Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31194 del 17/04/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 31194 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Varca Pasquale Giovanni, nato il 11.12.1963
avverso la sentenza n.242 del 2014 Corte di cassazione Roma, del 06.06.2014
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Mario
Maria Stefano Pinelli , che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
udito per l’imputato, l’avv. Paolo Camporini, che ha insistito per raccoglimento
del ricorso;

RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO

Data Udienza: 17/04/2015

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Sesta sezione penale di questa Corte
rigettava il ricorso presentato, tra gli altri, da Varca Pasquale Giovanni avverso
la pronuncia del 23/04/2013 della Corte di appello di Milano.
2. Avverso tale decisione ha presentato personalmente ricorso straordinario Varca
Pasquale Giovanni lamentando un errore di fatto nella pronuncia della Corte ,
relativa al computo della pena ,avendo la Corte affermato,per mero errore percettivo
determinato da una svista, che il calcolo e la quantificazione della pena erano stati

determinati,nella misura stabilita, per la prima volta solo nel giudizio di appello .
Afferma il ricorrente che erroneamente non è stato considerato il calcolo della pena
effettuato dal GUP in I grado, palesemente errato nella determinazione finale,
all’esito della riduzione dì un terzo ed erroneamente si è ritenuto che il calcolo e la
quantificazione della pena siano stati effettuati per la prima volta in sede d’appello,
quando invece il GUP aveva deciso sul punto.
3.Erroneamente,pertanto, non è stato preso in considerazione che anche il
giudice di prime cure aveva effettuato il calcolo della pena e non è stato
riscontrato che il calcolo del primo giudice,recepito dalla Corte d’appello, era
palesemente errato nella determinazione della riduzione di un terzo per la scelta
del rito ( determinata in anni quindici invece che in anni tredici e mesi otto di
reclusione).
3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile per la manifesta infondatezza
del relativo motivo .
4. Il ricorrente ,infatti, afferma del tutto apoditticamente ma in modo
assolutamente infondato, che la sentenza di prime cure aveva provveduto ad
effettuare il calcolo della pena motivando sul punto . In ,in realtà, il primo
giudice ,

aveva calcolato gli

accrescimenti di pena per la ritenuta

continuazione dei reati, senza indicare l’entità dei diversi aumenti .in relazione
ai diversi reati, lasciando al lettore l’onere di

determinarne l’unitario

ammontare e ipotizzare i relativi criteri giustificativi.
5. Nessun appunto può,pertanto, essere mosso all’affermazione contenuta nel
provvedimento impugnato essendo del tutto corretto affermare che il giudice di
seconde cure aveva motivato per la prima volta, secondo la propria funzione
devolutiva, i criteri di calcolo e la quantificazione della pena rispettando
comunque l’esito finale del calcolo rispetto alla sanzione irrogata in primo grado.
6. Il ricorso deve,pertanto, essere dichiarato inammissibile: à sensi dell’articolo
616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso,
la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle

r

spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della
Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte
costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si
stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

spese processuali e al versamento della somma di curo mille alla Cassa delle
ammende.
Così dec
1 Consigl

orna ,camera di consiglio del 17 aprile 2015
re

Il Presidente
( M.Gentile )

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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