Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31193 del 17/04/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 31193 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Mennini Luigi Maria, nato il 19.01.1966
avverso la sentenza 6509/12 della Corte d’appello di Milano, Va sezione penale,
del 10.10.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Mario
Maria Stefano Pinelli , che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in
subordine per il rigetto del ricorso;
MOTIVI della DECISIONE
1.Con la sentenza indicata in epigrafe , la Corte di appello di Milano , in parziale
riforma della sentenza del Tribunale monocratico di Legnano , in data
1

Data Udienza: 17/04/2015

10.10.2012 , riduceva la pena inflitta a Mennini Luigi Maria ,dichiarando
1) del reato di cui agli artt. 61 n.2 e 648 CP poiché, al fine di trarne profitto, riceveva e
comunque si intrometteva per farli ricevere a Riva Bruno, quale amministratore unico della
AL EUROPE SpA:
l’assegno nr. 0011432767 tratto in data 15/09/2003 sulla Banca di credito cooperativo
Alta Padovana agenzia Villa del Conte dell’importo apparente di € 63.253,80;
l’assegno nr. 0307926785-10 tratto in data 15/09/2003 sul Credito Bergamasco
agenzia Vale ggio sul Mincio dell’importo apparente di € 39.000,00;
entrambi risultati poi provento di furto, conoscendone la provenienza illecita.
Con l’aggravante di aver commesso il fatto per eseguire il reato di cui al capo 3).Art. 99/4 0
co. in relazione al co.2° n. 1 e 2 C.P.. In Legnano il 17/09/2003.
2) del reato di cui agli artt. 61 n. 2 , 485 e 491 C.P. poiché, al fine di trarne profitto e per
farne l’uso indicato al capo successivo, alterava :
• l’assegno nr. 0011432767, tratto in data 15/09/2003 sulla Banca di credito cooperativo Alta
Padovana agenzia Villa del Conte, mediante la modifica dell’importo da € 3.253,80 a €
63.253,80 e del beneficiario da” LIU JO” in “AL EUROPE SpA”;
• l’assegno nr. 0307926785-10, tratto in data 15/09/2003 sul Credito Bergamasco agenzia
Valeggio sul Mincio, mediante la modifica dell’importo da € 13.000,00 a € 39.000,00 e del
beneficiario da “LIU JO srl” in “AL EUROPE SpA”.
Con l’aggravante dei motivi di lucro di cui all’art. 24 co.2 C.P. Accertato in Legnano il
03/10/2003.
3) del reato di cui agli artt. 56,640, 99 co. 4 in relazione al co.2 n. 1 e 2 C.P. : per avere il
Mennini compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre in errore, con
artifici e raggiri, Bruno Riva – amministratore unico, azionista di maggioranza
assoluta e legale rappresentante della AL EUROPE SpA sedente
operativamente in Legnano – affinché quest’ultimo cedesse al primo il 51% delle quote
pari circa ad euro 800.000. Evento non prodottosi per cause indipendenti dalla volontà del
Mennini e segnatamente per il rifiuto opposto dal Riva di dare corso
all’operazione prima del promesso versamento di euro 4.000.000. Atti idonei ed inequivoci
consistiti nel millantare parentele presso lo 1.0.R., nell’accreditarsi quale soggetto capace
di movimentare risorse finanziarie nell’ordine di euro 250.000.000, nello stipulare, qu al e
falsus procurator di Al Europe, un contratto di sponsorizzazione con il
pilota Massimiliano Biaggi ingenerando, per tal modo, l’illusorio convincimento che il logo
Al Europe fosse apparso sulla tuta del già citato pilota solo quale prova degli innumerevoli
qualificati contatti che il Mennini avrebbe portato con sé e da ultimo, nel procrastinare
ad infinitum – adducendo artatamente di volta in volta inesistenti lungaggini
burocratiche, improvvisi impegni ed inopinati impedimenti – l’adempimento dei propri
obblighi già oggetto del citato patto parasociale.In Legnano dal giugno 2003 all’ottobre
dello stesso anno.
4) del reato di cui agli artt. 81 cpv.,640, 99 co.4 in relazione al co.2 n. 1 e 2 C.P.: per
essersi il Mennini, tenendo la condotta meglio descritta nel capo che precede quindi
ingenerando e protraendo fraudolentemente nel Riva il convincimento di un suo
consistente conferimento di capitale nella Al Europe SpA, fatto consegnare un telefono
cellulare, intestato alla predetta impresa societaria, effettuando comunicazioni per
complessive euro 3.800 circa in un torno di tempo compreso tra il 24/06/03 e il
23/10/03, fruendo altresì dei locali e delle vivande concessi e somministrate dalla Al
Europe per ivi tenervi riunioni non riconducibili all’attività di impresa nonché — formando
o comunque utilizzando falsi titoli di credito ammontanti complessivamente ad euro
102.253,80, meglio descritti nel capo 2), accreditando contestualmente la tesi che gli stessi
fossero da considerare mero acconto di futuro conferimento di capitale — si faceva
consegnare, in parziale contropartita, due assegni per complessivi euro 30.000, somma
che il Riva avrebbe dovuto imputare alla sopra precisata sorte capitale, in tal modo
procurandosi un ingiusto profitto con altrui pari danno.In Legnano dal giugno 2003

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prescritti i reati ascritti ai capi 2,3,4 della rubrica di seguito riportata:

all’ottobre dello stesso anno.Con la recidiva pluriaggravata
1.1 Avverso tale sentenza propone ricorso personalmente l’imputato deducendo
a motivo:
1)nullita’ della sentenza per inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 96,
157 co.8 bis, 161 c.p.p. e manifesta contraddittorieta’ della sentenza sul punto
risultante dal testo e da altri atti del processo ( artt.606 lett.b)c) ed e) c.p.p. in
aver mai formalizzato la nomina dell’avvocato Raffaella Monaldi, erroneamente
ritenuta domiciliataria dell’imputato
2) nullità della sentenza per difetto di motivazione in ordine alla responsabilità
del Mennini per il delitto di ricettazione, per illogicità della motivazione in ordine
alla valutazione della testimonianza della persona offesa per erronea applicazione
dell’art.533 co.1 c.p.p. mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di
rinnovazione dibattimentale ( art.606 lett.b) ed e) c.p.p.in relazione all’art.192
c.p.p., 533 co.1 c.p.p. , 648 c.p. e 603c.p.p.).
2. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel
giudizio di legittimità.
2.1 E’ manifestamente infondata la prima censura relativa alla nomina del
difensore di fiducia per facta concludentia Ritiene il Collegio di aderire alla
prevalente giurisprudenza di questa Corte che vuole che “È valida la nomina del

difensore di fiducia, pur se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalità
indicate dall’art. 96 cod. proc. pen., in presenza di elementi inequivoci dai quali la
nomina possa desumersi per “facta concludentia” e che<< Quando un imputato, fisicamente non presente in giudizio, sia stato assistito durante una o più fasi procedimentali da professionista non ritualmente investito della funzione difensiva, l'opera del quale non sia stata mai contestata, ma anzi ratificata con il conferimento di specifico mandato ad impugnare, viene in evidenza una situazione di fatto che, per essersi protratta per lungo tempo, non può non essere sintomatica dell'esistenza di un rapporto fiduciario tra il professionista ed il cliente>>(Cass.,
sez. IV, sent. n. 7962 del 27 aprile 1999, dep. 18 giugno 1999, Tuliozzi ed altri,
rv. 214594.
2.2 Quanto alla diversa giurisprudenza cui si richiama il ricorrente, è già stato ,
in senso condiviso da questo collegio, osservato, nella decisione n. 35696 del
25/06/2014 Ud. (dep. 13/08/2014 ) Rv. 260300, che “….In proposito nella

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relazione agli artt.96,157 co.8 bis c.p.p., 161 c.p.p.). Lamenta il ricorrente di non

giurisprudenza della Suprema Corte è effettivamente rinvenibile altro
orientamento, come ricordato dal ricorrente, per cui la nomina del difensore di
fiducia è un atto che deve rispettare, per essere valido, forme e modalità previste
dall’art. 96 c.p.p. (in questo senso, in termini specifici, si sono espresse in tempi
recenti, Sez. 1, n. 35127, del 19 aprile 2011, Esposito, Rv. 250783, Sez. 6, n.
15311 del 14 marzo 2007, Floris, Rv. 236683 e Sez. 1, n. 11628 del 2 marzo
2007, Cravotto, Rv. 236162), ma si tratta di indirizzo solo apparentemente in

è stato affermato in relazione a fattispecie relative ad atti di nomina non
provenienti dall’imputato ovvero disconosciuti dal medesimo e comunque in
relazione a casi in cui era in dubbio l’effettiva volontà di quest’ultimo di investire
il difensore del mandato professionale o in cui la nomina era stata invalidamente
effettuata ad autorità diversa da quella procedente. È dunque evidente, come
accennato, che il contrasto tra i due orientamenti sia per l’appunto solo
apparente, atteso che le pronunzie sunnominate non hanno inteso escludere la
rilevanza di comportamenti concludenti inequivocabilmente finalizzati ad
accreditare il difensore presso l’autorità giudiziaria procedente.”
2.3 Ad ulteriore conferma dell’infondatezza della censura ,va anche aggiunto che
il ricorrente ammette di aver avuto conoscenza che l’avvocato Monaldi era
intervenuto nel processo affermandosi difensore di fiducia dell’imputato e di non
aver ritenuto di formalizzare tale nomina : diversamente da quanto egli afferma,
proprio di tale mancata smentita deve essere fatto appunto a Mennini, che ha
concorso ad avvalorare la convinzione che l’avvocato Monaldi effettivamente fosse
il suo difensore di fiducia ,secondo il principio sancito dall’art.182
cod.proc.pen.comma 1 che vuole che “Le nullità previste dagli articoli 180 e 181
non possono essere eccepite da chi vi ha dato o ha concorso a darvi causa ovvero
non ha interesse all’osservanza della disposizione violata”
2.4 Alla luce dei principi su richiamati il motivo di ricorso è inammissibile.
2.5 Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso che si risolve nella
prospettazione diversa ed alternativa dei fatti e delle risultanze processuali da
contrapporre a quella formulata dalla Corte territoriale; la doglianza è basata su
una critica puramente formale delle affermazioni della Corte che,invece, ha
individuato precisi elementi di fatto ai quali ancorare il giudizio di responsabilità
dell’imputato , elementi che vengono negletti nel ricorso ove ci si duole anche
della mancata motivazione circa la non ammessa rinnovazione del dibattimento

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contrasto con quello cui il collegio intende aderire. Ed infatti il principio illustrato

che invece la Corte ha motivato a pog.11 in nota.
2.6 E’ noto, tuttavia, che esula dai poteri della Cassazione, nell’ambito del
controllo della motivazione del provvedimento impugnato, la formulazione di una
nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, giacché tale attività è riservata esclusivamente al giudice di merito,
potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell'”iter”
argomentativo di tale giudice, accertando se quest’ultimo abbia o meno dato
decisione Cass. Sez. 6 14.4.1998 n. 1354.La Corte territoriale ,peraltro, ha
ancorato il proprio giudizio a risultati fattuali ,quali la sottoscrizione delle due
lettere del 15 e 17 settembre 2003 da parte del Menini e l’avvenuta consegna dei
titoli da questi al Riva ( pag.10 del provvedimento impugnato) che non sono
suscettibili di diversa ricostruzione da parte di questa Corte e che comunque
costituiscono le premesse indefettibili, dalle quali la Corte deduce una
motivazione logica, coerente , priva di vizi evidenti e pertanto assolutamente
condivisibile circa la responsabilità del Mennini.
3.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
versamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del

dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di curo mille alla Cassa delle
ammende.
Così d

n Roma, il 17 aprile 2015

Il Con

ensore

Il Presidente
( M. Gentile )

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
SEC-ONDA SEZIONE PENALE
IL

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conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la

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