Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31117 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31117 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GULMINI LUCIANO N. IL 30/04/1965
avverso la sentenza n. 7141/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
01/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 24/06/2015

Motivi della decisione
La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 1.04.2014, confermava la
sentenza di condanna resa dal Tribunale di Monza, il 19.04.2013, all’esito di giudizio
abbreviato, nei confronti di Gulmini Luciano, in ordine al reato di cui all’art. 186,
comma 2, lett. c), cod. strada, con l’aggravante di aver provocato un incidente
stradale.
Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per

Con il primo motivo, la parte deduce la violazione di legge. Il ricorrente
sottolinea che, nel caso di specie, venne effettuata una sola prova strumentale; e
rileva che i giudici di merito hanno parimenti affermato la penale responsabilità del
prevenuto, per il reato di guida in stato di ebbrezza, ai sensi dell’art. 186, comma
2, lett. c), cod. strada, argomentando sulla base degli indici sintomatici. Osserva
che, se del caso, i giudici avrebbero dovuto ritenere integrata l’ipotesi più lieve, tra
quelle previste dal citato art. 186.
Con il secondo motivo la parte deduce la carenza di motivazione in
riferimento al trattamento sanzionatorio. Osserva che la cornice edittale, vigente
alla data del fatto, prevedeva un minimo inferiore rispetto quello successivamente
introdotto con la novella del 2010. E ritiene che la Corte di Appello non ha
giustificato il mancato accoglimento della richiesta difensiva, in ordine alla
rideterminazione della pena.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di doglianza è manifestamente infondato.
Invero, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che nel reato di guida in
stato di ebbrezza, poiché l’esame strumentale non costituisce una prova legale,
l’accertamento della concentrazione alcolemica può avvenire in base ad elementi
sintomatici, per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 cod. strada; e che,
qualora vengano oltrepassate le soglie superiori, la decisione deve essere sorretta
da congrua motivazione (Cass. Sez. 4, sentenza n. 27940 del 7.06.2012, dep.
12.07.2012, Rv. 253598). In applicazione del dichiarato principio di diritto, la Corte
regolatrice ha reputato corretta la decisione del giudice di merito, che aveva
ritenuto integrata l’ipotesi di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada, tenendo
conto dell’esito di una sola misurazione alcolimetrica e dell’evidenza dei sintomi
rilevati dai verbalizzanti.
Tanto chiarito, deve poi considerarsi che la giurisprudenza di legittimità ha
ripetutamente affermato che, ai fini della configurazione del reato che occupa, lo
stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste
dall’art. 186 cod. strada, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica

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cassazione l’imputato.

ed indiziaria, indipendentemente dall’accertamento strumentale (Cass. sez. 4,
sentenza n. 28787, del 9.6.2011, Rv. 250714).
Come si vede, la valutazione espressa dalla Corte di Appello si colloca del
tutto coerentemente nell’alveo dei richiamati principi di diritto; il Collegio ha infatti
osservato che la prova dello stato di ebbrezza discendeva, oltre che dall’indicazione
emergente dall’unica prova strumentale effettuata, dalle condizioni psicofisiche
gravemente alterate in cui versava il Gulmini al momento del controllo, come
riferite dai verbalizzanti.

valutazioni espresse dai giudici di merito circa lo stato di ebbrezza in cui versava
l’imputato al momento del controllo, tale da far rientrare la condotta di guida
nell’ambito applicativo del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada,
non risultano sindacabili in questa sede di legittimità.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Invero, la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato
argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto
concerne la determinazione del trattamento sanzionatorio. E’ appena il caso di
considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle
attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti
punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n.
9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano
frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n.
26908, Rv. 229298). E la Corte di Appello, soffermandosi sullo specifico motivo di
doglianza, ha espressamente considerato che la pena inflitta dal primo giudice
(pena base mesi nove di arresto oltre l’ammenda, diminuita di un terzo per il rito)
non era ulteriormente mitigabile, tenuto conto della gravità del fatto e della
personalità dell’imputato, lumeggiata dai precedenti, anche specifici, già riportati.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

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Conclusivamente sul punto, deve allora osservarsi che le conformi

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma in data 24 giugno 2015.

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