Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31160 del 24/04/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31160 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO
Data Udienza: 24/04/2013
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
EHIS ISRAEL N. IL 22/10/1990
avverso la sentenza n. 4764/2011 TRIBUNALE di TORINO, del
02/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
a/P/7
Osserva
Ricorre per cassazione personalmente, Ehis Israel avverso la sentenza emessa in data
2.12.2011 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del Tribunale di Torino con la
quale veniva applicata al predetto la pena concordata e condizionalmente sospesa di mesi sei
di reclusione ed C 1.400,00 di multa per il delitto di cui all’art. 73, 5 0 comma dPR 309/1990.
Deduce il vizio motivazionale in ordine all’insussistenza degli elementi che avrebbero potuto
condurre ad una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p..
sede di legittimità.
Oltre alla palese genericità dei motivi che non indicano le concrete ed evidenti ragioni per le
quali sarebbe dovuto intervenire il proscioglimento, come questa Corte ha ripetutamente
affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270,
Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va
conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il
giudice dia atto, ancorché succintamente, come nel caso di specie, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta
qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di
bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della
pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non
debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in particolare,
proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè recriminare sulla
qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la congruità della pena a
meno che si tratti di statuizioni palesemente illegittime: evenienza questa che, nel caso di
specie, è senz’altro da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza
di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24.4.2013
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi aspecifici e non consentiti nella presente