Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3092 del 06/12/2012


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 3092 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Lara Masolin, nata a Latisana il 24/02/1982
2. Vanni Rampon, nato a San Vito al Tagliamento il 03/08/1974
avverso la sentenza del 06/02/2012 della Corte d’appello di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento denunziato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Tindari Baglione, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata, perché il fatto non costituisce reato;
udito il difensore, avv. Giorgio Well, che si è riportato ai ricorsi, chiedendone
raccoglimento;
RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Trieste con sentenza del 6 febbraio 2012, ha
confermato l’affermazione di responsabilità di Lara Masolin e Vanni Rampon in
relazione ai reati di favoreggiamento, consumatisi, per la prima nell’aver
dichiarato di non voler rendere dichiarazioni ai CC in merito all’acquisto di una
dose di stupefacente e per il secondo nella mancata presentazione dinanzi alla
medesima autorità, a seguito di una convocazione finalizzata a rendere
indicazioni sul medesimo oggetto.
2. La difesa di entrambi gli imputati ha proposto ricorso contestando con
unico motivo violazione di legge e contraddittorietà della motivazione, con
riferimento all’esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 384 cod. pen.
ritenuta applicabile dalla giurisprudenza di legittimità in fattispecie analoghe, in
cui il grave nocumento all’onore possa derivare per l’agente dall’ammissione
dell’uso di sostanza stupefacente, per la conseguente sottoponibilità a sanzioni

Data Udienza: 06/12/2012

amministrative. Il ricorso contesta la ritenuta mancanza di condizioni nel
concreto per l’esimente invocata, valutata dai giudici di merito nel presupposto
che l’uso di sostanza stupefacente a cura degli odierni ricorrenti emergeva da
altri atti di quel procedimento; si ritiene infatti che tale situazione sia irrilevante
in quanto non conoscibile ai terzi, che, per il segreto istruttorio, non avrebbero
potuto accedere a tali fonti di conoscenza.

dalle dichiarazioni sollecitate, avrebbe avuto l’effetto di sottoporre con certezza
gli interessati alle conseguenze di legge, circostanza che li ha indotti ad
autodifendersi con il comportamento contestato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I. I ricorsi sono infondati.
2. La situazione di fatto che emerge con chiarezza dall’esame degli atti
evidenzia che le indagini hanno preso avvio dalla condizione di salute dei
ricorrenti, poiché entrambi furono ricoverati per patologia riconducibile ad una
eccessiva assunzione di stupefacenti. Tale condizione conclamata, e non
contestata dagli stessi ricorrenti, li sottoponeva inevitabilmente alle conseguenze
di cui all’art. 75 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, a cui non avrebbero potuto
sottrarsi con la condotta reticente tenuta quando sono stati sottoposti alle
richieste di informazioni formulate dagli inquirenti.
3. La situazione descritta, che per unanime giurisprudenza è ritenuta non
idonea a integrare la condizione di non punibilità di cui all’art. 384 cod. pen. non
è negata dalla difesa, che per sostenere la propria istanza, si limita conferire
rilievo giuridico alle conseguenze ulteriori collegabili alle informazioni sollecitate,
derivanti dalla pubblicità della personale situazione di tossicodipendenza.
Si deve in proposito specificare che il grave nocumento che legittima
l’applicabilità dell’esimente invocata, riguarda esclusivamente le conseguenze
amministrative che legittimamente l’interessato può temere (Sez. U, Sentenza n,
21832 del 22/02/2007, dep. 05/06/2007, imp. Morea, Rv. 236371), e non

coinvolgono invece la mera~dità della condizione, che risulta pacificamente
Ininfluente al fine di invocare la causa di non punibilità di cui si sollecita
l’applicazione in ricorso.
4. L’infondatezza dei ricorsi impone la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese del grado ex art. 616 cod. proc. pen.

2

Cassazione sezione VI, rg. 17924/2012

In ogni caso si rileva che la confessione, che inevitabilmente scaturisce

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 06/12/2012.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA