Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31164 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31164 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BONCORE GIANFRANCO N. IL 07/05/1963
avverso la sentenza n. 13679/2014 GIP TRIBUNALE di PALERMO,
del 09/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 24/06/2015

Motivi della decisione
Boncore Gianfranco ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
del Tribunale di Palermo in data 9.10.2014, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, pari ad un anno e mesi
otto di reclusione oltre la multa, in ordine al reato di cui all’art. 73, comma V,
d.P.R. n. 309/1990. Il Tribunale, a seguito di annullamento senza rinvio di

Suprema Corte, stante l’intervenuta modifica del quadro edittale di riferimento, ha
proceduto a nuovo giudizio, nei confronti del Boncore; e le parti hanno concluso
l’accordo ora richiamato, che è stato ratificato dal giudice.
L’esponente si duole del mancato apprezzamento dei presupposti
legittimanti l’adozione di sentenza liberatoria, ex art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è inammissibile.
Come noto, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio
in base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo
sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza
dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti
dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di
una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da
una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco
delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben
essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare
una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più
analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la
volontà pattizia del giudicabile.

precedente sentenza, resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., disposto dalla

D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. E, nel caso di specie, il giudice ha espressamente considerato
che non sussistevano i presupposti per una pronuncia ai sensi dell’art. 129 cod.
proc. pen., alla luce del verbale di arresto, di perquisizione e sequestro, oltre che

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 24 giugno 2015.

delle dichiarazioni confessorie rese dal prevenuto.

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