Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31114 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31114 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI NOI PAOLO N. IL 22/06/1972

cri ezcce
avverso la sentenza n. 1151/2009 CORTE APPELLMEZ.DIST. di
TARANTO, del 28/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 24/06/2015

Motivi della decisione
Di Noi Paolo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in data 28.11.2013, con la
quale, in parziale riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Taranto,
sezione distaccata di Grottaglie, il 6.02.2009, in riferimento al delitto di furto
aggravato in fattispecie tentata, veniva sostituita la pena detentiva con quella
pecuniaria della specie corrispondente e confermata nel resto la decisione del primo

Con unico motivo il ricorrente contesta l’affermazione di responsabilità
penale. La parte ritiene che la Corte di Appello sia incorsa in violazione di legge,
laddove ha confermato il giudizio di colpevolezza, pur ammettendo la sussistenza dì
incongruenze in ordine al riconoscimento dell’autore del reato.
Il ricorso è inammissibile.
Si osserva che la parte deduce censure non consentite nel giudizio di
legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, come
pure l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla
esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata
motivazione, immune da incongruenze di ordine logico. Come è noto la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass.
24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999;
n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che “esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.
sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero, in sede di legittimità non sono
consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono
nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI
sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, la
Corte di Appello ha in particolare rilevato, sviluppando un percorso argomentativo
immune dalle denunciate aporie di ordine logico, che il riconoscimento a carico del

giudice.

prevenuto era stato effettuato dal teste Cavallo, sin dal momento in cui il
dichiarante aveva nuovamente visto lo sconosciuto – che aveva scavalcato il
cancello e poi si era dato alla fuga – fare ritorno sul posto, avendo lasciato la
propria autovettura parcheggiata nei pressi della abitazione, teatro del tentativo di
furto. Oltre a ciò, il Collegio ha chiarito che Di Noi venne visto nell’immediatezza
del fatto, con camicia e pantaloni strappati; e che nel frangente appariva affannato
e molto preoccupato. A margine di tale conferente percorso argomentativo, la

evenienza rendeva maggiormente difficoltosa la piana ricostruzione dell’accaduto,
da parte dei diversi dichiaranti.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 24 giugno 2015.

Corte territoriale ha poi osservato che il fatto era accaduto in piena notte e che tale

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