinazione tra articolo 9 e articolo 5
legge n.1423 del 1956 – è espressa in modo conforme al principio di tassatività lì
dove identifica la prescrizione violata, nel caso di frequentazioni, nel divieto di
«associarsi abitualmente» alle persone che hanno subìto condanne e sono
sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza.
L’espressione utilizzata dal legislatore va apprezzata nel suo significato comune e
pertanto «associarsi abitualmente» è concetto che esprime la necessaria
reiterazione dei contatti e la loro non occasionalità.
Da ciò deriva la costante affermazione (resa a partire da Sez.I n. 590 del
15.4.1969, rv 112702) per cui non può ravvisarsi la violazione della prescrizione,
penalmente rilevante, nell’ipotesi di incontro unico ed occasionale.
L’affermazione, in tempi più recenti, risulta ripresa da Sez. I n. 43858 del
1.10.2013, rv 257806, nonchè da altre decisioni in cui è stata ritenuta possibile
l’applicazione della norma in parola in presenza di almeno due incontri (Sez. I n.
26785 del 17.6.2009, rv 244791).
In presenza, dunque, di un unico incontro (sia pure con due soggetti
pregiudicati) è da ritenersi corretta la conclusione, cui è pervenuta la Corte di
Appello di Napoli, di insussistenza del reato, in ragione del necessario rispetto del
principio di tassatività che – in termini generali – vieta all’interprete di ricavare
norme incriminatrici non chiare e certe in via analogica e per ritenuta identità di
ratio con quanto espressamente previsto dal legislatore (in tal senso Sez. III n.
8432 del 25.5.1993, rv 196424).
In altre parole, va tenuta distinta l’eventuale manifestazione ‘generica’ di
pericolosità soggettiva (che può desumersi anche da un solo e unico incontro, in
virtù di particolari modalità di contesto e che può dar luogo, se del caso, ad
aggravamento della misura di prevenzione in atto) dalla violazione di norma
penale incriminatrice, posto che nel secondo caso la condotta deve
necessariamente rientrare nella previsione tipica descritta in via generale dal
legislatore.
3

3. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato, per le ragioni che seguono.

Quanto alle residue argomentazioni del ricorrente, va altresì precisato che le
disposizioni contenute negli articoli 5 e 9 della legge n.1423 del 1956 sono state
riprodotte – con modificazioni – nelle attuali norme, rispettivamente contenute
negli articoli 8 e 75 del decreto legislativo numero 159 del 2011.
In particolare va osservato che l’attuale previsione contenuta – in tema di
prescrizioni – nell’art. 8 co.4 del citato decreto legislativo, non include più la
prescrizione «di non dare ragione di sospetti» originariamente contenuta
nell’art. 5 co.3 della legge n.1423 del 1956. Vi è dunque contenuto innovativo

Detta specifica prescrizione – dal contenuto eccessivamente elastico e
contrastante, pertanto con il principio di determinatezza delle condotte
astrattamente punibili, data la previsione generalizzante dell’ art. 75 – è stata
pertanto espunta dall’ordinamento, in forza di quanto previsto dall’articolo 120
del medesimo decreto legislativo n.159 del 2011 che ha espressamente abrogato
– tra le altre – la legge n.1423 del 1956.
Trattandosi di previsione incriminatrice, dato il rilievo penale della eventuale
violazione commessa dal soggetto sottoposto alla misura di prevenzione, non vi
è dubbio circa l’immediata applicabilità del nuovo testo dell’articolo 8 del decreto
legislativo n.159 del 2011 anche a condotte di violazione poste in essere in
riferimento a misure disposte ed applicate in forza della legge n.1423 del 1956,
ai sensi dell’art. 2 co.2 cod.pen. (con parziale

abolitio criminis, lì dove la

prescrizione violata sia identificabile, in concreto, in quella soppressa dal
legislatore). La previsione transitoria limitativa in punto di immediata
applicabilità delle nuove norme contenute nel decreto legislativo n.159 del 2011
contenuta all’art. 117 di tale decreto – con ultrattività delle disposizioni abrogate
in ipotesi di procedimenti di prevenzione in corso al 13 ottobre 2011 – non si
applica, infatti, alle norme che regolamentano le sanzioni penali, anche se
derivanti da misure disposte in riferimento alle leggi previgenti, come ritenuto da
Sez. II, n. 27022 del 27.03.2012, rv. 253410.
Ciò si afferma al fine di evidenziare come la condotta tenuta – nel caso in esame
– dal Lepre (che si allontanava alla vista degli agenti di pubblica sicurezza) non
potrebbe essere rivalutata in rapporto ad una prescrizione (quella di non dare
ragione di sospetti) ormai espunta dall’ordinamento, il che toglie consistenza alle
ulteriori argomentazioni proposte nel ricorso.
Il ricorso va pertanto rigettato.

P.Q.M.
4

della trasposizione normativa, con ovvie conseguenze in punto di punibilità.

Rigetta il ricorso.
Così deciso il 20 marzo 2015

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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