Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31184 del 24/06/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 31184 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAISTO GIACOMO N. IL 01/04/1962
avverso la sentenza n. 572/2014 TRIBUNALE di NAPOLI NORD, del
01/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 24/06/2015

Motivi della decisione
Maisto Giacomo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Napoli Nord in data 1.07.2014, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al reato di cui
all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990.
L’esponente non censura l’entità della pena ma si duole del computo

Il ricorso è inammissibile.
Come noto, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio
in base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo
sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza
dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti
dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di
una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da
una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco
delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben
essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare
una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più
analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la
volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. E, nel caso di specie, il giudice ha espressamente evidenziato
che la pena finale, concordata dalle parti, pari ad anni quattro di reclusione oltre la

relativo alla determinazione della stessa.

-e

multa, discendeva dalla determinazione della pena base in anni sei di reclusione,
concesse le attenuanti generiche in rapporto di equivalenza sulla recidiva e dalla
seguente applicazione della riduzione di un terzo per il rito. E’ poi appena il caso di
osservare – per mera completezza argomentativa, in mancanza di impugnazione
della parte pubblica – che si tratta di una pena illegale per difetto, in relazione alla
disciplina vigente alla data di commissione del fatto (16.06.2014). Il trattamento
sanzionatorio, invero, è stato computato muovendo dalla pena base di anni sei di

caducata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, pubblicata in
G.U. del 5.03.2014, n. 11; pertanto, la pena detentiva per le c.d. droghe pesanti,
vigente alla data del fatto per cui si procede, risulta compresa tra otto e venti anni
di reclusione.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 24 giugno 2015.

reclusione, corrispondente al minimo edittale che era previsto dalla normativa

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA