Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30935 del 25/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30935 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VOLPE EUGENIO N. IL 30/11/1974
avverso la sentenza n. 813/2013 CORTE APPELLO di SALERNO, del
19/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

,

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

2,-,

(-t

Data Udienza: 25/06/2014

RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Salerno con sentenza 19.12.2013 ha confermato la
colpevolezza di Volpe Eugenio per violazioni in materia edilizia, antisismica e sulle
opere in c.a. di cui al DPR n. 380/2001 rilevando, per quanto ancora interessa in
questa sede, che era stata realizzata una modificazione della destinazione d’uso
mediante trasformazione di un deposito in abitazione in difformità dal permesso di
costruire, con aumento di volumetria, il che comprovava anche la sussistenza degli
altri reati contestati. Ha disatteso l’eccezione di prescrizione del reato, rilevando che

al omento dell’accertamento il fabbricato si presentava al grezzo.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato denunziando con un primo
motivo, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cpp inosservanza degli artt. 530
cpp e 71,72 e 95 del DPR n. 380/2001. Rileva in particolare che, come dedotto con
l’atto di appello, le opere realizzate comportavano una difformità solo parziale
rispetto al permesso di costruire e che la maggiore volumetria consisteva solo nella
tompagnatura esterna di balconi sporgenti. Rileva che nel corso del giudizio si è
provveduto anche all’abbattimento previo apposito permesso.
Con un secondo motivo, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cpp, denunzia la
violazione degli artt. 157 e 158 cp dolendosi del rigetto dell’eccezione di prescrizione,
perché dalla documentazione in atti risultava che il manufatto era stato completato
sin dal febbraio 2008.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato sotto entrambi i profili e pertanto va
dichiarato inammissibile. Partendo dalla prima censura, che denunzia anche un vizio di
motivazione, va richiamato il generale principio di diritto secondo cui il controllo del
giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene solo alla coerenza strutturale
della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo.
Al giudice di legittimità è infatti preclusa – in sede di controllo sulla motivazione – la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (preferiti a
quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di
una migliore capacità esplicativa). Queste operazioni trasformerebbero infatti la Corte
nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione
assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei
provvedimenti adottati dai giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente
acquiescenza) rispetti sempre uno standard minimo di intrinseca razionalità e di
capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla
decisione (cass. Sez. 6, Sentenza n. 9923 del 05/12/2011 Ud. dep. 14/03/2012 Rv.
252349). Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione per
essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore

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tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo
essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime
incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata,
purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass.
Sez. 3, Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni
Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Nel caso di specie i giudici di merito hanno stabilito che l’imputato, in concorso con

ignoti ed in difformità dal permesso di costruire n. 1219 del 26.10.2007, ha realizzato
nel Comune di Sarno una maggiore volumetria del fabbricato di cui è proprietario con
mutamento della destinazione d’uso dello stesso da deposito a civile abitazione. Ha
ritenuto quindi l’esistenza di opere in totale difformità da quanto assentito col
permesso di costruire e da tale condotta ha dedotto altresì la sussistenza degli altri
reati satelliti, Quanto al dedotto rilascio di un permesso in sanatoria per l’abbattimento
delle opere difformi, la Corte di merito ha rilevato che la circostanza non elide il
perfezionarsi dei reati contestati né la responsabilità del reo.
Trattasi di motivazione fondata su un tipico accertamento in fatto sul passaggio da
una categoria edilizia all’altra, priva di salti logici ed in linea con la giurisprudenza di
legittimità secondo cui appunto:
– in tema di reati edilizi, gli interventi di ristrutturazione edilizia necessitano di
permesso di costruire sia nel caso in cui comportino mutamento di destinazione d’uso
tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico sia nel caso in
cui, se eseguiti nei centri storici, comportino il mutamento della destinazione d’uso
all’interno di una stessa categoria omogenea; diversamente, se eseguiti fuori dei centri
storici, gli stessi sono eseguibili in base a denuncia di inizio attività (DIA) qualora
comportino il mutamento della destinazione d’uso all’interno di una stessa categoria
omogenea (Sez. 3, Sentenza n. 9894 del 20/01/2009 Cc. dep. 05/03/2009 Rv.
243102; Sez. 3, Sentenza n. 594 del 07/12/2006 Cc. dep. 15/01/2007 Rv. 235870;
Sez. 3, Sentenza n. 38005 del 16/05/2013 Ud. dep. 17/09/2013 Rv. 257689).
– la demolizione dell’opera abusivamente eseguita non produce l’effetto estintivo
del reato urbanistico, a differenza di quanto previsto dalla normativa a tutela del
paesaggio (cfr. tra le varie, Sez. 3, Sentenza n. 17535 del 24/03/2010 Ud. dep.
07/05/2010 Rv. 247167; Sez. 3, Sentenza n. 10245 del 24/01/2013 Ud. dep.
05/03/2013 Rv. 254430).
2. Manifestamente infondata è anche la questione della prescrizione, sollevata col
secondo motivo.
Il giudice di merito ha rilevato, sulla base della deposizione del teste di PG, che al
momento dell’accertamento (avvenuto il 21.5.2009) “i/ manufatto si presentava allo
stato grezzo”: trattasi, anche in tal caso di tipico accertamento in fatto sorretto da

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adeguata motivazione e, come tale incensurabile in questa sede dalla critica del
ricorrente, che tende invece ad una diversa lettura delle risultanze processuali. Quindi,
non merita censura la decisione laddove ha disatteso la relativa eccezione perché,
secondo la giurisprudenza, in tema di costruzione abusiva la permanenza del reato
cessa con l’ultimazione dei lavori del manufatto, quando la condotta antigiuridica
dell’agente prosegua fino all’ultimazione dell’opera ivi comprese le rifiniture, ovvero al
momento della cessazione dei lavori, quando vi sia stata l’effettiva interruzione
dell’attività costruttiva sia essa volontaria, da provare rigorosamente, o dovuta a

23/07/1994 Rv. 198703; Sez. 3, Sentenza n. 5654 dei 16/03/1994 Ud. dep.
12/05/1994 Rv. 199125; Sez. 6, Sentenza n. 9617 del 01/09/1992 Ud. dep.
02/10/1992 Rv. 191853).
Quanto alle violazioni antisismiche, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato
che il reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti ha natura di
reato permanente, la cui consumazione si protrae sino a quando il responsabile non
presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto ovvero non termina l’intervento
edilizio (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 29737 del 04/06/2013 Ud. dep. 11/07/2013 Rv.
255823; Sez. 3, Sentenza n. 3069 del 05/12/2007 Ud. dep. 21/01/2008 Rv. 238629).
E analoghi principi valgono per le violazioni della normativa sul cemento armato:
infatti, è stato affermato che l’esecuzione di lavori in cemento armato in assenza di un
progetto esecutivo e della direzione di un tecnico abilitato sanzionato dagli artt. 71 e
64 del DPR n. 380/2001 hanno anch’esse natura di reato permanente e si protraggono
nel tempo fino al completamento dell’opera ovvero fino alla totale sospensione dei
lavori a seguito di provvedimento autoritativo o per la desistenza volontaria del
soggetto agente consistente in un comportamento inequivoco di definitiva cessazione
della condotta antigiuridica (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 2289 del 10/12/1998 Ud. dep.
23/02/1999 Rv. 213007).
Il dies a quo ai fini del calcolo della prescrizione (quinquennale, trattandosi di
contravvenzioni) è quello del 21.5.2009, per cui al momento della sentenza di appello
il termine non era ancora decorso, così come non è decorso a tutt’oggi, considerato il
periodo di sospensione dal 29.9.2011 al 10.11.2011.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 25.6.2014.

provvedimento autoritativo (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 8352 del 05/07/1994 Ud. dep.

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