Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31195 del 24/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31195 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LAZAR VASILE N. IL 12/12/1958
JURI DIANA N. IL 17/09/1970
avverso la sentenza n. 2055/2012 TRIBUNALE di GENOVA, del
07/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 24/04/2013

Osserva
Ricorrono per cassazione, con distinti ma identici atti, Lazar Vasile e Jurj Diana
avverso la sentenza emessa in data 7.4.2012 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice
monocratico del Tribunale di Genova con la quale veniva applicata ai predetti, con
attenuanti generiche, la pena concordata dì mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed C
140,00 di multa ciascuno, per il delitti di furto (all’interno di un supermercato).
Deducono la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine alla qualificazione

I ricorsi sono inammissibili, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposti per
motivi non consentiti nella presente sede di legittimità.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex pludmis, Cass. pen. Sez. Un.,
n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione della
sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura
della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la
sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto,
l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della
richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere
pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere
in discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in
particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè
recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la
congruità della pena a meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime:
evenienza questa che, nel caso dì specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che
sì ritiene equo liquidare in C 1.500,00 per ciascuno, in favore della cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.500,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24.4

1113

giuridica del fatto che avrebbe dovuto essere ricondotta alla figura del mero tentativo.

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