Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31167 del 24/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 31167 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BLEVE GIUSEPPE N. IL 15/12/1970
avverso la sentenza n. 1240/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
12/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

1

Data Udienza: 24/04/2013

Osserva

Ricorrono per cassazione i difensori di fiducia di Bleve Giuseppe Antonio avverso la
sentenza emessa in data 12.1.2012 dalla Corte di Appello di Lecce che confermava
quella del G.u.p. del Tribunale di Lecce con la quale, all’esito del giudizio
abbreviato, il predetto era stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 73,
50 comma dPR 309/1990 e condannato alla pena di anni 4 di reclusione ed C
18.000,00 di multa.

penale responsabilità.
E’ stata presentata una memoria difensiva a sostegno dell’ammissibilità del ricorso.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti nella presente
sede.
Il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20
febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare
i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non ha alterato la
fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si
trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è
tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata
valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove
acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del
merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della
possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della prova”,
finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza
del quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del
fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova
risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no
“veicolato”, senza travisamenti, all’interno della decisione (Cass. pen. Sez. IV,
19.6.2006, n. 38424). Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme
da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme,
come nel caso di specie, il limite del

devolutum non può essere superato

ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello,
al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a
contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., sez. II,
15.1.2008, n. 5994; Sez. I, 15.6.2007, n. 24667, Rv. 237207; Sez. IV, 3.2.2009,
n. 19710, Rv. 243636).
Orbene, le censure attinenti al preteso difetto di motivazione – ed essendo quelle
attinenti alla violazione di legge compenetrate con quelle- mirano appunto ad una
improponibile rivalutazione della prova e si risolvono in deduzioni in punto di fatto,
insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità,2

Deducono la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta

sottraendosi la motivazione della impugnata sentenza ad ogni sindacato per le
connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei suoi contenuti.
Quanto alla coltivazione di piante di marijuana (3) contenute nei vasi, si rileva che
in tema di coltivazione non autorizzata di piante dalle quali siano estraibili sostanze
stupefacenti sia domestica sia in senso tecnico-agrario, ovvero imprenditoriale, è
irrilevante, ai fini della punibilità della condotta, la pretesa destinazione della
sostanza ad uso personale (Cass. pen. Sez. IV, n. 13773 del 10.2.2011, non
49523 del 9.12.2009, Rv. 245661).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma, che si ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24.4.2013

massimata nel CED; Sez. VI, n. 49528 del 13.10.2009, Rv. 245648; Sez. VI, n.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA