Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31192 del 17/04/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 31192 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Manduca Antonio, nato il 05.04.1959
avverso la sentenza 1317/2014 della Corte d’appello di Brescia, Ha sezione
penale, del 16.04.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Mario Maria Stefano Pinelli , che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso in subordine il rigetto ;
E’ presente d’ufficio l’avvocato Maria Teresa Elena Povia che insiste per
l’accoglimento del ricorso;

MOTIVI della DECISIONE
1

Data Udienza: 17/04/2015

1.

Con la sentenza indicata in epigrafe , la Corte di appello di Brescia,

confermava la sentenza del Tribunale monocratico della stessa città, in
data 06,03,2013 , che aveva condannato Manduca Mauro Antonio alla pena
di giustizia per il reato di seguito indicato:

1.1 Avverso tale sentenza propone ricorso personalmente l’imputato
contestando la ricostruzione dei fatti compiuta dalla Corte di merito,
lamentando la carenza di motivazione circa il mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche ; la violazione del diritto di difesa e del contraddittorio
per aver acquisito materiale probatorio in primo grado senza consenso della
difesa; la carenza di prove circa la responsabilità dell’imputato basata
esclusivamente sulle dichiarazioni della parte lesa.
2. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi generici e privi di
fondamento.
2.1 L’analisi complessiva della sentenza impugnata rende evidente che il
giudice d’appello ha disatteso con specifici e propri argomenti le censure
mosse dall’odierno ricorrente : le stesse ,peraltro, non presentavano profili
nuovi e diversi rispetto a quelli già esaminati dal giudice di primo grado,
rispondendo con motivazione logica e condivisibile alle questioni relative
alla ricostruzione in fatto, effettuando una scelta dei punti dotati di
consistenza probatoria , valutata e ponderata anche con riferimento alle
dichiarazioni rese dalla parte lesa.
2.2 li ricorso invece presenta profili di assoluta genericità ,confusione ed
astrattezza che rendono a tratti le doglianze francamente incomprensibili :
le censure sono avulse dal contesto probatorio pertanto anche per la
dedotta inutilizzabilità degli atti non è dato sapere quali essi siano né dove
né quali siano le specifiche parti della deposizione della persona offesa
viziate.
2.3 Secondo un consolidato principio giurisprudenziale di questa Corte è
onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare,
pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti

2

per il delitto di truffa p. e p. dagli articoli 640 e 61 n.7 c.p., perché inducendo in errore DEGIACOMI
Adriana con artifizi e raggiri consistiti prima nel proporle un’operazione finanziaria facendosi
consegnare il 17.3.2008 l’assegno n.0263170071 dell’importo di 20.000,00 curo tratto dal c/e n. 10314 della
Banca Popolare di Vicenza agenzia di Brescia via Triumplina, nonché la somma in contanti di
4.000,00 curo, con la promessa che avrebbero fruttato 7.000,00 di interessi; successivamente
proponendole l’acquisto al 50% di un appartamento ubicato in Desenzano del Garda via Dal M olin del
valore di 180.000,00 curo, che a suo dire avrebbero venduto nel giro di poco tempo ad un
prezzo molto più alto in quanto aveva già due potenziali acquirenti

specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul
complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la
decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. un,23 aprile
2009, dep. 10 giugno 2009, n. 23868; Sez. 6, 6 marzo 2012, dep. 22 giugno
2012, n. 2512; Sez. 6,18 ottobre 2000, dep. 10 gennaio 2001, n. 159).
2.4 li ricorso sicuramente viene meno a tale principio e sostanzialmente
ripropone le tesi difensive già sostenute in sede di merito ed in quelle sedi

enunciato, e più volte ribadito, il condivisibile principio di diritto secondo
cui “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che

ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua
genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione
tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni
del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a
mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (in termini, Sez. 4,
n. 5191 del 29/03/2000 Ud. – dep. 03/05/2000 – Rv. 216473; CONF: Sez.
5, n. 11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Rv. 231708).
3.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al versamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro
1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla
orna, il 17 aprile 2015

disattese dopo accurato vaglio. Nella giurisprudenza di questa Corte è stato

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