Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3117 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3117 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARZILLI FAUSTO N. IL 19/07/1972
avverso la sentenza n. 4946/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
21/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Geperale in persona del Dott. fr9.-/go 4
che ha concluso per I
61″
1NA.

a

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
A

er_ectxpet.

4,)

Data Udienza: 21/11/2013

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Latina, sezione distaccata di Terracina, con sentenza del
19/2/2010, dichiarava Fausto Marzilli responsabile dei reati di cui agli artt.
81, 337 cod.pen, 73, co. 1 e 4, d.P.R. 309/90, e, ritenuta l’ipotesi di cui al
continuazione, lo condannava alla pena di anni 3 di reclusione ed euro
10.000,00 di multa; pena condonata.
La Corte di Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sull’appello
interposto nell’interesse del prevenuto, con sentenza del 21/2/2013, in
riforma del decisum di prime cure, ha dichiarato non doversi procedere
nei confronti del Marzilli in ordine ai reati ex art. 337 cod.pen e ex art.
73, d.P.R. 309/90, limitatamente alla detenzione dell’hashish, perché i
estinti per prescrizione. Ha assolto l’imputato dal delitto ex art. 73, citato
decreto, relativamente alla detenzione del flacone contenente
anfetamina, perché il fatto non sussiste. Ha, quindi, rideterminato la pena
per il residuo delitto di detenzione a fine di cessione della pasticca di
ecstasy in mesi 8 di reclusione ed euro 8.000,00 di multa; pena
interamente condonata.
Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, con i seguenti
motivi:
-insussistenza di prova in ordine alla detenzione da parte del prevenuto
della pasticca di ecstasy; in ogni caso non sussiste la prova che detenesse
detto stupefacente al fine di cessione a terzi e non per uso personale;
erronea lettura delle emergenze istruttorie in relazione alla somma
rinvenuta addosso al Marzilli e a tutte le circostanze poste in evidenza
dalla difesa in sede di appello;

i
.”

co. 5 dell’art. 73, concesse le attenuanti generiche, e ritenuta la

-mancata assunzione delle testimonianze, tempestivamente richieste
dalla difesa a discarico sui fatti oggetto delle prove a carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.

ritenuta ravvisabilità degli elementi concretizzanti il reato contestato e
della ascrivibilità di esso in capo al prevenuto, è da ritenere logica e
corretta.
Con i motivi di annullamento, formulati dalla difesa dell’imputato, in
sintesi si contesta la ricostruzione del fatto, per come effettuata dal
decidente, e si eccepisce il vizio di motivazione della ordinanza resa dal
Tribunale in data 19/2/2010, con la quale il giudice dichiarava chiusa
l’istruttoria dibattimentale, nonostante fossero ancora da esaminare i
testimoni a discarico, ritualmente indicati dalla difesa e già ammessi.
Va rilevato come il decidente sia pervenuto alla affermazione di
colpevolezza del Marzilli per il reato di detenzione a fini di spaccio
dell’ecstasy, ex art. 73, d.P.R. 309/90, a seguito di una compiuta analisi
valutativa delle emergenze istruttorie, puntualmente richiamate: il teste
Zoppino ha riferito di avere svolto una azione di contrasto allo spaccio di
stupefacenti presso la discoteca “Zen”di Sperlonga. Nell’occasione
l’agente notava l’imputato che veniva avvicinato da vari ragazzi e che, in
particolare una ragazza, dopo avere consegnato del denaro al Marzilli
riceveva dallo stesso una pastiglia e dell’acqua. I militari cercavano,
quindi, di trarre in arresto l’imputato, il quale tentava di scappare,
spintonandoli, mentre versava in terra il contenuto di una bottiglia, una
pasticca di ecstasy ed due pezzi di hashish, successivamente sottoposti a
sequestro, unitamente alla somma di 40.000 lire, rinvenuta sulla persona
del prevenuto.

La argomentazione motivazionale, adottata dal decidente in relazione alla

Il giudice di merito, a giusta ragione, ha ritenuto sussistenti gli elementi
obiettivi del reato contestato, poiché lo spaccio è avvenuto alla presenza
dei Carabinieri.
Con il primo motivo di annullamento si tende ad una rilettura degli
elementi costituenti la piattaforma probatoria, sui quali al giudice di

Osservasi sul punto che il compito di questa Corte, in tema di sindacato
del vizio di motivazione, non è di sovrapporre una propria valutazione
delle risultanze processuali a quella già compiuta dai giudici di merito,
bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a
loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi,
dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se
abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle
argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate
conclusioni a preferenza di altre ( ex multis Cass. S.U. 29/1/1996, n. 930 );
il vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta la sentenza in esame
permette di ritenere che il decidente ha fatto buon governo delle regole,
ut supra, richiamate, sviluppando un discorso giustificativo esente da vizi.
Del pari, del tutto destituita di fondamento è l’eccepita nullità della
ordinanza del 19/2/2010, resa dal Tribunale, con cui veniva dichiarata
chiusa la istruttoria dibattimentale.
Il controllo esercitato sul contestato provvedimento, infatti, ha reso
evidente che la difesa, invitata a citare detti testimoni, non comparsi alle
due udienze ( 25/9/2009 e 6/11/2009 ) precedenti a quella del
19/2/2010, non curava di assolvere a tale onere; peraltro, la stessa difesa
nulla ha obiettato in ordine alla chiusura della istruttoria dibattimentale,
così da manifestare implicitamente la rinuncia all’assunzione del mezzo
istruttorio, e, in ogni caso, è incorsa nella decadenza della propria prova
testimoniale per omessa citazione dei soggetti in lista indicati.

legittimità è precluso procedere a nuovo esame estimativo.

Tenuto conto, di poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte
Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il
Marzilli abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’art.
616 cod.proc.pen., deve, altresì, essere condannato al versamento di una
somma, a favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 21/11/2013.

ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.

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