Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31190 del 17/04/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 31190 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Cerone Luigi Antonio , nato il 10.10.1967
avverso la sentenza n.4 del 2012 del Tribunale di Potenza, del 22.04.2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Mario
Maria Stefano Pinelli , che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
udito per l’imputato, l’avv. Sergio Saraceno,in sostituzione dell’avvocato Giuseppe
Coluicci, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
MOTIVI della DECISIONE

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Data Udienza: 17/04/2015

1.

Con la sentenza indicata in epigrafe , il Tribunale di Melfi , dichiarava

inammissibile , ai sensi dell’art.37 co 1 D.Lgs n.274/00, non essendo stato
impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno, l’appello
proposto da Cerone Luigi , avverso la sentenza del Giudice di Pace di Melfi,emessa il
31.10.2012 , con la quale Cerone veniva condannato ,per ciascun reato, alla pena
di euro 60,00 di multa ed al risarcimento del danno alle costituite parti civili ,per i

A)artt.81636 c.p.perchè in esecuzione del medesimo disegno criminoso introduceva senza
autorizzazione i bovini di proprietà di Di Bendetto Antonio sito in località convento
vecchio, agro del comune di Rapolla, danneggiando alcuni pali in cemento e alcune piante di
vite.Accertato in Rapolla 7/3/2008
B )artt.81-636 c.p. perché in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, introduceva i
bovini di proprietà, riuniti in mandria e liberi di pascolare nel terreno di proprietà di Sisti
Maurizio, sito in località Piano di Chiesa agro del comune di Rapolla in assenza di
autorizzazione .Accertato in Rapolla 8/3/2008

1.1 Avverso tale sentenza propone ricorso il difensore dell’imputato, avvocato
Giuseppe Colucci deducendo i vizi di cui alle lettere b), c) ed e) dell’art. 606 c.p.p.,
in relazione all’art. 591 cod.proc.pen. ed all’art. 37 del D.Lvo n.274/2000 e
,richiamando la prevalente giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione che
riconosce che benché il D.Lgs. 28 agosto 2000. n. 274, art. 37 preveda
esplicitamente che la sentenza del G.d.P., che applichi pena pecuniaria, sia
suscettiva di appello solo nel caso in cui venga impugnato il capo relativo alla
condanna – anche generica – al risarcimento del danno, deve, tuttavia, ritenersi
che, anche indipendentemente da una specifica impugnazione sulle statuizioni civili
conseguenti alla pronunzia di condanna, detta sentenza, se contiene anche
statuizioni civili, sia impugnabile in appello, in virtù dell’automatica estensione
prevista dal comma quarto dell’art. 574 c.p.p..
2.11 ricorso è infondato perché in contrasto con una disposizione normativa e
deve essere dichiarato inammissibile.
2.1 Questo collegio non ignora che una parte della giurisprudenza di questa Corte
si è espressa nel senso che in tema di giudizio avanti al giudice di pace ,in virtù
dell’art.574 comma quarto cod.proc.pen. è ammissibile l’appello avverso la
sentenza di condanna alla pena pecuniaria che contenga statuizioni civili ,anche
indipendentemente dall’espresso gravame contro queste ultime.
2.2 Ritiene tuttavia che tale interpretazione non tenga conto del fatto che la
legislazione sul giudice di pace è speciale e contiene norme chiaramente derogative

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reati di seguito indicati:

al codice di procedura penale ed una di questa è proprio l’art.37 che , con il chiaro
e non opinabile inciso “L’imputato puo’ proporre appello anche contro le

sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna,
anche generica, al risarcimento del danno.” pone una precisa condizione sine qua
non all’impugnazione, circoscrivendo la facoltà di impugnarne le sentenza che
applicano la pena pecuniaria, all’interesse qualificato derivante dalla condanna al
risarcimento del danno , interesse che deve trovare esplicita manifestazione e

normativo.
2.3 Ritiene, pertanto,i1 collegio che i due sistemi ordinamentali del giudice di pace e
del codice di procedura penale esprimano assetti strutturalmente diversi e
assimilabili solo nei ristretti ambiti e limiti previsti dall’art.2 del dlgs n.274 del
2000 e della clausola limitativa imposta dal sintagma ” per tutto cio’ che non e’

previsto dal presente decreto” che vale ad escludere ogni contaminazione non voluta
dei due sistemi.
2.4 Proprio tale clausola esclude che possa venire richiamata la regola di chiusura
del 574 comma 4 cod.proc. pen. nel peculiare caso della sentenza che applica la
pena pecuniaria con condanna al risarcimento del danno, regolato,appunto ,
dall’art.37 del decreto citato. A tal proposito vale richiamare Cass., sez. V, 21 aprile

2005 – 20 maggio 2005 n. 19382, CED 231498, secondo cui l’impugnazione proposta
dall’imputato avverso la sentenza del giudice di pace che abbia condannato il predetto ad
una pena pecuniaria ed al risarcimento del danno in favore della parte civile non è
qualificabile come appello, laddove venga contestato il solo giudizio di responsabilità,
senza impugnativa espressa del capo relativo alla condanna, seppure generica, al
risarcimento del danno.
Ed anche :”In tema di procedimento dinanzi al giudice di pace, è qualificabile come ricorso

per cassazione e non come appello l’impugnazione proposta dall’imputato – avverso la
sentenza di condanna a pena pecuniaria -con la quale formuli censure concernenti
esclusivamente la statuizione penale, stante il carattere di specialità che connota la
normativa sul giudice di pace ed in particolare la rapidità e l’agilità del relativo procedimento; né rileva in senso contrario il disposto dell’art. 574, comma quarto, c.p.p. – per il
quale l’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale o di
assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al
risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende
dal capo o dal punto impugnato -, il quale serba integra la propria valenza, posto che la

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giustificazione e che non può rimanere in un inespresso implicito richiamo

pronuncia del giudice di legittimità, a seguito del ricorso proposto, esplicherà i suoi
effetti anche in ordine alle restituzioni ed al risarcimento del danno, in diretta derivazione
dalla statuizione di carattere penale.” Cass., sez. V, 4 ottobre 2005 – 27 ottobre 2005,
n. 39465, CED 232379.
3.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa

Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del

dictum della Corte

costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima
equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di curo mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 aprile 2015
Il Cons gl

estensore

Il Presidente

nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della

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