Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31148 del 24/06/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31148 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BINI FRANCO N. IL 16/09/1966
avverso la sentenza n. 4442/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
19/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
Data Udienza: 24/06/2015
Osserva
Bini Franco ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa in data 19.4.2013 dalla
Corte di appello di Firenze che in parziale riforma di quella in data 28.4.2011 del
Tribunale di Firenze, riduceva la pena inflitta al medesimo per il reato di furto
aggravato e di uso indebito di un bancomat trafugato, ad anni due e mesi due di
reclusione ed C 340,00 di multa.
Deduce la violazione di legge in relazione alla ricognizione intrinsecamente dubitativa
di cui all’art. 625 n. 2 c.p., nonché in ordine al mancato riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p..
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate.
Con congrua motivazione e corretta valutazione degli elementi probatori acquisiti la
Corte territoriale ha ritenuto l’attendibilità della ricognizione dell’imputato effettuata
dalla persona offesa che ha anche addotto concrete circostanze a riscontro della sua
conoscenza pregressa dell’imputato, ciò implica anche l’aspecificità della doglianza in
quanto, oltre a non potersi in questa sede rivalutare elementi di prova il cui
apprezzamento è riservato al giudice di merito, “è inammissibile il ricorso per
cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non
solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art.
591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv.
216473 e successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Analoghe considerazioni valgono in ordine all’aggravante di cui all’art. 625 n. 2 c.p.
che la Corte territoriale ha precisato essere frutto di un mero errore materiale,
dovendosi ritenere contestata
ab initio in fatto (nell’imputazione si legge “con
destrezza”) non la violenza sulle cose ma la destrezza come ravvisata anche dal
giudice di primo grado.
Infine, l’attenuante invocata del danno di speciale tenuità non risulta essere stata
oggetto di analogo motivo di appello, onde consegue l’improponibilità della relativa
doglianza ai sensi dell’art. 606 ult. comma c.p.p.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
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su cui poggiava la sua condanna e in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante
DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così deciso in Roma, il 24.6.2015