Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3092 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3092 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dai difensori di:
Stabile Francesca, nata a Venissieux, il 7/7/1982;

avverso l’ordinanza del 20/1/2015 del G.i.p. del Tribunale di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale
Dott. Mario Fraticelli, il quale ha richiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 20 gennaio 2015 il G.i.p. del Tribunale di Milano ha applicato su
richiesta delle parti a Stabile Francesca la pena da questa concordata con il pubblico
ministero per il reato di cui all’art. 485 c.p. Nel corso dell’udienza fissata all’uopo il
giudice ha rigettato con ordinanza la richiesta dell’imputata di recedere dal consenso in

Data Udienza: 19/11/2015

precedenza prestato al patteggiamento in ragione della delega rilasciata al Governo
con I. n. 67/2014 ai fini della depenalizzazione del reato di falso in scrittura privata.
2. Avverso l’ordinanza ricorre l’imputata a mezzo dei propri difensori deducendo
violazione di legge. Lamenta in particolare la ricorrente l’illegittimo disconoscimento
del suo diritto di recedere dal negozio processuale prima della pronunzia della
sentenza nel caso di sopravvenienza di legge più favorevole, quale deve ritenersi

3. Con memoria trasmessa il 5 novembre 2015 la ricorrente ha infine avanzato istanza
di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2.

Pregiudiziale ed assorbente è il fatto che oggetto d’impugnazione è stata

esclusivamente l’ordinanza pronunziata nel corso dell’udienza celebrata ai sensi
dell’art. 447 c.p.p. e non anche la sentenza emessa all’esito dell’udienza medesima a
nulla rilevando che con le richieste conclusive la ricorrente abbia invocato
l’annullamento anche di quest’ultima. Infatti la legge processuale non prevede
l’impugnabilità dell’ordinanza di rigetto della richiesta di revocare il consenso prestato
al patteggiamento, che, qualora dovesse ritenersi effettivamente illegittima, non
produce effetti autonomi ma è destinata soltanto a viziare la sentenza eventualmente
emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p..
3. Non di meno deve innanzi tutto rammentarsi come, dopo le incertezze registratesi
sul punto nel passato (cfr. Sez. 3, n. 3580 del 9 gennaio 2009, Aluku, Rv. 242673),
l’orientamento di questa Corte si sia oramai consolidato nel senso per cui la richiesta di
applicazione della pena non è più revocabile una volta intervenuto il consenso del
pubblico ministero e nelle more della ratifica giudiziale dell’accordo così perfezionatosi
(ex multis Sez. 5, n. 44456 del 27 giugno 2012, Bernardini, Rv. 254058; Sez. 1, n.
1066/09 del 17 dicembre 2008, P.M. in proc. Quintano, Rv. 244139).
3.1 Orientamento cui si ritiene di dare continuità in quanto saldamente ancorato alla
duplice considerazione, da un lato, del dato testuale ricavabile dall’art. 447 comma 3
c.p.p., il quale prevede che, durante il termine fissato dal giudice per esprimere il
consenso o il dissenso sulla richiesta di una delle parti, la stessa non è revocabile – con
conseguente illogicità della tesi che, una volta raggiunto l’accordo, la richiesta possa
essere revocata-, dall’altro del riconoscimento, conforme al recepimento della cultura
dell’accordo anche nel diritto processualpenalistico, della natura di negozio giuridico

, l’intervento normativo succitato.

processuale recettizio della richiesta di applicazione di pena, da cui discende la sua
insuscettibilità, una volta pervenuto a conoscenza dell’altra parte, di revoca o modifica
unilaterale (ex multis Sez. 4, n. 38070 del 11 luglio 2012, P.G. in proc. Parascenzo,
Rv. 254371).
3.2 Sempre questa Corte – con orientamento peraltro non incontrastato (v. Sez. 4, n.
38051 del 3 luglio 2012, Fiorentini, Rv. 254367) – ha invece ritenuto eccezionalmente
ammissibile la revoca del consenso prima della ratifica giudiziale dell’accordo qualora,
dopo la stipulazione del patto, sopravvenga una legge più favorevole all’imputato (Sez.

2012, Marotti, Rv. 252173; Sez. 6, n. 26976 del 10 aprile 2007, Gatti, Rv. 237095).
3.3 Principio questo che, anche laddove ritenuto condivisibile, comunque non rileva nel
caso di specie, come correttamente evidenziato nell’ordinanza impugnata. Ed infatti
questa Corte ha già avuto modo di ricordare come le disposizioni inserite nella legge
28 aprile 2014, n. 67, che prevedono la delega al Governo per la depenalizzazione di
una serie di reati ivi elencati, non abbiano effetti immediatamente abrogativi, i quali,
invece, sono subordinati all’emanazione dei decreti delegati, avendo la legge delega
natura di atto normativo strumentale alla futura produzione legislativa, di cui è incerto
non solo il quando, ma altresì l’an, potendo l’Esecutivo soprassedere all’esercizio della
delega (Sez. 2, n. 26216 del 3 giugno 2015, P.G. in proc. Mercurio e altro, Rv.
264398). In tal senso deve dunque ritenersi che non sia sopravvenuto alcun novum
legislativo in grado di legittimare la revoca della richiesta di applicazione della pena.

4. La ritenuta inammissibilità del ricorso non consente poi il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare
l’esclusione della punibilità, prevista dall’art. 131-bis c.p., richiesta con memoria
successiva alla proposizione del ricorso, pur trattandosi di ius superveniens più
favorevole al ricorrente (Sez. 3, n. 34932 del 24 giugno 2015, Elia, Rv. 264160). Alla
declaratoria della suddetta inammissibilità consegue infine, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento
della somma, ritenuta congrua, di euro mille e cinquecento alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 19/11/2015

4, n. 15231 del 8 aprile 2015, Azzali, Rv. 263151; Sez. 4, n. 11209 del 23 febbraio

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