Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31038 del 24/06/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31038 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA
Data Udienza: 24/06/2015
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
POLLINI GIOVANNI ALBINO N. IL 28/08/1967
avverso la sentenza n. 2687/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
04/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
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Z.
Motivi della decisione
Contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha ritenuto
responsabile Pollini Giovanni Albino in ordine al reato di cui
agli articoli 624 e 625 n.2 c.p., ha proposto ricorso in
cassazione l’imputato chiedendone l’annullamento per violazione di
legge e difetto di motivazione in punto di responsabilità, in
riconducibile all’odierno ricorrente fosse stata rinvenuta al di
fuori del luogo in cui si era consumato il furto, porterebbe ad
escludere, come già ritenuto dal giudice di primo grado, la
partecipazione dell’imputato al reato contestatogli.
ex
Il ricorso è inammissibile,
articolo 606,
comma 3 ° ,
cod.proc.pen., perché proposto per motivi manifestamente
infondati, in quanto ripropone questioni di merito a cui la
sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e mira ad
una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di
legittimità. Una volta infatti che il giudice di merito abbia
chiarito la dinamica del fatto con motivazione congrua, non
compete alla Corte di legittimità valutare gli atti. La Corte di
appello di Milano ha invero adeguatamente ed esaustivamente
motivato in punto di responsabilità, evidenziando in particolare
che le impronte digitali del Pollini erano state rinvenute su ben
due delle finestre del laboratorio in cui era stato perpetrato il
furto e precisamente su quella che era stata forzata ed aperta per
entrare, e lasciata anche spalancata dopo la commissione del
reato, e su un’altra, la cui forzatura era stata tentata senza
riuscirvi.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al
pagamento, a favore della Cassa delle ammende, della somma di euro
1.000 a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di causa di
inammissibilità. riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del
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quanto, secondo la difesa, la circostanza che l’impronta digitale
ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7
– 13 giugno 2000 ).
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di
Così deciso in Roma il 24 giugno 2015
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Presidente
mille euro alla Cassa delle ammende.