Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30942 del 10/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30942 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

Data Udienza: 10/07/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARIS’ VITO N. IL 04/03/1963
PARISI RADAMES N. IL 10/11/1974
FERRANTE DAMIANO N. IL 09/04/1975
FIORENTINO ANTONIO N. IL 10/01/1960
FIORENTINO EMANUELE N. IL 19/04/1985
COLONNA NICOLA N. IL 26/05/1961
COLONNA DOMENICO N. IL 10/01/1935
PALERMO CATALDO N. IL 05/07/1965
ANACLERIO ALESSANDRO N. IL 22/03/1984
CARNEVALE CLAUDIO N. IL 23/07/1980
CANNALE DEBORAH N. IL 04/03/1976
avverso la sentenza n. 2455/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
29/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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O ^ va44.9., 71; s a< 1 (444, O f — d'f4' P-6/4 co- 1,4 026~, Ovrahtf (G12.744 04t, itro I ( vref. 111,0» r ott o itakkug 41111 ),AA 4tuth Ù‹, ig.974 4rYP tm,g3 i Atít/ 421 Con sentenza del 29 maggio 2013, la Corte di appello di Bari ha, in riforma della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città del 13 marzo 2012, assolto CARNEVALE Claudio e PALERMO Cataldo dal reato loro ascritto al capo A) per non aver commesso il fatto e rideterminato la pena inflitta al CARNEVALE in riferimento al reato di cui al capo X) in anni tre di reclusione ed euro 2.200 di multa e al PALERMO in anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 4.400 di multa in riferimento al reato ascrittogli al capo W). Ha rideterminato la pena inflitta, in riferimento ai reati loro rispettivamente ascritti, a PARIS' Vito in anni sei e mesi dieci di reclusione ed euro 3.800 di multa, previa esclusione della aggravante di cui all'art. 7 del d.l. n. 152 del 1991; a PARISI Radames e FERRANTE Damiano in anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro 10.000 di multa ciascuno; a FIORENTINO Antonio in anni sette e mesi due di reclusione ed euro 7.800 di multa, previa esclusione della aggravante di cui all'art. 7 del d.l. n. 152 del 1991; a FIORENTINO Emanuele in anni cinque e mesi quattro di reclusione ed euro 12.000 di multa. Ha eliminato l'interdizione legale e sostituito la interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella temporanea per la durata di anni cinque in favore di PARIS' Vito, PARIS' Radames, FERRANTE Damiano, FIORENTINO Antonio, FIORENTINO Emanuele e PALERMO Cataldo ed ha confermato la condanna di COLONNA Nicola alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 6.000 di multa quale imputato del delitto di cui al capo D); di ANACLERIO Alessandro alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 3.000 di multa quale imputato dei delitti di cui ai capi A) ed N); COLONNA Domenico alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 6.000 di multa quale imputato del delitto di cui al capo Y) e CANNALE Deborah alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 4.000 di multa quale imputata del delitto di cui al capo F). Tutti gli imputati suddetti hanno proposto ricorso per cassazione. Nei ricorsi proposti personalmente da PARISI Vito, PARISI Radames e FERRANTE Damiano, di contenuto sostanzialmente identico, si deduce la inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche in quanto le stesse sarebbero state eseguite in forza di un "presunto quanto inesistente roaming" da effettuare con gli impianti in dotazione della polizia giudiziaria. Si lamenta, poi, la eccessività della pena in rapporto ai parametri di legge. Nel ricorso proposto dal difensore di PARISI Vito e PARISI Radames si lamenta, quanto al primo, che non sia stata operata alcuna riduzione di pena in riferimento agli aumenti per la continuazione a seguito della eliminazione dell'unica aggravante contestata e si deduce comunque la eccessività del trattamento sanzionatorio. Quanto al secondo si deduce la eccessività del trattamento in ragione del buon comportamento processuale e della posizione secondaria e subordinata. Anche nel ricorso proposto nell'interesse di FIORENTINO Antonio e di FIORENTINO Emanuele si lamenta la eccessività della pena in riferimento ai criteri OSSERVA 2 offerti dall'art. 133 cod. pen., mentre nel ricorso proposto nell'interesse di COLONNA Nicola, sui lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di responsabilità, sul rilievo che sarebbero state erroneamente valutate le prove raccolte: si sarebbe in particolare dato credito alla versione della persona offesa trascurando emergenze di segno contrario, che vengono rievocate. Nel ricorso proposto nell'interesse di COLONNA Domenico si contesta la sussistenza del contestato e ritenuto delitto di riciclaggio, giacché il versamento degli assegni sul conto dell'imputato non integrerebbe la sostituzione oggetto del delitto: per altro verso, difetterebbe l'elemento soggettivo, in quanto la condotta dell'imputato si esauriva nel quadro di una situazione di impossibilità ad operare da parte del figlio, sicché, al più, nei fatti poteva essere ravvisata una ipotesi di favoreggiamento reale. Si lamenta, poi, vizio di motivazione in ordine alla mancata concessone delle attenuanti generiche ad ai criteri di determinazione del trattamento sanzionatorio e si contesta la sussistenza dei presupposti per ritenere legittima la disposta confisca di una autovettura. Le deduzioni svolte dal ricorrente sono state ribadite nei motivi aggiunti nei quali si è in particolare sottolineata la impossibilità di ravvisare nei fatti la contestata condotta di riciclaggio. Nel ricorso proposto nell'interesse di PALERMO Cataldo, si deduce che la assoluzione dell'imputato dal reato associativo doveva indurre a maggiore scrupolo nella motivazione circa il dolo in merito alla illecita provenienza dei titoli riciclati, posto che l'imputato ben poteva non conoscere le persone e le circostanze che avevano originato la cessione dei titoli, vista la natura della sua attività di gestore di distribuzione di carburanti. Le dichiarazioni di Capasso Cosimo non sarebbero poi utilizzabili in quanto lo stesso doveva essere considerato a quel momento indiziato: le stesse, comunque, dovevano essere vagliate sotto il profilo intrinseco ed estrinseco, trattandosi di fonte inattendibile. La conversazione del 19 agosto 2008, poi, dimostrerebbe che l'imputato è stato strumentalizzato da altri, tenuto conto della trasparenza dei rapporti serbati con i vari protagonisti della vicenda processuale. Le condotte ascritte all'imputato non sarebbero inquadrabili nella previsione del delitto di riciclaggio, tenuto conto della materialità della condotta e deduce infine la eccessività della pena. Nel ricorso proposto nell'interesse di ANACLERIO Alessandro si deduce la insussistenza di elementi di prova in ordine al reato di usura in danno di Lavermicocca Costanzo, rievocandosi al riguardo le varie emergenze dalle quali risulterebbe che l'intervento svolto dall'imputato nella vicenda si sarebbe risolto in un semplice espediente per indurre la parte offesa a saldare il proprio debito nei confronti di terzi. Non vi sarebbe dunque prova di una promessa seria, né prova di dazione di denaro, mentre va escluso che l'intervento dell'imputato fosse correlato causalmente alla realizzazione di un prestito ad usura. Non sussisterebbe poi l'aggravante di cui all'art. 644, quinto comma, n. 3 e 5, cod. pen., in quanto l'ANACLERIO non era sottoposto a sorveglianza speciale, mentre l'aggravante di cui al numero 3 non potrebbe essere ravvisata in quanto lo scopo era aleatorio e UI 3 connesso al gioco d'azzardo. Si lamenta, infine, la mancata concessione delle attenuanti generiche. Nel ricorso proposto dall'avv. Giovanni Aricò nell'interesse di CARNEVALE Claudio si sottolinea come l'assoluzione dal reato associativo si riverberi sulla ipotesi di responsabilità per il reato fine di riciclaggio, sicché la relativa motivazione si sarebbe dovuta soffermare in particolare in ordine all'elemento soggettivo del reato. Si deduce, inoltre, che non sarebbe stata esibita prova congrua in ordine alla materialità del reato, non essendo stata accertata la provenienza illecita del denaro oggetto di sostituzione mediante versamento in conto. Nell'appello, poi, si era segnalato come dalle intercettazioni non fosse risultata la consapevolezza dell'imputato in ordine alla illiceità dei fatti e tali rilievi sarebbero rimasti privi di adeguata risposta da parte dei giudici a quibus. Si lamenta, infine, vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Nel ricorso proposto dall'avv. Pasquale Misciagna, sempre nell'interesse del CARNEVALE, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'addebito di riciclaggio, evocandosi la scorretta interpretazione delle intercettazioni, analiticamente passate in rassegna, e l'assenza di elementi dai quali dedurre la sussistenza dell'elemento psicologico del reato contestato. Nel ricorso proposto nell'interesse di CANNALE Deborah si deduce la insussistenza di elementi dai quali dedurre un contributo concorsuale nella realizzazione della usura contestata al capo F), essendosi l'imputata limitata ad accompagnare altra persona a prelevare dalla persona offesa l'assegno poi versato dall'imputata sul conto, rievocandosi al riguardo i rilievi svolti nei motivi di appello. L'imputata, dunque, non aveva rapporti con la persona offesa e non era a conoscenza del rapporto usurario. e della illecita provenienza dell'assegno. Inoltre essendo emerso che l'imputata versava in situazioni di difficoltà economica, tale stato si presentava come incompatibile con l'ipotesi che la stessa partecipasse a prestiti in favore di altre persone. La versione difensiva, deduce la ricorrente, sarebbe stata quindi disattesa in forza di argomentazioni del tutto apodittiche. Si lamenta, infine, vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione della aggravante di cui al quinto comma dell'art. 644 cod. pen., essendo l'imputata all'oscuro dello stato di bisogno della parte offesa, la eccessività del trattamento sanzionatorio e la insussistenza dei presupposti della confisca, tenuto conto del fatto che all'imputata è stato ascritto un solo episodio di usura, avuto riguardo anche alle deduzioni svolte in proposito nei motivi di appello, incongruamente disattese nella sentenza impugnata. Per la parte civile CAPASSO Cosimo è stata infine depositata memoria nella quale si sollecita la conferma delle statuizioni contenute nella sentenza impugnata in riferimento alle posizioni di PARISI Vito, PARISI Radames, FERRANTE Damiano, FIORENTINO Antonio e FIORENTINO Emanuele. I ricorsi proposti nell'interesse di PARIS' Vito, PARIS' Radames, FERRANTE Damiano,FIORENTINO Antonio, Fiorentino Emanuele, i quali hanno tutti rinunciato ai vari motivi di appello a suo tempo rassegnati ad eccezione di quelli inerenti il trattamento sanzionatorio, ed il ricorso proposto per COLONNA Nicola, 4 sono tutti palesemente inammissibili per aspecificità dei motivi. Le censure, infatti, si limitano ad una prospettazione meramente assertiva di criteri di ordine generale, senza alcuna correlazione con gli argomenti puntualmente evocati a sostegno della decisione impugnata, la quale, al contrario, appare dotata di un corredo motivazionale del tutto congruo ed esente da censure sul piano della coerenza logico argomentativa, specie per ciò che attiene alle questioni inerenti il trattamento sanzionatorio, peraltro solo assertivamente coinvolto dai ricorrenti. Quanto al ricorso del COLONNA, poi, le censure, oltre che essere inammissibilmente orientate a sollecitare un non consentito nuovo scrutinio del merito, in riferimento alla valutazione del compendio probatorio, finiscono per rinnovare le stesse questioni già devolute ai giudici del gravame e da questi motivatamente disattese, senza che il relativo apporto argomentativo abbia poi formato oggetto di una autonoma critica impugnatoria, in tal modo incorrendo anche nel vizio di aspecificità. La giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata nell'affermare che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (Cass., Sez. I, 30 settembre 2004, Burzotta; Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2002, Notaristefano; Cass., Sez. IV, 11 aprile 2001 Cass., Sez. IV, 29 marzo 2000, Barone; Cass., Sez. IV, 18 settembre 1997, Ahmetovic). Gli altri ricorsi sono infondati e devono essere respinti. A proposito del ricorso proposto per COLONNA Domenico, anch'esso ai limiti della inammissibilità, in quanto rievocativo, nella sostanza delle stesse censure dedotte in appello e coinvolgenti apprezzamenti di merito, i giudici dell'appello hanno congruamente apprezzato la condotta dell'imputato, consistita nel versare sul proprio conto tre assegni provenienti dal figlio e nella consapevolezza della relativa illecita provenienza, in un quadro di perfetta consonanza con l'attività di usura, posto che in una specifica occasione, l'imputato ebbe a consegnare al figlio una somma di denaro in contanti e dunque partecipando agli affari da questi posti in essere. D'altra parte, questa Corte ha avuto modo di affermare, in fattispecie similare, che perché sussista il delitto di riciclaggio non è necessario che il denaro, i beni o le altre utilità debbano provenire direttamente o immediatamente dai delitti presupposto, essendo sufficiente anche una loro provenienza mediata. (Fattispecie relativa ad attività di monetizzazione di assegni ritenuti provenienti dall'attività di un'associazione mafiosa, senza che fosse identificata la provenienza da specifici delitti fine). (Sez. 6, n. 36759 del 20/06/2012 - dep. 24/09/2012, Caforio e altri, Rv. 253468). La circostanza, poi, che COLONNA Nicola fosse in quel periodo "impedito" in quanto ricoverato in ospedale, non riveste rilevanza alcuna sotto il profilo sia materiale che psicologico 5 del reato, essendo indubitabile che l'operazione di "trasformazione" dei titoli attraverso il relativo versamento su un conto di persona diversa dal prenditore, produceva il naturale effetto di "obliterarne" la relativa tracciatura. Né può nella specie venire in discorso il delitto di favoreggiamento reale, in quanto è pacifica la cointeressenza diretta dell'imputato negli affari del figlio, come puntualmente messo in luce dai giudici del gravame. Incensurabili si rivelano, infine le statuizioni inerenti la confisca, posto che le deduzioni del ricorrente si rivelano evocative di profili di merito insuscettibili di scrutinio nella presente sede. Del pari infondate sono le doglianze poste a fondamento del ricorso proposto nell'interesse di PALERMO Cataldo. Quanto, infatti, alla questione relativa alla utilizzabilità delle dichiarazioni rese da Capasso Cosimo, il tema si rivela privo di qualsiasi base per poter essere scrutinato nella presente sede, avuto riguardo alla mancanza di autosufficienza del relativo motivo di ricorso, non senza sottolineare, peraltro, come la emergenza di indizi che dovevano compromettere la posizione del dichiarante è circostanza che avrebbe dovuto formare oggetto di deduzione e corrispondente verifica nella competente sede processuale, posto che la opzione per il rito abbreviato determina ex se l'accettazione dello stato degli atti e del relativo regime di utilizzazione processuale. Del tutto coerente si rivela, poi, la motivazione esibita dai giudici del merito a proposito della interpretazione, peraltro del tutto univoca, delle intercettazioni, il cui spessore indiziante si correla e corrobora nel quadro dell'intero compendio probatorio, rappresentato, nella specie, dalla documentazione bancaria, dalle specifiche dichiarazioni del Capasso, e dal rilevante numero di assegni ricevuti e negoziati dall'imputato, tutti di illecita origine e provenienza. Elementi, quelli analiticamente passati in rassegna dai giudici a quibus, , coerentemente apprezzati come dimostrativi della piena consapevolezza circa la provenienza dei titoli stessi e della conseguente impraticabilità logica della tesi difensiva,volta a ricondurre il tutto nel quadro della attività professionale dell'imputato, quale gestore di un impianto di carburanti a Modugno. Va rigettato anche il ricorso proposto nell'interesse di ANACLERIO Alessandro, non senza rilevare come 1 maggior parte delle doglianze si risolvano in censure di merito, per di più sostanzialmente reiterative di quelle già scrutinate e disattese dai giudici del gravame. Tanto in primo grado che in appello, infatti, i giudici del doppio grado di merito hanno posto in risalto le ragioni per le quali hanno apprezzato in termini di piena affidabilità le dichiarazioni rese dalla persona offesa, la quale ha analiticamente descritto il coinvolgimento dell'imputato el prestito usurario, e dei rapporti da questi intrattenuti con gli altri che erano coinvolti nella vicenda: una vicenda che lo aveva visto direttamente e personalmente interessato e oer la quale le dichiarazioni del Lavermicocca avevano ricevuto conferma dalla confessione resa dai coimputati. A proposito, poi, delle aggravanti della usura, va preliminarmente rilevato come dalla sentenza di primo grado emerga pacificamente che l'usura è stata considerata come aggravata da una sola circostanza. Quanto, poi, alle ragioni per le quali la persona offesa si trovava in difficoltà economica e al rilievo che ciò sarebbe dipeso da esigenze connesse al gioco, va rilevato che la giurisprudenza di questa 6 Corte è tempo consolidata nell'affermare che In tema di usura, lo stato di bisogno in cui deve trovarsi la vittima per integrare la circostanza aggravante di cui all'art. 644, comma quinto, n. 3 cod. pen. può essere di qualsiasi natura, specie e grado e può quindi derivare anche dall'aver contratto debiti per il vizio del gioco d'azzardo, non essendo richiesto dalla norma incriminatrice che il predetto stato presenti connotazioni che lo rendano socialmente meritevole. (Sez. 2, n. 709 del 01/10/2013 dep. 10/01/2014, Maz7otta, Rv. 258072). A proposito, invece, della aggravante di cui all'art. 644, quinto comma, n. 5), cod. pen. — che peraltro non sembra essere stata in concreto applicata nella specie — va rilevato che questa Corte ha avuto modo di affermare, ad esempio in tema di estorsione, che la circostanza aggravante della commissione del fatto ad opera di un partecipe all'associazione di tipo mafioso non richiede che tutti gli agenti rivestano tale qualità, in quanto a seguito della sostituzione del testo dell'art. 118 cod. pen. ad opera dell'art. 3 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, al concorrente non si comunicano più le circostanze soggettive concernenti i motivi a delinquere, l'intensità del dolo, il grado della colpa e quelle relative all'imputabilità ed alla recidiva, ma sono ancora valutato riguardo a lui le altre circostanze soggettive indicate dall'art. 70, primo comma, n. 2, cod. pen., cioè quelle attinenti alle qualità personali del colpevole. (Sez. 1, n. 5639 del 03/11/2005 dep. 14/02/2006, Calabrese ed altri, Rv. 233839. V. anche Sez. VI, n. 41514 del 25 settembre 2012, Adamo). Quanto alle doglianze prospettate a proposito della mancata concessione delle attenuanti generiche, le stesse si rivelano palesemente infondate, tento conto delle deduzioni svolte dai giudici a quibus in punto di trattamento sanzionatorio e della sostanziale aspecificità delle censure. Devono essere respinti anche i ricorso proposti nell'interesse di CARNEVALE Claudio. Le sentenze di merito hanno più che adeguatamente scandagliato il compendio probatorio raccolto nei confronti dell'imputato, il quale nella qualità di imprenditore è risultato beneficiario di numerosi assegni provento del delitto di usura a danno di diverse persone, titoli che confluivano sul proprio conto corrente, in tal modo provvedendo alla relativa "trasformazione," atta a rendere sicuramente più difficoltosa la "tracciatura" circa l'origine dei titoli e dunque a realizzare quell'obiettivo di "camuffamento" che integra l'aspetto tipizzante del contestato delitto di riciclaggio. Sono state a tal fine evocate le intercettazioni di maggior spessore, e rispetto alle quali la lettura operata in sede di merito si ritrae da qualsiasi censura ritualmente devolvibile in questa sede, posto che l'univoco tenore delle stesse non è stato in alcun modo superfetato nella sentenza oggetto di impugnativa. L'elemento psicologico del reato è stato quindi coerentemente dedotto dalla natura, reiterazione e specificità dei rapporti intersoggettivi i quali, non senza coinvolgere proprio la posizione imprenditoriale dell'imputato, hanno coerentemente orientato nel senso della sussistenza dei presupposti tanto soggettivi che oggettivi del contestato reato - la ricostruzione operata dai giudici del doppio grado di merito. D'altra parte, va al riguardo rammentato che questa Corte ha avuto modo di puntualizzare che per la configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia 7 indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, purché gravi, univoche e tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto. (Sez. 2, n. 18034 del 07/04/2004 - dep. 19/04/2004, Cristarelli, Rv. 228797). Né a far velo a tale impostazione può essere evocata, come il ricorrente pretenderebbe, la intervenuta assoluzione dall'addebito associativo, giacchè la ritenuta assenza di elementi denotativi di una specifica affectio societatis e la sussistenza di rapporti privilegiati con il solo FIORENTINO Antonio appaiono, di per sé, evenienze significative per escludere i fatti di riciclaggio„ dal momento che le restanti acquisizioni legittimano ampiamente lo scrutinio di colpevolezza in relazione al residuo addebito; e ciò, proprio alla luce della non censurabile motivazione offerta sul punto nella sentenza impugnata. Palesemente infondata si rivela, infine, la doglianza formulata in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, considerata l'ampia motivazione offerta in merito al trattamento sanzionatorio, implicitamente ma chiaramente reiettiva del sollecitato beneficio, e la sostanziale aspecificità della richiesta a suo tempo formulata in sede di merito. Non fondato — ed anch'esso ai limiti della inammissibilità, in quanto essenzialmente concentrato su rilievi di merito perdi più corrispondenti a quelli già dedotti e disattesi in appello - è anche il ricorso proposto nell'interesse di CANNALE Deborah. I giudici dell'appello hanno infatti motivatamente disatteso la tesi difensiva (ora nuovamente reiterata) rilevando che l'assegno dell'importo di ben 8.800 euro consegnatole dalla Di Bari e da questa negoziato non poteva rappresentare un semplice "favore" dal momento che, per un verso, la stessa non versava affatto in condizioni di difficoltà economica, come emerso dal rilevante giro di affari che la vedeva protagonista quale amministratore unico della "SD Trasporti", e, sotto altro profilo, che tanto la Di Bari che il FIORENTINO si mostrarono attenti e interessati a seguire il buon esito della intera operazione ai danni di Guerra Luciano. Parimenti infondate si rivelano, alla luce della motivazione offerta dai giudici del doppio grado di merito, anche le doglianze relative alla aggravante contestata, al trattamento sanzionatorio ed al provvedimento di confisca, tenuto conto dei presupposti al riguardo sanciti dall'art. 12-sexies del d.l. n. 306 del 1992, correttamente apprezzati in sede di merito. I ricorrenti devono essere tutti condannati al pagamento delle spese processuali e quelli i cui ricorsi vengono dichiarati inammissibili vanno condannati al pagamento alla cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in euro mille ciascuno, alla luce dei criteri sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000. Va altresì pronunciata la condanna alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili Mastrangelo Nicola e Capasso Cosimo nei confronti dei ricorrenti a carico dei quali è stata pronunciata condanna civile, e che si liquidano come da dispositivo. Dichiara inammissibili i ricorsi di PARISI Vito, PARISI Radames, FERRANTE Damiano, FIORENTINO Antonio, FIORENTINO Emanuele e COLONNA Nicola, che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro mille alla Cassa delle ammende. Rigetta i ricorsi di COLONNA Domenico, PALERMO Cataldo, ANACLERIO Alessandro, CARNEVALE Claudio e CANNALE Deborah che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna PARISI Vito, FIORENTINO Antonio, FIORENTINO Emanuele e COLONNA Nicola in solido fra loro alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile MASTRANGELO Nicola che liquida in complessivi euro 3.000 oltre accessori come per legge. Condanna altresì PA,KRISI Vito, PARISI Radames, FIORENTINO Antonio, FIORENTINO Emanuele e COLONNA Nicola in solido fra loro alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile CAPASSO Cosimo che liquida in complessivi euro 4.000 oltre accessori come per legge. Così deciso in Roma, il 10 luglio 2014 Il Cons liere estensore Il Presidente P. Q. M.

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