Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31122 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31122 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CISTERNINO DIEGO N. IL 18/12/1971
avverso la sentenza n. 1412/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
14/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Data Udienza: 24/06/2015

Ritenuto in fatto

CISTERNINO Diego ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe, che ha confermato
quella di primo grado, che lo ha riconosciuto colpevole del reato di cui all’articolo 95 del
dpr n. 115 del 2002.

La condanna veniva basata sul rilievo che l’imputato, nel richiedere l’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato, aveva dichiarato che il reddito percepito dal proprio nucleo

a 13.521,00, tenendo conto di quello percepito dalla madre

Con il ricorso, si criticano, con il primo motivo, le conclusioni assunte, concordemente dai
giudici di merito, sostenendosi l’errore in cui sarebbe incorso l’imputato nel computo del
reddito, anche in ragione del fatto che in quel periodo lo stesso era lontano dal nucleo
familiare. Con il secondo motivo si duole del diniego delle attenuanti generiche.

Considerato in diritto

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il reato di cui all’articolo 95 del dpr n. 115 del 2002, che punisce le falsità o le omissioni
nelle dichiarazioni e nelle comunicazioni per l’attestazione delle condizioni di reddito in
vista dall’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, è integrato dalle dichiarazioni con
cui l’istante affermi, contrariamente al vero, di avere un reddito inferiore a quello fissato
dalla legge come soglia di ammissibilità, ovvero neghi o nasconda mutamenti significativi
del reddito dell’anno precedente, tali cioè da determinare il superamento di detta soglia.

La ricostruzione operata in sede di merito ha consentito di apprezzare la difformità
rispetto al vero di quanto dichiarato.

Non vi è spazio per evocare il tema dell’errore, ove si consideri che deve essere
considerato errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quello che cade sulla
struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre
branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie
criminosa, dovendosi intendere per «legge diversa dalla legge penale» ai sensi
dell’articolo 47 c.p. quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non
penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa non richiamata
anche implicitamente (Sezione IV, 7 ottobre 2010, PG in proc. Barba, proprio in una
fattispecie relativa al reato di interesse, laddove la Corte ha ritenuto che l’articolo 76 del

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familiare per l’anno 2007 era stato pari ad euro 4.891,31, mentre quello effettivo era pari

dpr n. 115 del 2002, che disciplina la materia del patrocinio a spese dello Stato ed è
espressamente richiamato dalla norma incriminatrice di cui all’art. 95 stesso decreto, non
costituisca legge extrapenale).

Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, giacchè il giudicante ha esercitato
del proprio potere valutativo in modo satisfattivo, alla luce dei parametri di riferimento di
cui all’articolo 133 c.p, facendo riferimento ai plurimi precedenti penali.

che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice
un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge,
in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del
soggetto che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto
adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo
all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga di escluderla, di giustificarne sotto ogni
possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, è la suindicata meritevolezza
che necessita, essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione
dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la
mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per
converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica
richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle
plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia
la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la
richiesta stessa si fonda. In questa prospettiva, anche uno solo degli elementi indicati
nell’articolo 133 c.p., attinente alla personalità del colpevole o alla entità del reato ed alle
modalità di esecuzione di esso, può essere sufficiente per negare o concedere le
attenuanti generiche, derivandone così che, esemplificando, queste ben possono essere
negate anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato (Sezione IV, 15 luglio
2014, Lacchè)

All’inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la condanna
del medesimo al pagamento delle spese processuali ed a quello della somma che
congruamente si determina in euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

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E’ sufficiente ricordare, del resto, che, in tema di circostanze attenuanti generiche, posto

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio in data 24 giugno 2015

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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