Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31161 del 24/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31161 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 24/04/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ADAMA BEYE N. IL 11/05/1990
FAYE KHADIM N. IL 25/12/1990
avverso la sentenza n. 4306/2011 TRIBUNALE di TORINO, del
28/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

(27)Ai

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Adama Beye e Faye Khadim avverso la
sentenza emessa in data 28.10.2011 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice
monocratico del Tribunale di Torino con la quale veniva applicata ai predetti la pena
concordata e condizionalmente sospesa di anni uno mesi otto di reclusione ed C
4.000,00 di multa, ciascuno, per il delitto di cui all’art. 73, 5 0 comma dPR 309/1990.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione all’art. 133 c.p.
assumendo che il Giudice a quo aveva erroneamente ritenuto la congruità della pena

I ricorsi sono inammissibili perché proposti per motivi aspecifici e non consentiti nella
presente sede di legittimità.
Oltre alla palese genericità dei motivi che non indicano le concrete ed evidenti ragioni
per le quali la pena inflitta non potesse ritenersi adeguata alla stregua dei criteri di
cui all’art. 133 c.p., come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis,
Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della
motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla
particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia
atto, ancorché succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la
corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il
giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di
quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a
norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena,
rimettere in discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non
può, in particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al
merito nè recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle
circostanze o la congruità della pena a meno che si tratti di statuizioni palesemente
illegittime: evenienza questa che, nel caso di specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.500,00, ciascuno, in favore della cassa delle ammende,
non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.500,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

2

comminata.

Così deciso in Roma, il 24.4.2013

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