Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3103 del 20/11/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 3103 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
PRESSO TRIBUNALE DI FIRENZE
nei confronti di:
1) CHELUCCI AMOS N. IL 27/06/1957 * C/
2) NATALINI PATRIZIA N. IL 15/07/1957 * C/
avverso l’ordinanza n. 942/2012 TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE, del
29/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
4ette/sentite le conclusioni del PG Dott. V Prro
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 29 giugno 2012 il Tribunale del riesame di Firenze, in accoglirnento
dell’istanza proposta da Chelucci Amos e Natalini Patrizia avverso l’ordinanza emessa
dal G.i.p. presso il Tribunale di Pistoia in data 5 giugno 2012, ha sostituito per entrambi
la misura degli arresti domiciliari, nei loro confronti applicata per i reati di cui agli artt.

dall’ottobre del 2007, nelle rispettive qualità di socio accomandante e socio
accomandatario della “Chelucci Costruzioni s.a.s.” – con quella dell’obbligo di dimora nel
territorio del Comune di Pistoia, imponendo il relativo controllo a cura della locale
Questura.
2. La predetta misura cautelare veniva dal G.i.p. applicata in ragione della ritenuta non
appartenenza del Chelucci e della Natalini alla compagine associativa emersa nell’ambito
di una complessa attività d’indagine, che portava a configurare nei confronti di numerose
persone i reati di corruzione aggravata e turbata libertà degli incanti aggravata in
relazione ad una serie di gare d’appalto svoltesi presso vari Comuni del territorio della
provincia pistoiese. A carico del Chelucci e della Natalini, peraltro, venivano ravvisati
gravi indizi dei reati di corruzione e turbata libertà degli incanti, unitamente alle esigenze
cautelari già individuate dal G.i.p. (ossia, i pericoli di inquinamento probatorio e di
reiterazione del reato), ponendosi in evidenza come queste ultime fossero da porre in
relazione, per un verso, con la possibilità di successivo sviluppo delle indagini in corso
ed il conseguente rischio di occultamento e/o distruzione di prove relative a contratti e
contabilità, e, per altro verso, con il rischio di reiterazione di condotte criminose
analoghe relativamente a procedure d’appalto avviate e non ancora concluse.
3. Avverso la predetta decisione del Tribunale del riesame di Firenze ha proposto ricorso
per cassazione il P.M. presso il Tribunale di Pistoia, deducendone la mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per non aver spiegato le ragioni
della ritenuta idoneità della meno grave misura cautelare in relazione alle ipotizzate
fattispecie di reato, valorizzando in tal senso unicamente il tempo trascorso agli arresti
domiciliari e l’estraneità all’associazione (aspetto già valutato dal G.i.p.). Né, peraltro,

110, 319, 321, 353, comrna 2 e 317 c.p. — commessi in Pistoia e provincia, a decorrere

risulterebbe comprensibile l’efficacia deterrente che in concreto potrebbe essere
esercitata dall’applicazione di tale misura coercitiva in relazione alle ravvisate esigenze
cautelati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è inammissibile, in quanto volto non a rilevare mancanze argomentative ed

valutative compiutamente giustificate dall’impugnata decisione, il cui assetto
motivazionale, di contro, ha sviluppato un’adeguata disamina della base storico-fattuale
oggetto della contestazione formulata in sede cautelare, traendone le conseguenze
logicamente coerenti con il quadro complessivo delle risultanze offerte dalle attività
d’indagine.
Dall’iter motivazionale dell’impugnata pronuncia, infatti, emerge con chiarezza come il
Tribunale del riesame abbia, con congrua e lineare esposizione logico-argomentativa,
indicato gli elementi da cui ha tratto il giudizio di una maggiore adeguatezza e
proporzionalità della meno afflittiva misura coercitiva applicata nel caso di specie,
collegandone le ragioni all’esclusione di indizi circa la partecipazione al reato associativo
di cui al capo sub a), alla condizione di incensuratezza degli indagati e al decorso di un
significativo lasso temporale.

5. E’ noto che il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei
provvedimenti restrittivi della libertà personale non può consistere in una “rilettura”
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, il cui apprezzamento è
riservato in via esclusiva alla sfera cognitiva del Giudice del merito, senza che possa
integrare il vizio di motivazione la prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata o maggiormente esatta, valutazione del quadro indiziario e delle correlative
esigenze cautelari.
E’ parimenti noto che il principio di proporzionalità, al pari di quello di adeguatezza,
opera come parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze
ravvisabili nel caso concreto, tanto al momento della scelta e dell’adozione del
2

illogicità ictu acuii percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte

provvedimento coercitivo, che per tutta la durata dello stesso, imponendo una costante
verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le esigenze che
concretamente permangano o residuino, secondo il principio della minor compressione
possibile della libertà personale (Sez. Un., n. 16085 del 31/03/2011, dep. 22/04/2011,
Rv. 249324).

ipotetiche appaiono le considerazioni espresse nel ricorso, in quanto correlate ad un
generico deficit di funzionalità pratica della nuova misura cautelare, il cui concreto
manifestarsi, se del caso, potrebbe sollecitare una rivisitazione dell’intero quadro
cautelare.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, 11, 20 novembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

A tale quadro di principii si è uniformato l’impugnato provvedimento, laddove solo

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