Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31113 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31113 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AMATO AGATINO N. IL 27/04/1977
avverso la sentenza n. 1836/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
08/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 24/06/2015

Motivi della decisione
Amato Agatino ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Corte di Appello di Catania, in data 8.05.2014, con la quale è stata confermata la
sentenza di condanna resa dal Tribunale di Catania, Sezione distaccata di
Mascalucia, il 13.03.2012, in riferimento al delitto di furto aggravato in fattispecie
tentata per cui si procede.
Con unico motivo il ricorrente contesta l’affermazione di responsabilità

base al quale ha ritenuto che il riconoscimento effettuato dai verbalizzanti, nel
visionare le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza, giustificasse la
conferma della condanna.
Sotto altro aspetto, l’esponente considera che neppure risulta soddisfatto
l’obbligo motivazionale in punto di pena.
Il ricorso è inammissibile.
Si osserva che la parte deduce censure non consentite nel giudizio di
legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, come
pure l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla
esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata
motivazione, immune da incongruenze di ordine logico. Come è noto la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass.
24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999;
n. 6402/1997). Più specificamente si è chiarito che “esule dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza
che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e
per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Cass.
sezioni unite 30.4.1997, Dessimone). Ed invero, in sede di legittimità non sono
consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono
nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal
giudice di merito (ex multis Cass. 23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI
sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, la
Corte di Appello ha in particolare rilevato, sviluppando un percorso argomentativo

penale. La parte ritiene che la Corte di Appello non abbia chiarito l’iter logico in

immune dalle denunciate aporie di ordine logico, che il riconoscimento effettuato
dai Carabinieri era pienamente affidabile, posto che i militari avevano pure chiarito
che Amato era soggetto da loro ben conosciuto, per ragioni di ufficio. Si osserva,
poi, che la Corte territoriale ha soddisfatto lo specifico obbligo motivazionale, anche
in riferimento al trattamento sanzionatorio. Il Collegio, invero, ha considerato che
la pena irrogata dal primo giudice non era ulteriormente mitigabile; e ciò in ragione
del non lieve precedente penale che si rinviene a carico dell’imputato, ritenuto

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 24 giugno 2015.

ostativo al riconoscimento delle invocate attenuanti generiche.

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