Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31191 del 24/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31191 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PRATO GIUSEPPE N. IL 20/03/1975
avverso la sentenza n. 1693/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
17/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 24/04/2013

Osserva
Ricorre per cassazione personalmente, Prato Giuseppe avverso la sentenza in data
17.1.2012 della Corte di Appello di Catania che, in parziale riforma di quella in data
9.3.2011 del G.u.p. del Tribunale di Catania con cui il predetto era stato riconosciuto
colpevole, all’esito del giudizio abbreviato, del delitto di cui all’art. 73 V comma dPR
309/1990, riconosceva le attenuanti generiche valutate, assieme a quella di cui al V
comma dell’art. 73 dPR cit., come prevalenti sulla contestata recidiva, rideterminava
la pena nella misura di anni due e mesi otto di reclusione ed C 12.000,00 di multa,
Deduce la violazione di legge assumendo che il 5 0 comma dell’art. 73 dPR 309/1990
rappresenta una figura autonoma di reato e non, come ritenuto dai giudici di merito,
un’attenuante.
Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata.
E’ al 1990 che risale l’ultima pronuncia (Rv. 185206) di questa Corte che configurava
il V comma dell’art. 73 DPR n. 309 del 1990 come ipotesi autonoma di reato. Da
allora, costante ed uniforme è stato l’orientamento, anche a Sezioni Unite, che ha
qualificato la “lieve entità” prevista dal detto V comma, come circostanza attenuante
ad effetto speciale (da ultimo: Sez. Un. n. 35737 del 24.6.2010, Rv. 247911).
Ritornare a riproporre, attraverso una lettura artificiosa della disciplina sugli
stupefacenti, quella vetusta tesi giuridica è dunque del tutto incomprensibile e
fuorviante oltre che inane ed erroneo tentativo di diversa qualificazione giuridica,
sicchè non si ritiene nemmeno il caso di ripercorrere i più noti passaggi della più nota
e seguita tesi sopra citata attributiva della natura di attenuante.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24.4.2013

con revoca della pena accessoria.

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