Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31147 del 03/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 31147 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

Data Udienza: 03/06/2014

SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di:
1. Trovato Giovanni, nato a Catania il 28-8-71,
2. Vinciguerra Michele, nato a Catania 1’1-4-67,
3. Sangiorgio Salvatore, nato a Catania il 15-10-71,
avverso l’ordinanza in data 13-1-14 del Tribunale di Catania, sezione 5 0 penale.
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata ed i ricorsi.
Udita la relazione fatta dal Consigliere, dott. Vincenzo Rotundo.
Udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, dott. Paolo Canevelli, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Udito l’avv. Leotta, che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.

FATTO E DIRITTO
1 . . Con ordinanze in data 7-11-13 e 12-11-13 la Corte di Appello di
Catania, sezione 1° penale, ha dichiarato l’inefficacia, per decorrenza dei
termini massimi di cui all’art. 303, comma 4, c.p.p., della misura della
custodia cautelare in carcere applicata a Trovato Giovanni, Vinciguerra
Michele e Sangiorgio Salvatore.
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Catania, adito ex art. 310
c.p.p., in data 13-1-14, in accoglimento dell’appello presentato dal
Procuratore Generale della Repubblica di Catania, ha annullato le predette
ordinanze del 7-11-13 e del 12-11-13, disponendo il ripristino della misura
della custodia in carcere nei confronti di Trovato Giovanni, Vinciguerra
Michele e Sangiorgio Salvatore, con sospensione dell’esecuzione del
provvedimento ai sensi dell’art. 310, comma 3, c.p.p. sino alla definitività
della decisione.
In particolare il Tribunale ha rilevato che la Corte di Appello non aveva
tenuto conto della sospensione dei termini di durata massima della custodia
in carcere, prevista dall’art. 304, comma 1, lett. c), c.p.p., durante la
pendenza dei termini di cui all’art. 544, commi 2 e 3, c.p.p. per il deposito
della motivazione delle sentenze di primo e secondo grado (pari
rispettivamente a 90 + 90 giorni), sicché, tenuto conto di tale sospensione, la
scadenza dei termini massimi di custodia cautelare doveva essere posticipata
almeno di 180 giorni, con scadenza pertanto non al 29-10-13 (come ritenuto
dalla Corte di Appello) ma al 29-4-14.

1

2 .-. Avverso la suindicata ordinanza del 13-1-14 hanno proposto ricorso per
cassazione, tramite i rispettivi difensori, Trovato Giovanni, Vinciguerra
Michele e Sangiorgio Salvatore.
Tutti i ricorrenti eccepiscono in primo luogo la inammissibilità dell’appello
presentato dal Procuratore Generale ai sensi dell’art. 310, comma 2, c.p.p. in
considerazione della omessa produzione da parte dell’impugnante della
documentazione a supporto della sospensione della decorrenza dei termini di
custodia cautelare. In secondo luogo deducono violazione di legge,
osservando che la durata complessiva della custodia cautelare, pur
conteggiando i periodi di sospensione, non potrebbe mai superare i termini
massimi indicati dall’art. 303, comma 4, c.p.p.
Sangiorgio Salvatore denuncia altresì la violazione dell’art. 127 c.p.p. per il
mancato avviso all’imputato della fissazione dell’udienza camerale. In
particolare, rappresenta che era stato inizialmente dato rituale avviso alle
parti della fissazione dell’udienza camerale per 1’11-12-13 ore 13,30, ma
successivamente a mezzo fax era stato comunicato ai soli difensori
l’anticipazione di detta udienza alle ore 11,00 del medesimo giorno 11-1213, senza darne avviso al Sangiorgio. Successivamente la trattazione
dell’udienza era stata differita dapprima al 23-12-13 e poi al 9-1-14. senza
però mai darne avviso al Sangiorgio, che non aveva potuto presenziare.
3 .-. I ricorsi sono infondati.
E’ già stato, infatti, chiarito che in materia di custodia cautelare, la
sospensione dei termini di cui all’art. 304 lett. c) cod. proc. pen., (pendenza
dei termini per la redazione della sentenza), opera non solo per i termini
intermedi e di fase, ma anche – fermo restando il limite di cui al comma
sesto del citato art. 304 cod. proc. pen. – per il termine di durata massima di
custodia cautelare (Sez. 5, Sentenza n. 4998 del 18/11/1996, Rv. 206095,
Fiorisi; e, da ultimo, Sez. 6, Sentenza n. 13907 del 13/03/2012, Rv. 252584,
Greco).
Ne discende che, come correttamente rilevato nel provvedimento impugnato,
avrebbe dovuto essere conteggiata la durata della sospensione dei termini di
durata massima della custodia in carcere, prevista dall’art. 304, comma 1,
lett. c), c.p.p., durante la pendenza dei termini di cui all’art. 544, commi 2 e
3, c.p.p. per il deposito della motivazione delle sentenze di primo e secondo
grado (pari rispettivamente a 90 + 90 giorni), con la conseguenza che la
scadenza dei termini massimi di custodia cautelare avrebbe dovuto essere
posticipata almeno di 180 giorni, con scadenza pertanto non al 29-10-13
(come ritenuto dalla Corte di Appello) ma almeno al 29-4-14.
Pertanto alla data delle ordinanze della Corte di Appello (7-11-13 e 12-1113) i termini di custodia non erano scaduti.
D’altra parte in materia di impugnazione di ordinanze che dispongono
misure cautelari, il divieto di produrre nuovi atti o documenti in appello,
scaturente dall’articolo 310, comma secondo, cod. proc. pen., non si estende
agli atti interni del processo, quali le sentenze e i provvedimenti resi nelle
fasi pregresse dai giudici o dagli organi intervenuti nel corso del
procedimento, poiché si tratta di atti o documenti sempre consultabili, dei
quali il giudice deve tenere conto, onde evitare la pronuncia di
provvedimenti abnormi o contraddittori, e che il giudice del gravame,
proprio perché deve tenerne conto, può acquisire anche d’ufficio (Sez. 4,

2

4 .-. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento
della spese processuali. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui
all’art. 28 Reg. Esec. c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento della spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec.
c.p.p.
Così deciso in Roma, il 3-6-2014.

Sentenza n. 3183 del 18/12/1996, Rv. 206651, Zorzenon; Sez. 3, Sentenza n.
3520 del 04/12/2002, Rv. 224213, Donno).
Ne deriva che le sentenze di condanna di primo e di secondo grado
(contenenti in dispositivo l’indicazione della disposta sospensione dei
termini per il tempo necessario al deposito delle motivazioni, in quanto atti
interni al processo), in quanto atti interni al processo, devono ritenersi atti
conosciuti dalle parti e, dunque, autonomamente valutabili dal Tribunale,
anche in assenza di produzione di parte.
Infine deve osservarsi che alla udienza dell’11-12-2013, anticipata alle ore
11 dalle ore 13,30 originariamente fissate, era presente il difensore del
Sangiorgio, che nulla ebbe ad eccepire in ordine alla anticipazione della
causa, anche perché si trattò di un semplice rinvio, disposto per altro su
sollecitazione degli stessi difensori. Ne deriva che nel caso di specie i
mancati avvisi al Sangiorgio non hanno determinato alcuna nullità rilevante,
anche in considerazione del fatto che il difensore era tenuto a comunicare
all’interessato il mutamento di orario.

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