Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31103 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31103 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE ROSA GIUSEPPE N. IL 12/08/1977
CESTARI MICHELE N. IL 30/01/1973
avverso la sentenza n. 3043/2013 GIP TRIBUNALE di ASTI, del
30/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 24/06/2015

Motivi della decisione
Cestari Michele ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
G.i.p. presso il Tribunale di Asti in data 30.04.2014, con la quale, ai sensi dell’art.
444 cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al
reato di furto aggravato in fattispecie concorsuale.
L’esponente afferma che il reato è estinto per prescrizione. Quindi deduce
violazione di legge e vizio motivazionale, in riferimento al mancato proscioglimento

l’aggravante della violenza sulle cose.
Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
coimputato De Rosa Giuseppe, deducendo censure di tenore conforme rispetto a
quelle sopra richiamate.
I ricorsi, che si esaminano congiuntamente, sono inammissibili.
Come noto, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio in
base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiannento: lo
sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza
dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti
dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di
una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da
una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco
delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben
essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare
una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più
analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la
volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa

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ex art. 129 cod. proc. pen. Osserva, inoltre, che nel caso di specie non sussiste

Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. E, nel caso di specie, il giudice ha espressamente evidenziato
che non sussistevano i presupposti per pronunciare sentenza di proscioglimento ex
art. 129 cod. proc. pen. Oltre a ciò, il giudicante ha sottolineato che la
qualificazione giuridica dei fatti era corretta. Si osserva, infine, per completezza
argomentativa, che in riferimento al delitto in addebito, commesso nel 2013, non

sentenza impugnata, né successivamente.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della
somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q. M .
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma dì C 1500,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 24 giugno 2015.

risulta altrimenti decorso il relativo termine di prescrizione, né alla data della

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