Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31040 del 24/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31040 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MELFI GIUSEPPE N. IL 15/04/1975
RESTA GIOVANNI N. IL 08/10/1987
avverso la sentenza n. 1925/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
21/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Data Udienza: 24/06/2015

Fatto e diritto

RESTA Giovanni e MELFI Giuseppe ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe che,
modificando in

melius

il trattamento sanzionatorio nei confronti del primo, ha

confermato il giudizio di responsabilità per il reato di furto aggravato, contestato in

Con il ricorso si ripropongono questioni già disattese dal giudice di appello con
riferimento alla identificazione degli imputati avvenuta attraverso la visione da parte dei
carabinieri del video proveniente dal sistema di video registrazione collocato in modo da
riprendere sia l’esterno che l’interno dell’abitazione, confermata in dibattimento da uno
degli operanti, il quale conosceva personalmente i prevenuti, e dal rinvenimento di gran
parte della refurtiva nell’appartamento del Melfi.

Il ricorso sono manifestamente infondati, a fronte di decisione che appare incensurabile
in fatto e soprattutto corretta nell’applicazione dei principi di diritto.

Le doglianze sulla responsabilità sono tipicamente di fatto, nonostante gli argomenti
spesi a supporto, perché attingono un apprezzamento del compendio probatorio
satisfattivamente dimostrativo ai fini della condanna, laddove viene valorizzato il dato
rappresentato da videoriprese del fatto e dalle dichiarazioni dell’operante, il quale ha
descritto in dibattimento le fattezze fisiche e somatiche dei tre prevenuti, confermando
che gran parte delle refurtiva era stata rinvenuta nell’abitazione del Melfi, a distanza di
meno di 48 ore dal delitto.

L’apprezzamento del giudicante non merita censure in questa sede.

Ciò in quanto, in tema di ricorso per cassazione, allorquando si prospetti il difetto di
motivazione, l’articolo 606, comma 1, lettera e), c.p.p. non consente alla Corte di
legittimità una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle
prove, perché è estraneo al giudizio di cassazione il controllo sulla correttezza della
motivazione in rapporto ai dati probatori (Sezione VI, 6 maggio 2009, Esposito ed
altro).

A questo, anzi, dovendosi aggiungere che, in tema di ricorso per cassazione, quando ci
si trova dinanzi ad una “doppia conforme” e cioè ad una doppia pronuncia (in primo e in

concorso con un terzo, non ricorrente.

secondo grado) di eguale segno (vuoi di condanna, vuoi di assoluzione), l’eventuale
vizio di travisamento può essere rilevato in sede di legittimità, ex articolo 606, comma
1, lettera e), c.p.p., solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica
deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima
volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di
secondo grado (Sezione IV, 10 febbraio 2009, Ziello ed altri). Ipotesi qui non

Alla inammissibilità dei ricorsi, riconducibile a colpa dei ricorrenti(Corte Cost., sent. 713 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna dei ricorrenti medesimi al pagamento
delle spese processuali e, ciascuno, di una somma, che congruamente si determina in
mille euro, in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti

al pagamento delle spese

processuali e ciascuno a quello della somma di 1000 euro in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso nella camera di consiglio in data 24 giugno 2015

Il Consigliere estensore

Il

sidente

ricorrente.

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