Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31110 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31110 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ROMANO FRANCESCO N. IL 19/09/1980
avverso la sentenza n. 1538/2013 CORTE APPELLO di LECCE, del
16/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;

Data Udienza: 24/06/2015

Motivi della decisione

Contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha ritenuto
responsabile Romano Francesco in ordine al reato di cui
all’articolo 95 in relazione all’art.79 co.1 lett.c) d.PR.
115/2002, ha proposto ricorso in cassazione l’imputato chiedendone
l’annullamento per violazione di legge in punto di responsabilità,

di indicare redditi da lavoro della moglie convivente nonché
l’indennità di disoccupazione da lui percepita, non aveva la
consapevolezza di effettuare una dichiarazione non veritiera, e
con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze
attenuante generiche.
Il ricorso
cod.proc.pen.,

inammissibile,
perché

proposto

ex

articolo 606,
per

motivi

comma 30 ,

manifestamente

infondati, in quanto ripropone questioni di merito a cui la
sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e mira ad
una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di
legittimità. Una volta infatti che il giudice di merito abbia
chiarito la dinamica del fatto con motivazione congrua, non
compete alla Corte di legittimità valutare gli atti. La Corte di
appello di Lecce ha invero adeguatamente ed esaustivamente
motivato in punto di responsabilità, evidenziando in particolare
le ragioni per cui non poteva parlarsi nella fattispecie che ci
occupa di ignoranza della legge penale, che può scusare l’autore
dell’illecito

soltanto

quando

sia

inevitabile,

e

quindi

incolpevole, facendo venir meno l’elemento soggettivo del reato.
Per quanto concerne poi mancato riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche, si rileva che la decisione impugnata risulta
sorretta da conferente apparato argomentativo, che soddisfa appieno
l’obbligo motivazionale, anche per quanto concerne la dosimetria
della pena e il diniego delle attenuanti generiche. E appena il
caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi
per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al
giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della

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in quanto, secondo la difesa, l’imputato, allorquando aveva omesso

pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la
giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Cass., Sez.6, 22 settembre 2003 n.227142) o
con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass.,
sez.6, 4 agosto 1998, Rv.211583), ma afferma anche che le
statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze
aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di

siano frutto di mero arbitrio o ragionamenti illogico (Cass.,
sez.3, 16 giugno 2004 n.26908, Rv.229298). Si tratta di evenienza
che certamente non sussiste nel caso di specie, avendo la Corte di
appello di Lecce espressamente chiarito le ragioni in base alle
quali ha ritenuto di non concedere le attenuanti generiche e di
confermare la pena irrogata dal giudice di primo grado.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al
pagamento, a favore della Cassa delle ammende, della somma di euro
1.000 a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di causa di
inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del
ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7
– 13 giugno 2000 ).

P Q M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del processuali e al versamento della somma
di mille euro alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 24 giugno 2015

(91

cui all’art.133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando

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