Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31061 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31061 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CARI MARIA N. IL 13/07/1956
avverso la sentenza n. 4221/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
10/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 24/06/2015

Osserva
Il difensore di fiducia di Cari Maria ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa
in data 10.3.2014 dalla Corte di appello di Venezia che confermava quella in data
16.9.2013 del Tribunale di Padova con cui il predetto era stato condannato (con la
recidiva) alla pena di mesi dieci di reclusione ed C 500,00 di multa per il delitto di cui
all’art. 624 bis c.p..
Deduce la violazione di legge in relazione alla valutazione delle prove acquisite nonché

concessione delle attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 62 n. 4 c.p.
Il ricorso è inammissibile non essendo le censure mosse consentite nella presente
sede di legittimità.
La prima censura tende ad una rivalutazione delle risultanze processuali non
consentita in sede di legittimità. Al riguardo, giova sottolineare che, secondo il
consolidato orientamento della Suprema Corte, “esula dai poteri della Corte di
Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della
decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito” (Sez.
Un. n.6402/97, imp. Dessimone ed altri, Rv. 207944).
Quanto alle residue doglianze, si rammenta che la valutazione dei vari elementi per la
concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione
delle circostanze, nonché per quanto riguarda in generale la dosimetria della pena
rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei
parametri valutativi di cui all’articolo 133 c.p. è censurabile in cassazione solo quando
sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (cfr. Cass. pen. Sez. II, del
19.3.2008 n. 12749 Rv. 239754). Evenienza che qui deve senz’altro escludersi attesa
la congrua motivazione addotta sul punto dal Giudice a quo.
Inoltre, la commisurazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di
merito ed è adeguatamente motivata alla stregua della giurisprudenza di questa Corte
di legittimità secondo la quale il giudice del merito, con la enunciazione, anche
sintetica, dell’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod.
pen., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione: tale valutazione, infatti,
rientra nella sua discrezionalità e non postula un’analitica esposizione dei criteri
adottati per addivenirvi in concreto (da ultimo, Cass. pen. Sez. II, del 19.3.2008 n.
12749 Rv. 239754).
Consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del
2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

2

il vizio motivazionale in ordine al trattamento sanzionatorio e alla mancata

DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA LA RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE
PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLE EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
COSÌ deciso in Roma, il 24.6.2015

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