Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31055 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31055 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI SCIPIO DOMENICO N. IL 22/07/1962
avverso la sentenza n. 2403/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
16/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 24/06/2015

Motivi della decisione
Di Scipio Domenico ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Genova in data 16.01.2014, con la quale, in parziale
riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Chiavari il 20.03.2013, per
quanto rileva in questa sede, veniva rideterminata la pena relativa al reato di cui
all’art. 186, comma 2, lett. b), cod. strada, per cui si procede.
Con unico motivo il ricorrente deduce il vizio motivazionale in riferimento

Il ricorso è inammissibile.
Si osserva che la decisione impugnata risulta sorretta da conferente
apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per
quanto concerne la determinazione del trattamento sanzionatorio. E’ appena il caso
di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle
attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti
punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n.
9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano
frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n.
26908, Rv. 229298). E la Corte di Appello, nel rideterminare la pena rispetto al
reato in addebito, ha espressamente considerato che i gravi e numerosi precedenti
penali che si rinvengono a carico del prevenuto imponevano di discostarsi dal
minimo edittale; ed ha quindi irrogato la pena di mesi tre di arresto ed C 1.500,00
di ammenda, ritenuta congrua sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 24 giugno 2015.

alla entità della pena.

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